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Ноябрь
2024

L’allarme degli agricoltori: campi distrutti dagli animali sul carso triestino

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Cinghiali e cervi che, a caccia di cibo, predano e distruggono i raccolti. Sono questi i fenomeni con i quali da anni devono confrontarsi gli agricoltori del Carso, in particolare viticoltori e olivicoltori. Gli agricoltori tornano a sollevare il problema e chiedono un intervento delle istituzioni.

Sia l’aspetto legato alla notevole capacità di moltiplicarsi che hanno i cinghiali, sia l’arrivo dei cervi, fino a qualche anno fa specie pressoché sconosciuta sull’altipiano, sono aspetti di un profondo cambiamento in atto negli equilibri della fauna locale, che sta mettendo in ginocchio numerose imprese del settore, che vedono andare in fumo mesi di lavoro.

A denunciare le difficoltà della categoria è Franc Fabec, presidente dell’Associazione degli agricoltori: «In alcuni casi – spiega – si è registrata la perdita di metà del raccolto a causa dell’arrivo di questi predatori. Sia i cinghiali sia i cervi si nutrono di tutto ciò che trovano: le viti con l’uva e le olive rappresentano un obiettivo di straordinaria importanza per loro. L’aggravante è costituita poi dal fatto che entrambi sono animali robusti e potenti, che possono superare le barriere poste dall’uomo. In particolare i cervi – prosegue Fabec – sono molto più alti e agili dei cinghiali, in grado perciò di superare le barriere che, nel tempo, gli agricoltori avevano creato per questi ultimi. Crediamo – continua il presidente dell’Associazione – che sia oramai necessario istituire un “Tavolo verde” con la Regione, per individuare le soluzioni possibili. Sappiamo che l’abbattimento è un termine che può disturbare, ma siamo convinti che sia necessario predisporre dei piani di abbattimento, altrimenti questi fenomeni continueranno a verificarsi e a crescere di dimensione».

Il naturalista e zoologo Nicola Bressi precisa che «mentre i cinghiali sono presenti da tempo l’arrivo del cervo è recente. Esemplari ne sono stati avvistati addirittura a Muggia e nel bosco Bovedo. Prosperano perché mancano i loro predatori, le linci, oramai quasi scomparse sul Carso, e i lupi, rimasti in pochi. Sul fronte dei cinghiali invece, va ricordato che gli accoppiamenti ci sono tutto l’anno e le femmine sono molto prolifiche. Una parte della responsabilità – osserva Bressi – è però dell’uomo, perché non bisognerebbe mai dare da mangiare alle specie selvatiche. In tal modo le abituiamo a frequentare gli ambienti umani, le indeboliamo, perché non c’è più selezione naturale, ed è più facile che i soggetti fragili si ammalino. Certo, gli abbattimenti dovrebbero essere presi in considerazione – conclude – ma dovremmo essere noi umani a non dar loro da mangiare».

«Per gli olivicoltori – sottolinea Elena Parovel, presidente del Comitato promotore dell’olivicoltura triestina, oltre che contitolare, assieme al fratello Euro, dell’omonima azienda di San Dorligo – il danno è notevole, perché i cinghiali mangiano sia le radici degli alberi, in quanto ricche d’acqua, sia il frutto. E adesso che arrivano anche i cervi, le difese approntate per i cinghiali non bastano più. Bisognerebbe costruire veri e propri muri con costi elevatissimi». Anche lei concorda con Fabec sulla «necessità di concordare un piano di abbattimenti, alla stregua di quanto fa la vicina Slovenia, altrimenti da questa situazione non se ne esce».