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L’Ufficio parlamentare di bilancio conferma: con il “nuovo” taglio del cuneo previsto in manovra 800mila lavoratori ci perderanno

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Adesso lo conferma anche l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb): con il nuovo meccanismo di riduzione del cuneo fiscale contenuto nella manovra del governo Meloni saranno in molti a vedersi ridotte le buste paga. Circa 800mila lavoratori italiani subiranno una perdita significativa, in media circa 380 euro, ha scritto l’Upb nella memoria preparata per l’audizione parlamentare sulla legge di Bilancio. Altri 12,2 milioni non vedranno cambiamenti. Ad avere invece un sostanzioso vantaggio saranno in 5,7 milioni: si tratta per buona parte – 3,7 milioni di individui – di persone che fino a quest’anno non hanno beneficiato della decontribuzione, quindi sono nella fascia tra i 35mila e i 40mila euro di reddito.

Ma chi è il prototipo del contribuente che perderà soldi? Non parliamo certo di paperoni, anzi i più penalizzati sembrano concentrarsi proprio nelle fasce basse. Facciamo qualche esempio, prendendolo proprio dalle simulazioni dell’Upb. Per un dipendente che guadagna appena mille euro lordi al mese, e non ha altri redditi, lo svantaggio sarà di 21 euro l’anno. Per uno che guadagna il doppio, la perdita sarà pari a 58 euro. Trenta euro in meno, invece, arriveranno per un lavoratore con reddito da 30mila euro. Peggio andrà a un lavoratore impegnato per sei mesi all’anno con reddito pari a 6mila euro: per lui la perdita arriva a 109 euro. Come anticipato dal fattoquotidiano.it subito dopo l’invio della manovra al Parlamento, si tratta di pochi euro al mese. Resta il paradosso di una manovra che ad alcuni sfortunati sforbicia le buste paga dopo anni di perdita di potere d’acquisto per via dell’inflazione.

Caso differente quello di chi invece ha redditi aggiuntivi rispetto a quelli da lavoro dipendente, come compensi da lavoro autonomo o rendite da affitti. Per loro diventa una lotteria. Facciamo anche qui qualche esempio. Se una persona ha un reddito da lavoro di 30mila euro annui e altri 10mila euro di redditi diversi, fino al 2024 ha avuto diritto a una decontribuzione pari a 1.030 euro, mentre dal 2025 non avrà più nulla. Viceversa, chi ha reddito da lavoro pari a 12mila euro più altri 10mila euro di redditi diversi passerà da una decontribuzione di 579 euro a un bonus pari a mille euro, guadagnandoci 421 euro. Il motivo è che mentre la decontribuzione si applicava solo ai contributi previdenziali, con taglio di sette punti fino a 25mila euro e di sei punti fino a 35mila, ora il bonus si applica al reddito complessivo della persona. Quindi in alcuni casi questo può far sforare i 40mila euro e comportare la perdita di ogni beneficio; in altri può aumentare la base di calcolo per la percentuale e ingrossare il bonus.

Di buono, conclude l’Upb, c’è che si elimina la decontribuzione che determinava minori entrate per l’Inps e la si sostituisce con un bonus strutturale, mentre lo sconto sui contributi era annuale. Questo nuovo sistema di bonus e detrazioni, tra l’altro, aumenta la progressività del fisco perché introduce di fatto nuovi scaglioni. La platea, inoltre, è aumentata fino ad arrivare a 18,8 milioni di persone. Nella definizione delle aliquote, però, il ministero ha creato una situazione per cui la gran parte dei lavoratori con redditi bassi e medi avrà una busta paga uguale o addirittura peggiore rispetto a quella del 2024. L’altro difetto della riforma è la complessità: il tentativo di ottenere gli stessi effetti del taglio del cuneo – obiettivo che, tra l’altro, come visto non è sempre stato raggiunto – ha costretto a mettere mano al disegno dell’Irpef aggiungendo ulteriori distorsioni a quelle già note. E questo rischia di tradursi anche in minore trasparenza per i contribuenti. Considerando poi la somma dell’accorpamento delle prime due aliquote Irpef (sin da quest’anno tassate al 23% fino a 28 mila euro) e dei nuovi bonus e detrazioni, il risultato è un regime fiscale diverso a seconda se il reddito è da lavoro dipendente o da pensione. Il lavoro è tassato in maniera più favorevole e questo genera una penalizzazione nel passaggio da lavoro a pensione. Per esempio, dice l’Upb, se un lavoratore accede alla pensione con reddito di 30mila euro, subirà una perdita di circa 2.200 euro solo per effetto della diversa tassazione. Non sono dettagli, in un’operazione che pure muoveva da giusti presupposti.

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