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La cronaca nera e il degrado della gioventù: la necessità di riscoprirsi comunità per dare una risposta

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Leggiamo e sentiamo di fatti di cronaca nera per mano di giovani, giovanissimi, ragazzi e poco più che bambini; e con uso di armi atte a ledere, e non raramente uccidere. In alcuni casi, si tratta di affiliazione a criminalità organizzata; ma, intuitivamente, sembra più probabile, direi evidente, una degenerazione anche rispetto alle orrende, però precise e gerarchiche regole delle strutturate cosche. Un ragazzino che va in giro armato di coltello, o di pistola, e ne fa uso in modo folle ed estemporaneo, non è un sicario che obbedisca a qualche ordine criminale eppure ragionato: è un giovane allo sbando.

Allo sbando dalle famiglie, a loro volta degradate, e che campano male in quartieri dormitorio. E qui pare di leggere un bel temino in classe copiato, da sociologia della domenica; e che non funziona, giacché giovani criminali e assassini ci sono in tutte le classe sociali, e nella famigliole del Mulino Bianco… E i vicini di casa, a delitto compiuto, dichiarano in tv che il reo era “solare”. L’elenco storico dei delinquenti nobili e ricchi e colti è, fatta la proporzione numerica, altrettanto imponente dei mascalzoni dei ceti poveri. Vi dice niente il marchese De Sade?

Allo sbando li lascia una società che di sociale ha sempre meno la sua componente essenziale, che è proprio la socialità, il sentirsi parte di quello che vorremmo chiamare non società come fosse un affare di soldi, ma comunità; la comunità in cui si nasce e si muore assieme, seguendo religione e tradizioni e regole innate. E invece lasciatemelo dire che troppo spesso anche la religione viene presentata come un fatto personale, individuale, monadico, e troppo spesso anche razionalistico; e quindi non fa comunità, che è invece un fatto di coscienza, e non di parole. Mancano altre forme di socialità e comunità, di cui sentirsi parte. Dico squadre sportive, associazioni culturali di qualsivoglia ispirazione, gruppi ereditari e naturali, sezioni giovanili di partiti politici…

E la scuola? Mai nella storia si vide un fenomeno di massa come la scolarizzazione obbligatoria; e non ci sarebbe alcuna forma di trasmissione di qualcosa tra le generazioni, come avere tra i banchi, e quindi, potenzialmente, indirizzare e controllare, ed educare quasi tutti i bambini e ragazzi e adolescenti e giovani. Dobbiamo dunque chiederci se la scuola assolva o no a tale compito; e non possiamo fingere di non nutrire dei dubbi. Chi dunque educa la gioventù, se non lo fanno a sufficienza la scuola e la famiglia e gli oratori e le associazioni? Chi la lascia allo sbando? E qui s’impone una domanda di fondo: quale modello, se ce n’è uno, viene presentato alla gioventù? Nel caso migliore, è un modello utilitaristico: fare o non fare certe cose per stare più benino, per avere di più, per trovare più facilmente lavoro pochissimo faticoso: il modello piccolo e piccolissimo borghese.

È un modello piatto e noioso e privo di ogni “visione della vita e del mondo” che scaldi i cuori e susciti emozioni e dubbi esistenziali nelle coscienze. Un modello di beni materiali spacciati per benessere, e persino per il Bene. Il peggio è il “divertimento”: di-vertirsi dev’essere sosta della vita; se è la vita, diventa una nevrosi collettiva, con grande gaudio dell’industria del divertimento a pagamento.

Occorre dunque un modello nobile e alto, che presenti la vita come una faticosa e lieta avventura, e non un continuo piagnisteo. E occorrono poesia e romanzo e teatro e cinema che innalzino e non deprimano, e non facciano passare la depressione per un atteggiamento intellettuale, quando invece è solo una malattia. E occorrono attività da offrire in cambio della noia e dell’edonismo spicciolo. Quanti ragazzi praticano sport? Quanti fanno teatro e gite culturali? Quanti sono disposti al sano volontariato? E quanti adulti si offrono, o sono organicamente impiegati, nella cura della gioventù? Quante scuole sono aperte di pomeriggio? Quante scuole assicurano interventi di medicina e psicologia? Quante sono le associazioni, e di che qualità?
A parte che non basta essere adulti per essere anche maturi e modelli, e perché ci si possa fidare di loro. Dalle cronache, penso che ci sia poco di tutto questo, e i ragazzi sono allo sbando, e ciascuno lasciato alla sua solitudine. A quando dei provvedimenti?

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