Spionaggio, inchiodati due uomini al soldo dell’intelligence russa: mappavano la videosorveglianza di Roma e Milano
Un’indagine della Procura di Milano arrivata a conclusione inchioda due uomini. Due soggetti attenzionati che sarebbero stati pagati in criptovalute dall’intelligence russa per mappare i sistemi di video sorveglianza di Milano e Roma. Mostrando particolare attenzione alle aree non coperte da telecamere, ottenendo così informazioni riservate.
I dettagli della delicata inchiesta sono emersi in queste ore di chiusura delle indagini con i due indagati, con base nell’alta Lombardia, che al termine di rilievi e riscontri sono risultati, e già a partire dai primi mesi del 2023, «promotori di una collaborazione con i servizi di intelligence russi, al fine di fornire informazioni di natura sensibile». Proprio questi, dunque, i termini dell’accusa. In base alla quale gli indagati devono rispondere di corruzione aggravata, in quanto commessa per finalità di terrorismo ed eversione.
L’indagine su due uomini pagati in criptovalute dall’intelligence russa
L’indagine, iniziata lo scorso aprile, scaturisce dagli esiti di una complessa attività investigativa condotta dal Ros di Milano, in collaborazione con la Sezione criptovalute del comando carabinieri Antifalsificazione monetaria di Roma, nell’ambito della quale «sono stati riscontrati l’adescamento, da parte di soggetti russi, e la successiva corrispondenza sul canale Telegram, tra loro e i due indagati. I quali, dietro compenso in criptovalute, si prestavano a reperire documentazione classificata. Fotografie di installazioni militari. E informazioni su tecnici specializzati nel campo dei droni e della sicurezza elettronica». Tuutti elementi di cui si trova riscontro in una nota a cui l’Adnkronos fa riferimento per stilare il servizio e corredare di informazione la vicenda di cui dà conto.
Dovevano mappare le aree non coperte da telecamere di Roma e Milano
Ma non è nemmeno ancora tutto, perché a quanto risulta all’agenzia di stampa, gli indagati avrebbero anche proposto a cooperative di taxi di Milano «un business plan che prevedeva l’installazione a titolo gratuito di dash cam sulle vetture, nella prospettiva di affidare – all’insaputa dei tassisti — la gestione dei dati ricavabili all’intelligence russa, che avrebbe potuto utilizzarli per molteplici finalità».
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