La crisi dell'automotive colpisce il Canavese, ore di cassa integrazione su del 130%
IVREA
Centotrenta richieste di cassa integrazione preventiva e un utilizzo delle ore esploso del 130% da inizio anno, con le prime avvisaglie di casse integrazioni straordinarie e contratti di solidarietà. La crisi dell’automotive canavesano si aggrava, estendendosi ai veicoli industriali, camionistica e movimentazione terra, dove da settembre gli ordini registrano un calo del 30-40%. A ciò si sommano una trentina di aziende, tra fornitori diretti e indiretti, ferme in conseguenza del blocco degli stabilimenti Stellantis sui modelli elettrici di Cinquecento e Panda. È il Canavese dello stampaggio a caldo e finiture meccaniche a essere travolto da una contrazione globale che pare la tempesta perfetta: le aziende del territorio legate all’automotive (l’85% del metalmeccanico che nell’accezione estesa al Ciriacese conta 250 realtà e 15mila addetti), si trovano nel pieno della quinta crisi di settore dal 2008. Gli ordini non arrivano, e comunque non consentono programmazioni nemmeno sul medio termine, l’elettrico implode ma il 2035 incombe, il filone specializzato su camionistica e agricoltura patisce la perdurante guerra in Ucraina, granaio d’Europa, e i dazi al mercato russo. Tutto mentre gli appelli a diversificare la produzione si scontrano con investimenti e tempi di approntamento di linee inconcepibili, partendo da zero.
Guardando poi al prossimo anno, il 2025, le previsioni non invitano all’ottimismo, anzi.
La crisi su camion e mezzi agricoli
Basti dire che secondo un recente studio dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana dell'Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) e della Camera di Commercio di Torino, il 12% delle imprese della componentistica sta addirittura valutando di lasciare il comparto. Alberto Mancino, segretario generale territoriale della Uilm, va dritto al punto. A suo modo di vedere «la gravità in cui versa il settore la si misura dal fatto che da situazioni congiunturali, quindi casse ordinarie, siamo passati ad avere sempre più aziende che fanno richieste di ammortizzatori che si utilizzano in ambiti strutturali di estrema gravità, ovvero casse straordinarie e contratti di solidarietà che servono a evitare licenziamenti collettivi finché si può. Nel nostro territorio il problema comincia ad allargarsi perché, oltre ad aziende che si occupano dell’automotive, ne abbiamo tantissime sulla movimentazione terra. Ma quando l’economia rallenta totalmente a subirne le conseguenze sono tutte le compagini».
L’elettrico fermo
«Dobbiamo dare adito al Canavese – mette in rilievo Gianni Pestrin, Fiom Cgil Canavese – che gli imprenditori hanno sempre puntato a diversificare, per cui l'impatto di questa crisi epocale è arrivato qui con tempi più lunghi rispetto al resto della provincia di Torino». Un’arma a doppio taglio, la diversificazione, se finalizzata all’elettrico quando è in quella direzione che si pensava di marciare fino a un anno e mezzo fa. Ancora Pestrin: «Qualcuno aveva iniziato a investire in maniera importante proprio sull'elettrico e adesso si ritrova in una situazione in cui il committente gli dice: aspettiamo, cerchiamo di capire dove si va a parare». Diversificazione per cui le aziende avevano potuto beneficiare degli incentivi dell’industria 4.0 e di quei fondi specifici sull’automotive che ora il Governo vorrebbe azzerare. «Il nostro timore è che già da dicembre alcune aziende andranno a sospendere la produzione sfruttando cassa integrazione, ferie, tutto quello che è consentito dalla normativa».
A livello generale, al netto di un’Europa rispetto alla quale il potere contrattuale italiano decresce al crescere del debito pubblico, già pesantissimo, «le scelte di questo Governo – continua Pestrin – vanno contro il mondo del lavoro nella sua globalità, non aiutano neanche chi vuole continuare a fare l’imprenditore. Tant'è che tutte le organizzazioni di categoria sono molto critiche rispetto agli ultimi provvedimenti. Noi un cambio di marcia lo chiederemo con forza con lo sciopero generale indetto con Uil per il 29 novembre. Ci sarà anche il Canavese con Torino e il Torinese dell’automotive». A livello locale, sottolinea poi Pestrin, «come organizzazioni sindacali dobbiamo spingere sugli enti, a partire dalla Regione, perché si muovano nei confronti di quella che è la cassa integrazione, per aumentarne il valore. Dico questo: a dicembre la cassa equivarrà a 7 euro e 40 centesimi lordi l’ora, praticamente la metà della retribuzione».
La tempesta perfetta: resistere
È questa la quinta crisi del settore dal 2008, fa mente locale Vito Bianchino di Fim Cisl Torino e Canavese. «Oggi percepisco fatalismo tra gli imprenditori – osserva –. A differenza del passato, quando c’era un male individuato e individuabile per cui la cura si conosceva, oggi regna l’incertezza assoluta. Provare a pensare a quale potrebbe essere ora l’alternativa viene abbastanza complicato, nonostante il Canavese sia stato capace di differenziare, ma la solidità non basta, diversificare in questa fase richiede tempo, progettualità e investimenti da milioni di euro, non tutte sono aziende di meccanica generale in grado di farlo».
130 richieste di cassa integrazione preventiva da gennaio a ottobre. «Il numero è inferiore alla prima cintura del Torinese, dove impatta di più l’indotto dell’automotive», in quanto negli anni «l’area canavesana si è orientata dall’essere “succube” del mono committente principale, Iveco Fca, a trovare una sponda nel mercato tedesco. Significa che nell’area canavesana ci si è spostati già una ventina di anni fa dal cliente Fiat, dove si è sostanzialmente rimasti per la camionistica, a Germania e secondariamente Francia, soprattutto per lo stampaggio a caldo. In questo senso oggi la richiesta di cassa non si può ancora dire catastrofica. Ma il punto è che siamo davanti a una tempesta perfetta. Le aziende non hanno una previsione, se non un’attesa di almeno sei mesi». Patrizia Paglia, past president di Confindustria Canavese e Ceo di Iltar-Italbox, leader europeo nella progettazione e stampaggio di componenti per l’automotive con sede madre a Bairo: «In questo momento resiste, nell'ottica di un anno, chi ha iniziato due o tre anni fa a esportare e ad abbracciare altri settori. Chi ha la possibilità investa in tecnologie diverse dall’automotive per garantire un futuro sicuro all’azienda. Chi non può investire in questo momento, contenga i costi quanto più possibile: non stiamo assistendo alla fine dell’automotive: nuove forme di mobilità verranno ma certo bisogna resistere e tenere i nervi saldi». —