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Rassegna Stampa – Azzurre geniali, il fascino di Sinner, il saluto di Nadal

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Azzurre in finale (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Chiamatale amiche geniali. Sono sempre loro, Sara e Jasmine. Le campionesse olimpiche, gli scriccioli con la dinamite in corpo, che riescono a tirare fuori l’anima anche quando tutto sembra perduto. Errani e Paolini trascinano l’Italia alla finale di Billie Jean King Cup a Malaga, e questa volta, con un doppio come il loro, si può sognare in grande. La rivale per il titolo la conoscemmo oggi, e sarà una tra Gran Bretagna e Slovacchia. Le amiche geniali portano il terzo e decisivo punto contro la Polonia dopo essere state sotto di un doppio break nel secondo set, rimontando e chiudendo senza il rischio del match tie break. […]. Finisce cosi 2-1 tra Italia e Polonia, con Lucia Bronzetti che porta il pruno punto contro Magda Linette all’esordio da titolare, e Jasmine che si arrende alla Swiatek dopo oltre due ore di battaglia. lga Swiatek e Katarzyna Kawa, é stata una lotta di nervi portata a termine con la forza dell’adrenalina, Paolini ha mostrato segni di stanchezza, soprattutto nel gestire la palla pesante di una Swiatek rivitalizzata in doppio e con il traguardo della finale a un passo, prima che Sara e Jasmine cambiassero il destino. Paolini, che contro lga aveva ceduto nella finale del Roland Garros di quest’anno, é stremata ma sempre sorridente: «E’ stata dura, ho giocato due ore e mezza ad alta velocità con lga, ma anche se ero triste per la sconfitta mi sono detta che dovevo dare tutto per l’Italia c spingere e l’ho fatto. Dopo il singolare. nello spogliatoio ho cercato di pensare positivo e il sostegno della squadra e di Sara è stato fondamentale». Jasmine che é mezza polacca si scusa con i rivali sconfitti, con un paio di parole in polacco: «Ma le interviste non le so fare…». Sara Errani è stata eccezionale, tatticamente e tecnicamente, decisiva a rete: «Non é stato facile scendere in campo dopo aver passato tutto il giorno nel box a tifare. Ma sentivo che era la cosa giusta da fare. E’ stata una partita durissima, sono contenta perché non abbiamo mai mollato e abbiano giocato un gran match». Il capitano, Tathiana Garbin è grata alta sua squadra: «Non hanno mai mollato, sono molto fiera e orgogliosa di queste ragazze. Abbiamo combattuto, era questa la cosa importante perché se combatti, alla fine non perdi mai». […] La mossa a sorpresa del capitano é stata schierare Lucia Bronzetti contro Magda Linette. La polacca era reduce dalla partita di 4 ore e mezza contro la spagnola Sorribes di due giorni fa. Lucia, scelta al posto di Elisabetta Cocciaretto, acciaccata, ha sfruttato l’entusiasmo dell’esordio: lei era qui anche lo scorso anno quando le azzurre raggiunsero la finale fermate dal Canada ma senza giocare: «Ho saputo che avrei giocato soltanto alla mattina dopo il warm up […] quindi ho dormito tranquilla. C’erano tanta pressione e tanta tensione quando sono entrata in campo, ma ho cercato di godermela perché se ero li era perché me lo meritavo e ho cercato quindi di prendere tutta l’energia che questa competizione può dare, anche nei momenti più difficili. Ora andiamo fino in fondo“.

Sinner, il fascino discreto di chi non teme il destino (Caterina Soffici, La Stampa)

