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Ноябрь
2024

Nelle case di riposo di Treviso è straniero un infermiere su due

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Nelle case di riposo trevigiane un infermiere su due è straniero. Per fare gli infermieri nei centri servizi del Veneto arrivano soprattutto da America Latina ed Europa dell’Est.

«Negli ultimi due anni, grazie ad una normativa ad hoc, abbiamo accolto un migliaio di infermieri provenienti da Paesi esteri per far fronte alle carenze di personale nelle nostre strutture» sottolinea Roberto Volpe, presidente Uripa, l’Unione regionale istituzioni e iniziative pubbliche e private di assistenza.

La proposta

Sono circa 200 i professionisti arrivati nelle Rsa della Marca, grazie ai canali aperti con gli Stati d’origine e ad alcune agevolazioni offerte per il loro inserimento: un regolare contratto, la possibilità di beneficiare di un alloggio gratuito nei primi tempi (e con affitto calmierato nei mesi successivi) e l’opportunità di accedere al titolo europeo di infermiere dimostrando di aver accumulato 1.500 ore di lavoro.

Proprio in questi giorni, il ministero della Salute ha annunciato di voler portare avanti un memorandum di accordo bilaterale con l’India, che prevede il riconoscimento dell’abilitazione professionale in Italia ai laureati infermieri di alcune università indiane accreditate e in grado di garantire un buon livello di preparazione.

Le reazioni

«L’apertura di un canale con l’India sarebbe un toccasana per arginare l’emergenza di infermieri in corso, mentre qualcosa bisognerà pensare anche per individuare nuovi operatori sociosanitari (Oss), per i quali oggi siamo in forte sofferenza» aggiunge Volpe, facendosi portavoce delle difficoltà di numerosi centri servizi sul territorio.

L’aumento della domanda di assistenza, collegata all’invecchiamento della popolazione, costituisce un nodo di difficile soluzione.

«Su 75 infermieri presenti nelle nostre strutture ben 65 sono stranieri. Su oltre 400 Oss almeno 120 sono stranieri. Per il 60% abbiamo professionisti sudamericani, che arrivano soprattutto da Argentina e Brasile, per il 20% provengono da Paesi dell’Est, la restante parte dall’Africa» evidenzia Giorgio Pavan, direttore dell’Israa di Treviso, la più grande Ipab del Veneto con quattro strutture, circa 850 degenti e 1.000 assistiti a domicilio.

«Chi arriva da uno Stato dell’Unione può essere assunto direttamente da noi, chi arriva da fuori Ue viene impiegato attraverso rapporti contrattuali con le cooperative che sono legittimate a farli, fermo restando che deve esserci l’iscrizione all’ordine professionale del Paese d’origine» prosegue Pavan.

Il nodo linguistico

Di fondamentale importanza, visto il tipo di assistenza da erogare alle fasce di popolazione più anziana e fragile, è la conoscenza della lingua italiana. «Finora abbiamo guardato soprattutto all’America Latina proprio per la maggiore affinità linguistica» rileva il direttore Pavan. Per incentivare l’integrazione vengono inoltre offerti dei corsi di affiancamento ai nuovi arrivati.

«Al momento dell’ingresso in struttura prevediamo un mese di orientamento, dedicando del tempo all’apprendimento linguistico e all’inserimento» conferma il direttore dell’Israa, mettendo al primo posto il problema del reperimento di tutti i profili sanitari, infermieri, ma anche Oss e medici.

Il concorso

Il tutto mentre il sei novembre Azienda Zero farà un concorso per Oss. Sono ricercate 58 figure professionali e gli iscritti sono 5.575.

I posti saranno così distribuiti: 1 per l’Ulss Dolomiti, 15 per l’Ulss di Treviso, 3 per l’Ulss Serenissima, 1 per l’Ulss 4 Veneto Orientale, 1 per l’Ulss Polesana, 13 per l’Ulss 6 Euganea, 2 per l’Ulss 7 Pedemontana, 10 per l’Ulss 8 Berica, 5 per l’Ulss 9 Scaligera, 3 per l’Azienda ospedaliera di Padova, 1 per l’Azienda ospedaliera di Verona e 3 per l’Istituto oncologico veneto.

«Gli oltre 5mila candidati possono sembrare un’enormità» conclude Pavan «ma per la stragrande maggioranza sono persone che già lavorano e tentano il concorso per potersi trasferire da una struttura all’altra. La grave carenza di personale resta un tema cruciale che va affrontato guardando all’estero ma anche promuovendo qui delle incentivazioni alle professioni assistenziali, che vanno valorizzate sensibilizzando i futuri professionisti e aumentando le retribuzioni».