La legge più indecifrabile che ci sia
Un cittadino dovrebbe poter esercitare il diritto di leggere un testo legislativo e capirlo senza dover ricorrere a un esperto. Se questo è vero in ogni caso, per qualsiasi atto legislativo, lo è evidentemente in modo ancora maggiore per ciò che riguarda i conti dello Stato e in particolare la «Legge di Bilancio». In questa normativa, infatti, c’è scritto quanti soldi dovranno entrare nelle casse dello Stato e quanti soldi dovranno uscire l’anno successivo alla Legge stessa. In questi giorni il governo ha varato la Legge di Bilancio per il 2025. Ho provato a leggerne alcune parti e, oggettivamente, tra rimandi ad altre leggi, citazioni di commi e di articoli vari, rimandi legislativi da altre leggi ancora, per capirci qualcosa ci vuole la pazienza di Giobbe e anche con quella non si arriva a quasi nulla.
Facciamo un esempio relativo al «Riordino delle detrazioni». All’art. 16-ter, al primo punto, si legge: «Fermi restando gli specifici limiti previsti da ciascuna norma agevolativa, per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75 mila euro, gli oneri e le spese per le quali è prevista una detrazione dell’imposta lorda, dal presente testo unico o da altre disposizioni normative, considerati complessivamente, sono ammessi in detrazione fino a un ammontare calcolato moltiplicando l’importo base determinato ai sensi del comma 2 in corrispondenza del reddito complessivo del contribuente per il coefficiente indicato nel comma 3 in corrispondenza del numero di figli, compresi i figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti, adottivi, affidiati o affiliati, previste nell’art. 12, comma 2, del presente testo unico». Se non vi è ancora scoppiato il cervello o, nel caso dei maschi, due organi rotondi posti a metà del corpo, vi segnalo che ho scelto uno dei brani più semplici.
Sfido chiunque, cittadino comune dotato di capacità intellettive, a capirci qualcosa. Da notare, tra l’altro, che questa bozza di «Manovra di Bilancio» conta ben 133 pagine per un totale di 144 articoli. Il 144° è il più semplice di tutti, infatti recita così: «La presente legge, salvo quanto diversamente previsto, entra in vigore il 1° gennaio 2025». E su questo lo capisce anche uno talmente cretino da non rendersi conto neanche di essere cretino (la maggioranza dei casi). Detto in termini scientifici si tratta del cosiddetto «drafting legislativo e semplificazione normativa», termine che proviene dall’inglese e che indica l’attività volta a redigere testi normativi e tradurre in termini tecnico-giuridici le scelte politiche operate dal legislatore. L’Accademia Treccani, quest’anno, ha dato vita a un Master intitolato così: «Drafting e semplificazione normativa. Chiarezza ed efficacia linguistica degli atti legislativi e amministrativi». Iniziativa encomiabile perché, in pratica, significa insegnare a coloro che devono scrivere le leggi come redigerle in modo che siano comprensibili al cittadino comune.
C’è di mezzo il diritto fondamentale di ognuno a capire le leggi che lo riguardano, direttamente o indirettamente. Poiché in questo caso si tratta di leggi che riguardano la tassazione è evidente che tale diritto assume un valore ancora maggiore perché la tassazione altro non è che un contratto tra lo Stato e il cittadino contribuente. Ma come fa quest’ultino a essere parte attiva in un contratto con lo Stato non comprendendo il testo nel quale questo contratto è stato scritto? Infatti, nella presentazione del Master della Treccani, c’è scritto che «Questo innovativo programma è pensato per formare professionisti capaci di affrontare le sfide della semplificazione normativa... Un’iniziativa che conferma la missione di Treccani per promuovere l’evoluzione della lingua italiana e il suo ruolo cruciale anche nella scrittura delle norme. L’accuratezza linguistica è infatti fondamentale per garantire chiarezza e precisone del diritto». Non si poteva dire meglio.
Del resto, quella del drafting legislativo è questione che si dibatte in Italia dal Dopoguerra, cioè dal secolo scorso, ma a oggi stesso siamo ancora assai indietro. Diciamo che il punto non riguarda il governo direttamente perché l’esecutivo non è il soggetto che scrive le leggi ma ne fornisce solo i contenuti. È poi l’apparato burocratico che scrive le norme. Ma è comunque un problema politico perché riguarda il rapporto fra legge e cittadini, un rapporto costitutivo del patto stesso che regge la democrazia.