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Ucciso e bruciato in casa, la procura chiede il processo per quattro

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BRESSANA BOTTARONE. Verso il processo sul delitto di Enore Saccò, il pensionato di 75 anni i cui resti furono trovati carbonizzati, il 16 febbraio, nella sua abitazione in via Gramsci a Bressana. La magistrata Giuliana Rizza ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro imputati, uno accusato di omicidio volontario, due di incendio doloso e il quarto di favoreggiamento. Per il 10 dicembre è stata fissata l’udienza preliminare davanti al giudice e in quella occasione gli avvocati difensori degli imputati potranno chiedere riti alternativi.

A uccidere il pensionato, secondo l’accusa, è stato Omar Cosi, 35 anni, barista di Bressana, con un colpo di pistola tipo “Luger” durante una discussione nell’alloggio della vittima per motivi legati al pagamento dell’affitto dei locali del bar, di proprietà della vittima. Saccò aveva minacciato lo sfratto e Cosi era andato a chiarire la questione a casa sua, in via Gramsci. Al barista, accusato di omicidio e occultamento di cadavere, non sono contestate aggravanti e quindi i suoi avvocati, Barbara Citterio e Fabrizio Mossetti, potrebbero chiedere il giudizio abbreviato.

Si presenteranno davanti al giudice anche Davide Del Bò, 40 anni, di Bressana (avvocato Rosario Tripodi) che per la procura avrebbe avuto un ruolo nel delitto guidando il furgone della vittima sull’argine del Coppa, dove era stato ritrovato abbandonato, e Souhail Nakbi, 25 anni, sempre di Bressana (avvocato Gianfranco Ercolani) che avrebbe comprato la benzina utilizzata per dare fuoco alla casa. Deve rispondere solo di favoreggiamento Antonio Berdicchia, 29 anni (avvocata Manuela Albini): aveva nascosto nella sua auto i vestiti che Cosi indossava al momento dell’omicidio, poi portati a casa di altre due persone e lavati e avrebbe anche dato fuoco ai documenti della vittima, i cui resti erano stati trovati in un locale sotterraneo, due giorni dopo l’incendio.

Il barista aveva all’inizio parlato di un pugno sferrato durante una lite, ma poi aveva ammesso l’uso della pistola, che aveva trovato riscontro anche in alcuni indizi raccolti durante le indagini: il ritrovamento di una ogiva vicino al corpo dell’uomo e l’esito dell’autopsia, da cui erano emerse fratture craniche compatibili con il foro di entrata di un proiettile. La sera del 12 febbraio il gestore era andato a casa del pensionato, dove c’era stata una discussione, culminata poi nell’omicidio.