Il papà avrebbe seviziato il figlio di 5 mesi per ottenere l’assegno di invalidità
Soldi. Anche a costo di infliggere le peggiori sofferenze a un neonato di pochi mesi, che per di più è suo figlio.
Alla base delle ripetute sevizie al piccolo di 5 mesi, oggi ricoverato nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Azienda Ospedale Università di Padova con gravi lesioni al cavo orale, ci sarebbe una volontà ben precisa del padre, 22enne di Camisano Vicentino di origine sinti: ottenere un risarcimento danni dall’ospedale e un assegno di invalidità per il figlio vita natural durante.
Questa è l’ipotesi che nel giro di 24 ore dall’arresto hanno formulato gli investigatori della Squadra Mobile su una serie di elementi raccolti.
Il ricovero da luglio
Il bambino, nato alla fine di maggio, fa il suo primo ingresso all’ospedale di Vicenza a luglio, quando ha poco più di un mese di vita.
Fatica a respirare e a nutrirsi e ha gravi ferite all’interno della bocca. Subito ricoverato in Pediatria, le sue condizioni iniziano a migliorare nel giro di qualche giorno, salvo poi riaggravarsi in maniera repentina, tanto da richiedere il trasferimento nel reparto di Terapia Intensiva. I medici, che inizialmente pensano possa trattarsi di un virus, comunicano ai genitori di dover fare ulteriori accertamenti.
A questo punto il papà si impone, firma le dimissioni e porta il figlio all’ospedale di Padova. «Abbiamo dovuto assecondarlo», dicono dall’ospedale di Vicenza.
E così il neonato arriva a Padova. Anche qui lo scenario si ripete, più e più volte. Il bimbo migliora salvo poi peggiorare inspiegabilmente, ma la cosa questa volta inizia a destare più di qualche sospetto nei medici che l’hanno in cura e che decidono così di avvisare la polizia.
Le telecamere
Gli agenti della Squadra Mobile, coordinati dal vice questore Immacolata Benvenuto, piazzano una telecamera nascosta nella stanza della Terapia Intensiva Neonatale dov’è ricoverato il neonato. Ed è qui emerge l’orrore.
Le immagini parlano chiaro. Si vede la mamma, una 20enne anche lei di origini sinti, che entra sola nella stanza. Coccola il suo piccolo, sta un po’ con lui e poi esce, facendo entrare il papà. Nelle stanze del reparto può infatti entrare un genitore alla volta. Il papà si avvicina alla culletta, si guarda intorno per assicurarsi che non ci sia nessuno, e inizia la sua tortura.
Infila le dita nella bocca del neonato, ci rimane per qualche secondo, poi si allontana, salvo tornare alla carica. Questa volta fa pressione sul costato del piccolo e poi sopra le spalle. Non si scorge mai un gesto d’affetto, solo sevizie. E sembra anche che il bambino, nonostante la tenera età, si agiti non appena nel suo campo visivo entra la figura del papà.
Un papà che all’arrivo dei medici finge di essere amorevole con il piccolo. Gli accarezza la testa e chiede notizie sul suo stato di salute.
Un quadro agghiacciante che molto probabilmente si ripeteva ogni sera quando i genitori si presentavano all’ospedale dal figlio.
L’arresto
Il tempo di avvisare il magistrato titolare dell’inchiesta, il pm Giorgio Falcone, e i poliziotti entrano in azione, arrestando in flagranza il papà del neonato. Il 22enne non oppone resistenza. Si mostra impaurito, tremante, preoccupato che la madre del bambino venga a sapere di ciò che ha fatto.
Secondo i primi accertamenti la ventenne mamma del neonato, che a casa ha anche un altro bambino di tre anni, risulterebbe totalmente estranea ai fatti. Così come il bambino più grande non sembrerebbe aver subito violenze da parte del papà. Non risultano infatti accessi al pronto soccorso