Le lacrime della mamma, la gentilezza, le bottigliette d’acqua a chi si sente male, la faccia da bravo ragazzo, la compostezza nordica, l’educazione da manuale, quel sorriso, le parole calibrate e mai fuori posto. Tutto vero e sincero. E poi gioca da extraterrestre, come dice Adriano Panatta, che di alieni del tennis ne ha visti parecchi in vita sua. Aggiungete al cocktail che noi italiani siamo sempre pronti a salire sul carro dei vincitori, sport nazionale in cui abbiamo sempre primeggiato, molto più che nel tennis. Parliamo di Jannik Sinner, ovviamente. Chi altri? La Sinnermania dilaga, è una eccitazione collettiva transgenerazionale che colpisce come una pandemia a tutte le età. Unisce nonni, nipoti e adolescenti distratti, persino gli insospettabili, quelli che una partita di tennis non l’hanno mai guardata. Ma Sinner li contagia e li conquista tutti. Noi ossessionati del tennis lo avevamo capito da tempo. Sapevamo che quel ragazzo dai capelli rossi venuto giù dalla Val Pusteria sarebbe diventato qualcosa di grande. Per noi, svegli all’alba per seguire partite in streaming dai confini del mondo, Sinner era già destino. Noi, che sbirciamo sul cellulare in coda al supermercato, esultiamo in tram e la gente ci guarda di sbieco. Ma noi siamo pochi. Minoranza insonne e trascurabile, perennemente in bilico tra il fanatismo e la derisione sociale. No, la questione è un’altra. Non è tecnica […] e non è neppure solo sportiva. La fascinazione per Sinner ha radici più profonde, qualcosa che va oltre la racchetta e il punteggio. E la sua filosofia, scarna e rigorosa, che ha la forza delle grandi semplificazioni. Qui vogliamo filosofeggiare, per cogliere la vera essenza di questa nuova passione nazionale per il ragazzo rosso. Perché allora? Due mantra, ripetuti da Jannik con la costanza di una preghiera laica. Primo: non mi faccio condizionare da ciò che non posso controllare. Questo include tutto: i capricci teatrali degli avversari, la sentenza Clostebol che pende come una ghigliottina, i social incattiviti […]. Secondo: il talento è inutile senza il lavoro. Il giocatore più talentuoso perderà contro uno meno dotato che si allena tantissimo, dice. Queste dichiarazioni sono la metafora perfetta per questo nostro tempo febbrile: vivi il presente. Dimentica il passato e ignora il futuro. Quando mi metto il cappellino, per me il resto non conta più, dice Jannik. Punto per punto, istante per istante, come un monaco che vive per ogni colpo, ogni slancio. Sintetizzando, Sinner dà al mondo […] una formula per anestetizzare la paura di vivere. Per sedare l’ansia del futuro. Se lavoro bene e il mio lavoro è ben fatto qualcosa di buono succederà. Non devo preoccuparmi di ciò su cui non ho controllo. Che altro volete di più? Che poi, certo, il suo presente è benedetto. Per ora, gli dèi del tennis lo proteggono: passati, presenti e forse futuri. Ma il punto non è quello. Il punto è che lui ci mostra, a noi fragili e nevrotici spettatori, un modo per spegnere la paura. La paura che blocca, che ci rovina. Seguite le mie regole, sembra dirci, e passa la paura. E allora eccolo, il ragazzo rosso che si muove tra gli dèi. Non è solo un tennista. E’ un antidoto, un piccolo manuale di sopravvivenza esistenziale in un mondo che ci divora. Una partita alla volta.

Last Dance Nadal (Ronald Giammò, Corriere dello Sport Stadio)

Fortuna che l’ITF si era raccomandata. Nessuna intervista con Rafa Nadal. A parlare, dal resort a cinque stelle in località Fuengirola, una trentina di chilometri dal centro di Malaga, buen retiro della nazionale spagnola di Coppa Davis, sarebbe stata tutta la squadra agli ordini di capitan David Ferrer. Come era prevedibile, la conferenza stampa della Roja si è risolta invece in un monologo del maiorchino, interrotto in due sole occasioni dalle dichiarazioni di Ferrer […] e di Carlos Alcaraz […]. Chiuderà qui a Malaga la sua carriera, Rafa, a pochi chilometri da quella Siviglia dove vent’anni fa contribuì al successo in Davis del suo paese. Un cerchio che si chiude. Tempo per pensarci ce ne sarà. «Non sono venuto qui a ritirarmi ma per aiutare la mia squadra a vincere», taglia subito corto. Vorrebbe parlare delle cose di campo, Nadal, di una preparazione che ha voluto affinare giorno dopo giorno […] del piacere che questa competizione regala e dell’opportunità che destino e compagni hanno costruito per lui per quest’ultima passerella. «Ho lavorato quanto più intensamente potevo dando il massimo ogni giorno. Ma è difficile quando non si gioca spesso mantenere un livello di base accettabile. Ci sono stati buoni momenti e altri meno buoni, ma credo di aver fatto progressi costanti», ha informato i presenti che in questi giorni l’hanno visto all’opera, prima sul Centrale del Martin Carpena e poi […] su uno dei campi laterali allestiti per le sessioni di allenamento. […] Ma più che le sensazioni, sono le emozioni a dettare l’agenda e a scandire la successione delle domande, e il suo addio al tennis è un evento che in Spagna sta assumendo dimensioni incontrollate, con tutta la città fasciata a festa di striscioni e poster e facciate di palazzi con su impresse due sole parole – «Gratias, Rafa!» -. «Gli addii ideali esistono solo nei film americani e il mio addio sarà quello che sarà […] riuscire a vincere la Coppa Davis sarebbe fantastico, un bellissimo addio per me e una gioia per tutti». Una squadra «forte, coesa», la definisce Rafa, vincitore di quattro Davis in carriera, consapevole come quei successi «siano dipesi in larga parte dalla buona relazione che eravamo riusciti a instaurare all’interno del team». Basterà o meno non è dato saperlo, gli olandesi contro cui la Spagna farà il suo esordio hanno dichiarato «di tenerci a dare a Rafa l’addio che si merita». Lui ha tenuto invece a ribadire che non potrà «mai ringraziare abbastanza tutti qui in Spagna per il sostegno e l’amore che ho sempre avvertito». Oggi è atteso Novak Djokovic, fedele alla promessa fatta a Rafa il giorno dell’annuncio del suo ritiro. «Roger […] ha un’agenda molto fitta […] ma non credo che sarà anche l’ultima occasione per salutarsi. Ci sarà di sicuro un’altra occasione per far qualcosa».

