Storia di un soldato russo di nome Vadim: l’orfanotrofio, il carcere, la guerra e ancora la guerra
La biografia di Vadim, giovane di un villaggio del Trans-Baikal, emerge dalle note a margine di una guerra dove si è “Poveri Cristi” da un lato e dall’altro. Crudele è chi la guerra l’accende e fa vittime su entrambi i fronti.
Per capire quanto sia assurda una guerra, che costringe alcuni a diventare carnefici e altri a difendersi anche fino alla morte, dobbiamo imparare a leggere anche le note a margine. Non si possono “saltare”, perché da queste emergono quelle piccole storie che sono la Storia.
E questa è la storia di Vadim.
“Sono nato nel 2000 nel villaggio di Borzhigantai, nel distretto di Mogoytuysky. Avevo solo sette anni quando sono stato mandato in un centro di riabilitazione a Mogoytuy. Lì ho vissuto per un anno, poi sono stato portato in un orfanotrofio correzionale a Khokhotuy, dove ho vissuto fino alla maggiore età. Non so cosa sia successo ai miei genitori, non ho mai visto mio padre. E c’era una storia misteriosa attorno alla morte di mia madre: suicida o uccisa.”
In poche righe, l’infanzia di Vadim viene raccontata dallo stesso Vadim Likhanov a “Chita.ru”, un giornale locale.
Vadim è uno di quelli che ha partecipato alla guerra contro l’Ucraina per uscire, in un modo o nell’altro, da una vita da incubo, segnata da difficoltà fin dal primo respiro. Alla guerra ci è andato sperando in una svolta, dopo un paio di errori giovanili che ti marchiano per sempre se nessuno ti aiuta. E Vadim era stato sempre solo, fin dalla nascita.
In guerra, dunque, l’unica occasione che gli offrono. Ma Vadim, che oggi ha 24 anni, non muore e non può restare oltre. Era partito per l’Ucraina dalla colonia penale, arruolato nell’unità combattente Storm. Nel dicembre 2023 è stato ferito alla coscia. Quando Vadim è tornato nella Trans-Baikal, con le ferite che non si erano ancora rimarginate, ha ricevuto la convocazione per sottoporsi a una visita medica. Vadim forse pensava che quella visita fosse per riconoscere il danno subito, magari ottenere una piccola somma che alleviasse le sue pene quotidiane. E invece no: dopo la visita è stato arruolato nell’esercito.
“Al telefono mi avevano detto che dovevo comparire per chiarimenti. Alla visita medica, certo che ho detto della ferita, ma mi è stato risposto che ‘sembravo normale’.”
Inutilmente Vadim ha ricordato che la sua parte in guerra l’aveva già fatta, e che aveva detto sì alla guerra per uscire dalla cella con la promessa di una fedina penale “ripulita” e di compensi economici. Niente: “O ti decidi a indossare nuovamente la divisa o lo facciamo noi con la forza”, gli è stato risposto, senza possibilità di replica.
Il redattore di “Chita.ru”, che raccoglie il racconto di Vadim, si rivolge al commissario militare della città, Konstantin Seleznev, per chiarimenti. Il commissario non ricorda, ma ribadisce solo la legge russa, secondo cui la partecipazione all’operazione militare speciale in Ucraina non esenta dal servizio militare: “Se una persona è in forma, deve essere arruolata”, sentenzia il commissario Seleznev.
Nelle pagine della cronaca locale, di Vadim qualche traccia c’è, e il giornalista locale le trova. Un articolo racconta dell’orfanotrofio, del suo trasferimento a Chita per imparare il mestiere di falegname, e che all’età di 16 anni aveva commesso una rapina e due furti, finendo così nella colonia penale n. 5.
Così si arriva all’ottobre del 2023: Vadim firma un contratto e parte per l’Ucraina. Due mesi dopo, viene ferito durante un attacco di droni kamikaze. Dopo un mese di cure, Vadim viene rimesso in servizio, ma nelle retrovie. Completato il contratto di sei mesi, torna a Chita, lamentandosi di non aver ricevuto né i pagamenti promessi né un certificato di veterano. Invece, gli arriva la convocazione per una nuova visita medica e la richiesta di rimettere la divisa militare.
All’inizio del 2024 è stato il servizio russo della Bbc a raccontare che quanti hanno accettato di andare a combattere per lasciare il carcere non ricevono più la promessa grazia presidenziale e che i loro contratti sono da considerare prorogati fino alla fine della guerra.
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