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Ноябрь
2024

«Energia e visione, un vulcano. Ha dato lavoro e dignità a tutti»: la Marca piange Rina Biz

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«Era un vulcano, c’è stato un periodo, quand’ero presidente della conferenza dei sindaci dell’allora Ulss 7, in cui mi chiamava praticamente tutte le mattine. E ogni giorno con un’idea ed un progetto nuovi: inesauribile». Floriano Zambon, già sindaco di Conegliano, non cela la commozione.

«Rina aveva al tempo stesso la visione e la capacità di cogliere l’opportunità, in un bando, in uno spiraglio della legge lei vedeva già un centro, una struttura, un aiuto. Instancabile. E poi muoveva tutti e tutto: per il Centro Giovani, nel 1999, portò Ale Del Piero a tagliare il nastro».

Chi ha lavorato a lungo con Rina, venerdì 8 novembre, alla notizia della sua scomparsa, ha potuto valutare la portata della sua opera.

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Luca Boscarato, oggi segretario della Fondazione Bernardi, è sicuro: «In tanti le debbono tutto, o comunque tanto, ha dato lavoro e dignità a tantissime persone senza arte né parte, e questo era una sua “fissa”, la formazione per lei era l’altra faccia, imprescindibile della solidarietà. Anch’io le debbo il mio percorso professionale, mi diede un’opportunità con l’allora Progetto Giovani, fu una pioniera. E poi i servizi, l’assistenza, i disabili, il disagio mentale, l’Alzheimer. Era, semplicemente, avanti, perché univa un’ impressionante energia e la grande visione, cosa rara».

Sergio Dugone, che di quel Progetto Giovani fu co-artefice, allarga lo sguardo: «Rina Biz evoca altre donne cattoliche trevigiane di primo piano, in ambiti omogenei ma diversi, dall'Azione Cattolica, alle Acli, alla Dc, alla Cisl, protagoniste di una stagione straordinaria dell'impegno sociale e politico dei cattolici di Marca: Maria Pia Dal Canton, Dina Orsi, Tina Anselmi, Francesca Meneghin ancor oggi vivente, Teresa Fabbri e tante altre meno conosciute, tutte frutto quell'humus culturale e identitario che le ha poi rese pioniere di emancipazione, inclusione, protagonismo femminile antesignano dei tempi», sottolinea, «Rina era poliedrica negli interessi, determinata nelle azioni, inquieta ed inappagata negli approfondimenti formativi ed ideali, carica umanamente di fame di relazioni vere, assetata di giustizia sociale e tanto altro. Ha vissuto dentro le contraddizioni del cambiamento, e senza mai staccarsi dalle sue radici a Orsago» .

La Rina Biz pasionaria, che con il digiuno per la pace ricevette l’apprezzamento di papa Wojtyla; la dipendente dell’Usl, l’imprenditrice sociale che fonda la coop Insieme si Può (che era il motto delle tessere Acli nel 1982/1983) e poi la Fondazione Ispirazione; la Rina amica di Livio Labor con cui legherà nell’Mpl (Movimento politico dei lavoratori) negli anni ’60, salvo poi rientrare in Acli. E anche la candidata alla Camera, nel 1992, senza venir eletta, al tramonto della Prima Repubblica. Nelle liste della Dc, di cui fu esponente mai comoda ed allineata, aderendo sui generis all’area “Forze nuove” di Donat Cattin.

E infine, nel 2013, il dolore per la perdita di Annita, con cui aveva realizzato uno straordinario connubio professionale: erano inseparabili. «Era inclusiva, coinvolgente, motivava le persone e le loro vite», dicono un po’ tutti. Una cosa la faceva arrabbiare: se le socie se ne andavano via, dopo il percorso di formazione e la realizzazione lavorativa. «Ad un certo punto il suo cruccio era fidelizzare chi aveva formato», ricorda chi le è stato a lungo vicino.