Cent’anni fa nasceva Rosignano, pittore di luce sfuggito a Dachau
Sapeva dipingere il vento e anche la pioggia, Livio Rosignano, artista istriano, nato a Pinguente, paese d’origine dei genitori, il 20 novembre 1924. Mancato nel 2015 a Trieste, dove si era trasferito con la famiglia nel 1928 per ragioni di lavoro del padre, oggi avrebbe compiuto cent’anni.
Con una joie de vivre spesso intrisa di una malinconia profonda come la Bora scura, era entrato con la sua pittura nell’anima di tanti triestini che si sono più volte specchiati in quell’entusiasmo troppo spesso turbato dalla tragedia, che Livio aveva incontrato da ragazzo nei molti mesi trascorsi all’ospedale di Trieste, poi internato nel 1944 a Dachau e infine colpito da vari lutti famigliari. Per risorgere poi a fianco di Marinella, compagna della sua rinascita.
Temperamento estroso e molto vitale, attivissimo e in fondo ordinato - nonostante l’appartenenza radicata a una tipica boheme triestina, che si raccoglieva in locali “storici” come il Re di Coppe di via Geppa, gestito con passione dall’oste e collezionista gentiluomo Mario Vellich -, aveva creato più di 3.500 dipinti a olio e oltre 17.000 disegni a penna, matita, carboncino, biro, inchiostro, tecnica mista accanto a illustrazioni e acqueforti, cui si era appassionato grazie all’amicizia con Carlo Sbisà. Capace di simbolizzare in tali lavori anche le contraddizioni delle terre di confine in cui era vissuto e l’esistenza disperata di quei “poveri cristi”, cui sentiva di appartenere, protagonisti talvolta della vita nel popolare complesso del Vaticano, tutt’ora esistente in via dell’Istria, e che lui rappresentò con un linguaggio espressionista sempre più vicino all’inglese Bacon. Lì, nelle serate ventose, Livio bambino disegnava per ore accovacciato ai piedi del tavolo, dove il padre scriveva e leggeva. E più tardi anche lui avrebbe scritto diversi libri di narrativa, composto poesie e collaborato, da colto critico d’arte, a varie testate come Il Piccolo, La voce dei giovani, Il Gazzettino e Trieste Oggi.
Maestro della grande dimensione, ha raccontato se stesso attraverso i personaggi protagonisti dei suoi quadri con invenzioni poetiche e originali come nella tela “Oltre la pozzanghera”, in cui oltrepassa il reale grazie a un simbolico balzo verso il sogno e il desiderio di osare e di libertà, molto presenti nella sua filosofia. In varie opere dipinge poi il suo atelier storico, una mansarda in un antico palazzo di via Ghega. E con sensibilità romantica, un sapiente e accentuato controluce e improvvisi e vivaci tocchi cromatici di memoria fauve, spesso mixati a una pittura tonale, ha eseguito molti ritratti e narrato con delicatezza la vita di coppia, divertendosi ogni tanto a comparire discretamente nei suoi interni.
Anche il tema del paesaggio è stato fin dagli esordi fondamentale e reso spesso tutt’uno con la presenza umana, come in “Amanti di periferia” e “Una domenica a Trieste”, in cui Rosignano, pittore di atmosfere e di sensazioni, si esprime attraverso una prospettiva forte, accesa e al tempo stesso calibrata. Trieste è stata generosa con lui fin da quand’era ragazzino e il suo professore di disegno al Nautico Giovanni Giordani lo incoraggiava a dedicarsi all’arte. E Livio l’ha ricambiata rimanendole fedele e rinunciando a vivere a Milano, dove per un certo periodo si era trasferito, assorbendo però l’influenza del Chiarismo lombardo.
Un omaggio alla sua pittura avrà luogo con una personale dal 7 al 17 gennaio alla Rettori Tribbio e un’antologica da metà gennaio a fine febbraio all’Ufficio di collegamento della Regione Fvg a Bruxelles nell’ambito del progetto “La Regione Fvg nella capitale belga attraverso i suoi artisti”. Con il fine di approfondire molteplici aspetti della sua poliedrica attività e, nel contesto, la conoscenza del mondo artistico e culturale triestino e italiano del Novecento, che trovò in lui e nella sua cerchia di talentuosi amici artisti e intellettuali – da Oreste Dequel a Romano Rossini, Vittorio Bergagna e Cesare Sofianopulo, da Enzo Bettiza a Stelio Crise - una testimonianza esemplare e non ancora del tutto nota. —