Al Giovanni da Udine Paolo Conticini reinterpreta Tootsie: «È più attuale di quando uscì»
Personaggi indistruttibili che si fanno reinterpretare negli anni senza perdere fermezza. Altolà: diamo per scontato che l’attore o l’attrice prescelti per rimettere in circolo una celebre storia del passato siano altrettanto grandi e, soprattutto, degni. Solitamente avviene proprio così.
Esaminiamo il caso “Tootsie”, uno dei ruoli più eclettici e commoventi della commedia novecentesca, plasmato da Dustin Hoffmann e salito nell’Olimpo del cinema. Il musical, che molto s’ispira ai successi planetari del grande schermo, ha riproposto la vicenda dello sfortunato Michael Dorsey, almeno agli inizi, riportandolo alla fine di nuovo lassù dove osano le aquile del successo. Prima in America e, ora, in una lunga tournée italiana firmata da Massimo Romeo Piparo con un brillante Paolo Conticini (e con Enzo Iacchetti) abile a una faticosa sfilza di travestimenti.
«Una prova di quelle impegnative — e sempre in scena fra l’altro — che accettai con l’intento di sfidarmi: ci sono delle sequenze talmente strette da obbligarmi a un cambio rapidissimo di trenta secondi», comincia il suo racconto l’artista pisano super pronto, dopo il debutto assoluto di Assisi, a calcare le ruvide tavole del Giovanni da Udine da venerdì 8 (20.30) a domenica 10 (alle 17). Sabato due repliche: alle 16 e alle 21.
Conticini, si sente a suo agio come donna?
«Ammetto che prima di affrontare sul serio l’avventura teatrale ero incuriosito dalla mia reazione davanti a un pubblico con una parrucca in testa e con il rossetto sulle labbra. Leggendo il copione, poi, mi accorsi di un testo assai profondo e ricco di pensieri colti e la cosa mi confortò. In fondo, certo, c’è la difficoltà di finire nei panni opposti con tutte le movenze necessarie senza tracimare nella macchietta, però fui rassicurato da ciò che Michael/Tootsie dice e le difficoltà finirono dietro tutto. Nel 1982, quando uscì il film, il punto di vista femminile da parte maschile risultò essere una sorta di rivoluzione per l’epoca, tale — appunto — da diventare un messaggio duraturo, diciamo così».
Forse Tootsie è più attuale adesso di allora, che dice?
«Senza dubbio. Dobbiamo ancora lavorare parecchio sul peso e sull’influenza della donna nella società contemporanea, ma passi avanti ne abbiamo fatti. Continua a essere un terreno fragile sul quale è facile sprofondare».
Piparo individuò in lei il protagonista sin dal principio o ce n’erano degli altri?
«Massimo mi fece un complimento magnifico: “Non ce ne sono di attori in giro che potrebbero fare meglio di te”».
Vorrei ricordare, a proposito, “Mamma mia” e “Full Monty” due capisaldi della commedia musicale italiana passati da qui e sempre con lei sul ponte di comando.
«Forse grazie a quelle due magnifiche esperienze che mi ritrovo oggi in un ruolo così ambito. Devo confessare che ho lavorato sodo. Prima o poi qualcosa di bello ti deve succedere».
Appena fu certo di fare il musical, diede una ripassata a “Tootsie” di Hoffmann?
«Mi incuriosiva di più la messinscena di Broadway, perché la trama teatrale è un po’ diversa da quella cinematografica. Nell’originale Micheal è un attore di sceneggiati, sul palcoscenico, invece, lo è di musical. Oddio, qualche spunto me lo sono preso, ci mancherebbe. Semmai la preoccupazione è stata quella di allontanarmi dalla sua Tootsie per crearne una nuova».
Il trucco è faticoso?
«Ho una base fissa che va bene per entrambi, come l’occhio più marcato. Indosso un paio di occhiali fumé, tipo Sophia Loren, e poi tolgo e metto il rossetto. Ovviamente lo stesso avviene per l’abito e per la parrucca. Faccio effetto, credetemi. Sono 1.85 e indosso una scarpa numero 45!».
È vero che lei si cimentò anche come spogliarellista?
«Già, quando avevo 19 anni e facevo servizio in discoteca. Alle volte per arrotondare alla festa della donna o agli addii al celibato capitò di esibirmi in qualche balletto un po’ sexy. Pagavano bene. Lavorai anche come imbianchino, rappresentante, indossatore, proprietario di palestra. E proprio lì avvenne l’incontro con un talent scout che mi cambiò la vita».
E così iniziò il cinema?
«Partecipai a due provini: per De Sica e per Benvenuti. Uno andò benissimo e così saltai sul grande schermo».
Mentre nel piccolo batte le aste di “Cash or trash?” il programma sul Nove seguitissimo.
«Ho appena finito di girare un mese di puntate. Non dovrei dirlo io, ma va davvero forte».