La denuncia degli ambientalisti: «No alla maxi centrale sul Danubio»
L’Europa, inclusa quella orientale e balcanica, ha sempre più fame di energia. Ma per produrla si rischia grosso, anche di danneggiare irreversibilmente il fiume più importante, il Danubio, con una minaccia incombente che riguarda natura, aree urbanizzate, attività umane. Con centrali nucleari già esistenti.
È lo scenario denunciato da importanti organizzazioni per la difesa dell’ambiente, in testa il Wwf, che da tempo hanno messo nel mirino Romania e Bulgaria, ma anche la Ue, i protagonisti di un futuro progetto quantomeno controverso e ancora poco conosciuto, malgrado le sue serie implicazioni.
È quello della mega-centrale idroelettrica “Turnu Magurele-Nikopol”, un impianto di rilevante potenza, da 840 Mw, capace di coprire il fabbisogno di circa 600 - 800 mila abitazioni, che Bucarest e Sofia mirano a realizzare sul Danubio, nei pressi del confine tra i due Paesi e tra le due cittadine che daranno il nome alla centrale, con un costo che si aggira sui due miliardi. Centrale, ha denunciato il Wwf, «esempio dell’insufficiente applicazione» della Direttiva Ue sulle acque del 2000, pietra miliare della protezione dei fiumi nel Vecchio continente.
A sostegno dell’accusa, il Wwf ha citato un altro caso limite, il progetto tutto romeno della futura centrale di Rastolita, che «distruggerà ancora più fiumi e foreste e renderà le comunità locali più vulnerabili» ha affermato Barbara Bendandi, direttore della Conservazione per Wwf-Romania. «Dare il via libera a questa diga zombie andrà solo a beneficio» dei costruttori, «mentre le future generazioni di romeni pagheranno il prezzo della crescente scarsità d’acqua e della perdita della natura. Il governo non deve riportare in vita» il progetto di «questa diga».
Ma è il progetto Turnu Magurele-Nikopol quello più problematico. Per capire, torna utile un appello-denuncia ancora più ampio, reso pubblico dal Wwf e da una quarantina di altre Ong a fine settembre, poi caduto nel vuoto: chiedeva che l’Ue non sostenesse la realizzazione dell’impianto come «investimento prioritario».
Il Turnu Magurele-Nikopol è un piano vecchissimo, risalente addirittura agli Anni Ottanta, bloccato dagli allora regimi comunisti al potere proprio per le possibili ricadute negative – anche se Ceausescu e Todor Zhivkov non erano certo famosi per l’attenzione verso la natura.
Ricadute che sono tante, si legge nella denuncia. La diga-centrale sul Danubio creerà alle sue spalle una sorta di «bacino da 282 chilometri», con l’impianto che obbligherà allo spostamento forzato di «oltre cento cittadine e villaggi», senza contare ampie superfici di «terreni agricoli di pregio» che potrebbero essere esposte «a inondazioni». Il progetto inoltre potrebbe comportare la «ricollocazione delle infrastrutture portuali, di migliaia di cittadini, interrompendo la produzione agricola, la pesca, trasporti e turismo». E anche delle specie a rischio, come gli storioni, saranno minacciate.
Non è finita. Perché a valle di Turnu Magurele-Nikopol si trovano la centrale nucleare bulgara di Kozloduy e quella romena di Cernavoda, che per il raffreddamento pompano proprio le acque del Danubio. E il fiume, già in difficoltà ogni estate per le siccità prolungate, potrebbe non bastare più. Le Ong vivono «in una realtà parallela» e «non trattiamo sulla sicurezza energetica», la replica del ministro romeno dell’Energia, Sebastian Burduja. Ma la battaglia è solo agli inizi. —
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