Fuori dagli schermi: come contrastare la dipendenza dei bambini dai dispositivi elettronici e spingerli a vere relazioni sociali
Conversazioni, letture, escursioni, bicicletta, giochi da tavolo, mattoncini per fare costruzioni, sfide con pistole giocattolo, pranzi in famiglia: la dipendenza di bambini e ragazzi dai dispositivi digitali fa perdere loro esperienze fondamentali, molte delle quali legate all’esterno, all’aria aperta, al movimento e al corpo. A lanciare l’ennesimo, fondato, allarme è un libro della giornalista e scrittrice canadese Katherine Johnson Martinko, Bimbi off line. Consigli pratici per tenere i bambini lontani dagli schermi (Terranuova editore).
Le conseguenze, secondo l’autrice, sono di natura fisica e psicologica: degrado cognitivo, scarsa elasticità mentale, ridotta capacità ridotta capacità di comprendere i sentimenti degli altri, ipereccitazione, disturbi del sonno, ansia, depressione, poca resistenza, postura scorretta, mal di schiena, ossa predisposte a fratture, riduzione pensiero creativo e della stabilità emotiva, perdita di empatia.
Tanti materiali e giochi per i più piccoli. E in casa solo il computer
Ma come ridurre, o eliminare, una dipendenza ormai diffusissima e cronica? Secondo l’esperta, non si tratta di diventare monaci o ricorrere all’home schooling. Ma dopo aver capito lo sconvolgimento creato dal mondo digitale nel quotidiano prendere misure abbastanza drastiche, fornendo però, al tempo stesso, sempre un’alternativa ai ragazzi a cui si toglie qualcosa. Nel libro ci sono tantissimi consigli, divisi per fasce di età.
Si parte dal non esporre mai i bambini a qualsiasi schermo sotto i due anni a spegnere la tv quando il bambino piccolo è nella stanza. Sempre per i più piccoli, il suggerimento è di farli giocare con sabbia, erba, pietre lisce, pezzetti di legno, neve, terra o giocattoli privi di batterie. Fondamentale dargli tanti libri illustrati e leggerglieli, anche ripetendo più volte lo stesso. Per i più grandi, l’autrice suggerisce di riempire la casa e il giardino di oggetti per giocare, dal cesto di basket allo skateboard, dalla bicicletta, alle corde. E poi Lego, macchinine, case delle bambole, pupazzi, giochi in scatola, costumi per travestirsi, cuscini e coperte. Una buona idea può essere quella di occupare i pomeriggi con attività sportive e musicali, senza però sovraccaricare le loro giornate.
L’autrice dà altri numerosi suggerimenti: si può comprare un Light Phone, una specie di telefono che manda messaggi e ha il Bluetooth ma non social media e internet. All’idea che il cellulare sia fondamentale per chiamare casa in caso di ritardi, l’esperta risponde che si può insegnare ai bambini a chiedere ad adulti per strada di poter usare il telefono se devono comunicare. Un’altra buona pratica è tenere in casa solo il computer, rendendolo l’unico dispositivo al quale poter accedere anche per seguire gli amici sui social network, ma non in maniera ossessiva come lo smartphone. Per chi invece ha deciso di dare il cellulare al proprio figlio, viene suggerita l’installazione del parental control ma non di nascosto: “Spiegate a vostro figlio cosa state facendo e perché”. Altra buona idea: meglio usare, e far usare ai propri figli, piattaforme dove i post scompaiono, come le storie sulle varie app, piuttosto che quelli che restano per sempre.
Perché è fondamentale lasciarli autonomi e liberi
Ma più importante di tutto, sottolinea l’autrice, è sviluppare al massimo l’autonomia dei ragazzi, concedere loro più libertà possibile, spingerli a prendere la patente, usare i mezzi pubblici: ciò consentirà loro di poter fare tante cose diverse senza essere chiusi in casa. “Serve trovare un equilibrio tra la riduzione al minimo dell’esposizione agli schermi e la valorizzazione massima delle relazioni sociali”, scrive. Meglio mettere da parte i timori che possa accadere qualcosa ed evitare anche tracciamenti e geolocalizzazione sfinenti con app o chiamate continue.
Ancora, la giornalista consiglia di fare un “tech shabbat”, un giorno completamente privo di collegamenti ai vari dispositivi. Sicuramente utile, anche, parlare con gli insegnanti, spiegando le proprie preoccupazioni e il desiderio che il proprio figlio/a non faccia attività legate ai tablet, specie se piccolo/a. Insomma, l’obiettivo di fondo è quello di abbandonare la paura dell’essere esclusi o FOMO (Fear of Missing Out), adottando l’idea del JOMO (Joy Of Missing Out), la gioia di essere “esclusi”. Quando l’uso degli schermi è ridotto al minimo, e considerato come strumento utile, “la vita è qualcosa che può accadere, energia che prende la forma dell’avventura e del desiderio di sapere, della presenza fisica e del gioco, di connessioni e legami familiari profondi”, conclude l’autrice. Uno stile di vita decisamente più ecologico, per il corpo e per la mente.
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