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Sulle tracce dei cabbalisti cristiani con Gershom Scholem

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TRIESTE Il paesaggio spirituale dell’Europa del Quattrocento è dominato dalla Chiesa: cosa sia il mondo, quale senso abbia la vita per gli umani che lo abitano, tutto è stabilito dal suo magistero, dai suoi dogmi. Eppure proprio in quel secolo fiorisce un nuovo modo di vedere il Creato, incubato a lungo nei secoli del medioevo. Diversi gruppi di pensatori e filosofi, dunque, vanno alla ricerca di altre vie per aver a che fare con Dio e con tutto il resto, credendo di trovarle – fra incomprensioni e fraintendimenti - nella scienza segreta della comunità più negletta e perseguitata dalla cristianità: la cabbala degli ebrei.

La casa editrice Adelphi ha da poco pubblicato un libro dedicato a questo tema, Cabbalisti cristiani (2024, 177 pp, 15 euro) di Gershom Scholem, intellettuale che nel ‘900 ha contribuito a rivoluzionare lo studio della storia delle religioni.

Il volume si compone di tre saggi: “La storia delle origini della Qabbalah cristiana”, “Lo studio della Qabbalah da Reuchlin a oggi”, “La posizione della Qabbalah nella storia intellettuale europea”. Se la lezione della cabbala sta nella sua stessa storia, secondo l’approccio di Scholem, approfondire la ricezione di questa dottrina della mistica ebraica da parte dei goyim significa indagare uno snodo profondo nella relazione fra l’ebraismo e l’Europa.

I canali attraverso cui passa l’incontro sono molteplici: ci sono gli ebrei convertiti nella Spagna quattrocentesca, tra i quali Scholem individua un gruppo di autori di trattati cabbalistici in cui la dottrina viene piegata a sostegno dei dogmi cristiani, al fine di favorire l’evangelizzazione.

La porta maestra, però, è il Rinascimento: Giovanni Pico della Mirandola è il primo a contare la cabbala tra gli strumenti della nuova visione del mondo, grazie agli insegnamenti dell’umanista ebreo Flavio Mitridate (pseudonimo di Shemuel ben Nissim Abul-Farag). Da lui prenderà spunto Johann Reuchlin, contemporaneo tedesco di Pico e per molti versi fondatore degli studi sull’ebraismo: il suo De Arte Cabalistica è la prima esposizione sistematica (e quindi necessariamente parziale) del pensiero mistico ebraico destinata a un pubblico non ebreo.

A questi possiamo aggiungere, rimandando alla lettura del libro, il ciabattino filosofo Jakob Böhme, che nella campagna profonda della Germania del XVII secolo impartiva insegnamenti spirituali in inspiegabile consonanza con le dottrine cabbalistiche, e ovviamente Spinoza, autore di una filosofia dell’immanenza che trasfigura la visione cabbalistica del mondo privandola del Dio personale.

Sono tutti tasselli che andranno a comporre il grande mosaico della modernità, alla quale gli ebrei in Europa hanno dato un contributo fondamentale. I cabbalisti cristiani erano impossibilitati a comprendere a fondo la dottrina a cui s’interessavano e spesso erano mossi da moventi antisemiti, ciononostante scoprirono per il “grande” pubblico d’allora un mondo sconosciuto, spesso anche agli stessi ebrei.

Il prosieguo della storia va di pari passo con le vicende degli ebrei in Europa: nell’Ottocento l’ebraismo razionalista tratta della cabbala ma per contestarla, come un retaggio medievale e oscurantista da rinnegare a favore di una nuova identità illuminista.

Nel Novecento l’abisso europeo e l’ascesa del sionismo segnano una nuova fase, e sarà proprio Scholem a inaugurare la grande riscoperta della disciplina, intesa stavolta come uno degli elementi specifici della rinnovata identità ebraica e israeliana.

Nell’affascinante saggio che chiude il volume, Saverio Campanini racconta come la scoperta della cabbala da parte del giovane Scholem, negli anni della Grande guerra, sia avvenuta proprio grazie alla lettura dell’opera di un cabbalista cristiano ottocentesco, il tedesco Franz Joseph Molitor.

Nel lavoro di Campanini si affaccia pure il sospetto che in tarda età Scholem abbia anticipato i tempi di questa scoperta intervenendo sui propri archivi, in modo da attribuire a sé stesso il suggerimento di leggere Molitor dato all’amico Walter Benjamin, che avrebbe invece potuto averne notizia per primo dal filosofo Ernst Bloch.

Le oscillazioni fra Oriente e Occidente nella storia della cabbala non sono finite. Oggi gli studi di Moshe Idel, allievo e successore di Scholem, proseguono il lavoro del maestro superandone le premesse: alcuni nuclei del pensiero cabbalistico sono stati rinvenuti in fonti molto più antiche di quelle medievali, portando a ripensare il rapporto iniziale fra questa mistica e le origini stesse della più celebre “eresia” dell’ebraismo, il cristianesimo.

Come attesta la vita di Scholem, il ritmo di queste scoperte avanza al passo della grande storia: vedremo quali frutti ne verranno, mentre il mondo sembra incamminarsi lungo quello che la cabbala chiama sitra achra, l’altra parte, il sentiero del male. —