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Arriva l’obbligo di astenersi anche solo per “ragioni di convenienza”: la mossa del governo per togliere i processi ai magistrati sgraditi

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Punire i magistrati se prendono posizione in pubblico sui temi dell’attualità politica – ad esempio con un intervento a un convegno o un’intervista a un giornale – impedendogli di occuparsi di qualsiasi caso che tocchi anche indirettamente quei temi. È l’obiettivo implicito di una norma che il governo ha intenzione di approvare nel prossimo Consiglio dei ministri, infilandola in un decreto legge organizzativo dedicato (in teoria) alla “destinazione dei giudici di pace onorari” e al “limite della decennalità per i magistrati addetti ai procedimenti in materia di famiglia”. All’articolo 4 della bozza di provvedimento, infatti, compare una modifica importantissima alla legge sugli illeciti disciplinari dei magistrati, la 109 del 2006, che nelle chat delle toghe viene definita “preoccupante“. Vediamola.

Cosa dice la norma – Se al momento tra gli illeciti è prevista “la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge“, il testo messo a punto dall’esecutivo aggiunge le parole “o quando sussistono gravi ragioni di convenienza“. Tradotto: giudici e pm dovranno astenersi, cioè rinunciare a occuparsi di un fascicolo, non solo se si trovano in una situazione in cui la legge li obbliga a farlo – ad esempio se sono parenti di una parte in causa o se hanno un interesse economico nel procedimento – ma anche in ogni altro caso in cui esistano non meglio precisate “gravi ragioni di convenienza”. E chi valuta queste “gravi ragioni”? Il governo, cioè il ministro della Giustizia, che potrà esercitare l’azione disciplinare nei confronti delle toghe “disobbedienti” mandandole a processo di fronte al Consiglio superiore della magistratura, dove rischieranno sanzioni che vanno da semplice ammonimento alla rimozione dall’ordine giudiziario, passando per la censura, la perdita di anzianità e la sospensione dal servizio.

La questione dei migranti – Non è difficile vedere un collegamento tra questa iniziativa del governo e l’offensiva scatenata dal centrodestra contro i giudici che hanno bloccato i trattenimenti dei migranti in Albania, disapplicando il decreto sui Paesi sicuri o rinviandolo alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Se la norma fosse già stata in vigore, infatti, il Guardasigilli Carlo Nordio avrebbe potuto tranquillamente mandare a processo disciplinare Silvia Albano, giudice del Tribunale di Roma firmataria di alcune delle ordinanze di non convalida dei trattenimenti, che non ha mai nascosto le sue idee politiche (è presidente dello storico gruppo progressista di Magistratura democratica) né la sua posizione sulla politica migratoria della maggioranza. Oppure Iolanda Apostolico, la magistrata di Catania che l’anno scorso attirò per prima le ire della politica non convalidando i trattenimenti disposti nel Cpr di Pozzallo sulla base del decreto Cutro: il video in cui appariva a una manifestazione pro-migranti del 2018, tirato fuori dalla Lega per screditarla, sarebbe stata una perfetta “grave ragione di convenienza” da addurre per sanzionarla.

Gli altri casi – Ma il tema dell’immigrazione non è l’unico a cui il nuovo “bavaglio” si potrebbe applicare: basti pensare alle inchieste sulle stragi del 1992-1993 e alle accuse feroci rivolte dal centrodestra ai magistrati che hanno ipotizzato mandanti politici dietro le bombe mafiose. È ovvio che spesso a esporsi su alcuni temi delicati e ancora oggi senza soluzione siano spessi investigatori esperti, che conoscono ogni elemento delle indagini. Da domani, però, chiunque prendesse una posizione pubblica sul tema diventerebbe incompatibile a occuparsene e rischierebbe gravi conseguenze in caso lo facesse comunque. Così, d’ora in poi, dei temi “scottanti” non si potranno più occupare toghe che considerate fuori controllo.

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