La Cop29 parte male tra egoismi, ingordigia e senza grandi della terra: forse meritiamo l’estinzione
Sono orami passati nove anni dallo storico accordo di Parigi che, sia pure con grande ritardo rispetto agli allarmi lanciati dagli scienziati, vide 197 Stati approvare la prima intesa universale e giuridicamente vincolante sul “climate change”. L’obiettivo minimo comune era contenere l’aumento della temperatura media del Pianeta al di sotto dei due gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali (1850-1900), con l’impegno di tutti a lavorare per fermare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, per evitare le conseguenze catastrofiche già visibili in molti paesi della Terra. Da allora gli eventi estremi causati dal riscaldamento prodotto dalle emissioni inquinanti di un sistema economico predatorio e non più sostenibile si sono moltiplicati e sono diventati sempre più violenti. Basta pensare alle alluvioni nella nostra Emilia-Romagna e, per ultima, alla tragedia di Valencia. E il 7 novembre scorso il Servizio europeo sul cambiamento climatico ha affermato che il 2024 sarà quasi sicuramente l’anno più caldo mai registrato e il primo a superare la soglia degli 1,5 gradi.
Nonostante questo, la politica, i governi e soprattutto i “padroni del mondo” – le multinazionali del petrolio, le nuove big-tec, i grandi poteri economici e finanziari – continuano imperterriti a voltarsi dall’altra parte e a coltivare i loro sporchi interessi. Accumulano ricchezze enormi con il liberismo globalizzato senza regole, alimentano lo sfruttamento delle risorse naturali, riaprono perfino le centrali a carbone, fanno affari con le armi e con le guerre, dominano la comunicazione negazionista che contrasta i movimenti ambientalisti e descrive come “gretini” i “friday for future”, diventano multimiliardari sfruttando la tecnologia e l’intelligenza artificiale, fino a partorire moderni Dottor Stranamore come Elon Musk che si sta comprando la Terra e anche lo Spazio.
In questo contesto è partita sotto pessimi auspici Cop29, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si tiene fino al 22 novembre a Baku. Già la scelta del Paese ospitante, l’Azerbaigian devastato dalle attività estrattive di gas e petrolio, fa cadere le braccia. Se poi, come avviene, a presiederla viene chiamato un tizio, Mukhtar Babayev, che per 26 anni ha lavorato per la compagnia petrolifera nazionale prima di diventare ministro dell’Ambiente, e che debutta dicendo che “il petrolio è un bene di Dio da sfruttare”, cade anche qualcos’altro.
E’ la Cop dei grandi assenti: senza Biden, Putin, Lula, Von der Leyen e mezza Europa a cominciare da Sholz e Macron. Ma quel che è più grave è che a Baku è assente anche l’impegno a eliminare i combustibili fossili. Nell’agenda della Conferenza questo obiettivo, che pure era stato un risultato della deludente Cop28 di Dubai, non c’è più. Si parla di soldi, di quanto dovrebbero pagare i paesi sviluppati principali responsabili del riscaldamento globale ai paesi poveri e per ripagare i danni. E non appena si parla di soldi, tutti mostrano la loro vera natura. A cominciare dai Paesi ricchi, dall’Europa e dagli Stati Uniti. Degli Usa poi, dopo la vittoria di Trump, si teme ora il pieno disimpegno. Già nel 2017 Trump fece uscire l’America dall’Accordo di Parigi. Cosa che, secondo il Wall Street Journal, sarebbe pronto a rifare con un ordine esecutivo ad hoc il 20 gennaio 2025, ovvero il giorno in cui entrerà nuovamente in carica.
Tutto questo per dire che non c’è da aspettarsi grandi risultati da Cop29. Ma soprattutto per constatare amaramente che non abbiamo ancora capito niente. In realtà noi umani forse, almeno in parte, sì. Ma non i “grandi della Terra” che continuano a chiudere gli occhi davanti alle devastazioni, a ignorare la lezione e ciò che dicono gli scienziati. Come Simon Stiell, a capo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che dice: “Nessuna economia, neanche quelle del G20, potrà sopravvivere a un riscaldamento globale fuori controllo”.
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