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Nell’incidente aereo era morto il fratello: dopo cinque anni assolto il pilota dell’ultraleggero

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Un’assoluzione non potrà cancellare il dolore per quanto accaduto, per quella tragedia in cui il fratello gli morì accanto e che l’aveva costretto ad affrontare un processo penale, ma almeno può contribuire ad accettare che, a tutti gli effetti, fu una disgrazia.

Massimo Zanetti, 61 anni, è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo del fratello Gianluigi, perché il fatto non costituisce reato. A rappresentare l’imputato, l’avvocato Manlio Contento del foro di Pordenone.

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Dopo l’incidente aereo del 7 settembre 2019 a San Michele al Tagliamento nel quale aveva perso la vita Gianluigi Zanetti, scienziato di 60 anni, la procura di Pordenone aveva aperto un fascicolo.

Unico indagato, il fratello Massimo, che quel giorno pilotava l’ultraleggero schiantatosi al suolo e distrutto dalle fiamme. Le conseguenze erano state pesanti anche per l’unico superstite, che era stato sbalzato fuori dall’aereo e ricoverato in coma all’ospedale di Mestre.

La procura, infatti, aveva atteso si riprendesse dalle conseguenze dell’incidente prima di trasmettere gli avvisi di garanzia. Per indagare sulle cause del disastro ed esaminare ciò che restava del velivolo era stato incaricato di effettuare una perizia tecnica l’ingegnere Ciro Ciotola. La difesa aveva nominato come consulente di parte l’istruttore di volo Giuseppe Liva.

All’udienza preliminare, l’avvocato di Zanetti aveva avanzato richiesta di rito abbreviato condizionato all’assunzione della perizia, accolta dal giudice.

Mercoledì 13 novembre la sentenza davanti al giudice Milena Granata. Per l’accusa, il pubblico ministero Maria Grazia Zaina, in sostituzione di Carmelo Barbaro. La procura ha sostenuto che, non essendoci la prova di una possibile condotta alternativa per scongiurare l’evento, l’insufficienza della prova doveva portare all’assoluzione. Il giudice ha quindi accolto la tesi della difesa, secondo la quale gli elementi emersi nel corso del processo dimostrano l’esistenza del blocco del motore e della rottura della barra a causa della perdita degli alettoni orizzontali, impedendo di fatto di pilotare il velivolo e provocandone l’inclinazione fino a farlo precipitare. La difesa ha voluto anche evidenziare le ore di volo fatte dal pilota su quell’ultraleggero, che nello stesso giorno aveva anche eseguito un giro di ricognizione prima di far salire a bordo il fratello.