Sorpresa in tv c’è una passione che accomuna (Antonio Dipollina, La Repubblica)

Solo un paio d’anni fa chi avesse prospettato il tennis tramesso in chiaro e con ascolti fantastici sarebbe stato preso per matto. Al contrario, non c’è niente di strano nello scoprire che alla maglia azzurra, quella del calcio, si è ancora affezionati a milioni, nonostante le rare soddisfazioni che si ricevono in cambio. Il senso è che quelli della televisione di tutti i giorni, girano al largo e fischiettano quando vedono uscire i dati Auditel dei grandi avvenimenti sportivi. Ormai gli unici (aspettando Sanremo) a commuovere i dirigenti, che un po’ piangono per la gioia e un po’ ripensando a quanto costano i diritti. Ancora peggio che matto, sarebbe stato considerato chi avesse ipotizzato il tennis indicato come rivale all’altezza del calcio nella passione degli italiani. Ovviamente non era vero, o almeno tutto si è ridimensionato un po’ […]. Il tennis, in quanto tale, esiste per gli appassionati e per le pay tv. Ma ora c’è Sinner: un fenomeno che ha spiazzato, soprattutto in Rai, dove quello sport era scomparso. E recuperare non è come dirlo: per fortuna Adriano Panatta ha portato il peso sudi sé, soprattutto nelle telecronache. A breve la Coppa Davis, sempre in Rai. Un torneo che si divide tra Coppa Davis e Coppa Davis nella quale gioca Sinner. La seconda farà grandi ascolti. Ma è dura togliersi la sensazione che quelli della tv corrente soffrano il grande consenso dello sport: e se dipendesse dal fatto che in termini televisivi è rimasta davvero l’ultima cosa a trasmettere una parvenza di bellezza, autenticità […] e passione che accomuna? […]

In Davis l’addio di Nadal. Oggi c’è Spagna-Olanda. Donne, l’Italia è in finale (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

L’Italdonne risponde alla grande alle imprese di Jannik Sinner ripresentandosi in finale nella Billie Jean King Cup 12 mesi dopo il ko sotto il traguardo contro il Canada, sempre a Malaga, dove oggi Rafa Nadal potrebbe disputare l’ultima partita della carriera, in coppa Davis contro l’Olanda. Le azzurre, guidate da Tathiana Garbin, domano per 2-1 la Polonia dell’ex numero 1 del mondo, Iga Swiatek. Dopo la vittoria nel primo singolare dell’esordiente Lucia Bronzetti […], che supera Linette per 6-4 7-6, proprio la tre volte regina del Roland Garros, Swiatek, si aggiudica una partita combattuta contro Jasmine Paolini nel confronto fra le numero 1 delle due squadre. Ma sull’1-1 il doppio olimpico formato dalla stessa Paolini, finalista quest’anno in 2 Slam di singolare, insieme alla veterana Sara Errani, confeziona prima la rimonta del primo set salvando 3 set point sul 5-4 con una super Errani a rete e poi chiudendo per 6-4, e quindi imponendosi col definitivo 7-5 contro Swiatek e Kawa recuperando da 5-1. Con un prova di qualità e carattere. […] Giovedì sarà la volta dell’Italia, campione uscente e forte di Sinner, contro l’Agentina. Oggi tutta la Spagna si stringe […] attorno alla nazionale di coppa Davis che, alle 17, affronta l’Olanda nei quarti con Carlos Alcaraz numero 1, probabilmente Bautista Agut 2 e l’opzione di Rafa Nadal. Il quale, in teoria, dovrebbe giocare solo in doppio in questo torneo che segnerà comunque il suo addio alle gare, a 38 anni, forte di 22 Slam, fra i 95 tornei vinti, più 4 coppe Davis. La cerimonia in pompa magna che l’attende sarà oggi, in caso di sconfitta, o comunque venerdì. Chissà se il suo più grande rivale in termini di match, Novak Djokovic, si presenterà come promesso al palasport Carpena di Malaga, dalla vicina Marbella, dove si sta già allenando per il prossimo anno nella sua villa. E chissà se, a sorpresa, anche il rivale storico, Roger Federer, apparirà per salutare l’amico, così come lo spagnolo aveva fatto partecipando alla Laver Cup per l’addio del fenomeno svizzero. Per certo, a Malaga si sono presentati 394 giornalisti di 20 Paesi […], più 12 tv, insieme ai 9700 fortunati spettatori dell’impianto.

Errani-Paolini da pazzi, fuori la Polonia: Italia in finale (Ronald Giammò, Corriere dello Sport – Edizione Roma)

Ancora una finale. L’Italia di BJK Cup ha vinto 2-1 la semifinale contro la Polonia conformando così il piazzamento raggiunto lo scorso anno quando fu il Canada ad arrestarne la corsa in finale. Un tie sofferto, combattuto e vinto sul filo di lana grazie al doppio targato Jasmine Paolini e Sara Errani […], decisive come già lo erano state nel quarto contro il Giappone. La notte andalusa aveva portato consiglio a capitan Tathiana Garbin. La scelta di schierare nel primo singolare la debuttante Lucia Bronzetti si è rivelata azzeccata con la riminese capace di aggiudicarsi il match in due set contro Magda Linette per 6-4, 7-6(3). Una prestazione all’insegna della calma e della maturità, la partita che mancava a Bronzetti che dopo un finale di stagione condito da buoni risultati è riuscita a trovare l’acuto: «Sarà una vittoria importante che mi aiuterà, tomare a giocare sul circuito dopo aver fatto esperienza di questa pressione sarà fondamentale […] Sapere che cela posso fare e che posso uscire da momenti difficili è un grande insegnamento e una iniezione di fiducia». Jasmine Paolini è scesa così in campo con l’occasione di chiudere i conti. Compito proibitivo, vista l’avversaria che aveva di fronte, quella Iga Swiatek che nella finale del Roland Garros le aveva lasciato tre soli game. Sei mesi dopo Paolini ha dimostrato di essere un’altra giocatrice rispetto alla finale parigina: più sicura, determinata, decisa a giocarsi le sue carte fino infondo. Swiatek è stata costretta agli straordinari fin dal primo set, vinto dalla n.4 del mondo. Ma non si diventa numeri uno per caso, e seppur alle corde, Iga ha saputo ricostruirsi rimettendo in piedi il match: incassando, quando è stato necessario, ma sempre pronta a leggere e sfruttare in suo favore ogni incertezza. Difficile dire dove inizi la sfortuna e dove invece la bravura altrui, ma non è un caso che Swiatek sia riuscita per ben due volte a centrare il break decisivo nei momenti chiave dei due set: preparando il suo agguato preceduto da scambi estenuanti, o presentandosi all’appuntamento dopo aver annullato delle palle break alla sua rivale fissando il punteggio finale sul 3-6, 6-4, 6-4. E così è toccato ancora una volta al doppio dirimere la contesa. Da un lato le campionesse olimpiche Errani e Paolini, dall’altra ancora Swiatek chiamata agli straordinari al fianco di Katarzyna Kawa. Siamo in finale, aspettiamo oggi Slovacchia-Gran Bretagna. Domani ci giochiamo il titolo. Ancora una volta