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Il libro. “Figli prematuri del futuro”, da Van Gogh a Kafka: come la neurodiversità ha plasmato arte e pensiero

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Direbbe Blaise Pascal che «l’ultimo passo della ragione è che vi è un’infinità di cose che la sorpassano».

La scintilla creativa della neuroatipia

Nella scintillante intelligenza di una mente neuroatipica si trova l’abilità di generare un linguaggio originale e rivoluzionario, che affonda le radici nel proprio universo interiore e si manifesta all’esterno come un dono prezioso. Questo fenomeno fu evidente nei lavori di geni come Vincent van Gogh, Pablo Picasso e Vasilij Kandinsky, i quali, con la loro sensibilità profonda e sublime, diedero forma all’ineffabile. Lo stesso si può dire delle opere letterarie di Franz Kafka e Jerome D. Salinger, la cui scrittura si nutrì di un inchiostro universale, così come i capolavori architettonici di Frank L. Wright, un’araba fenice che ha sempre generato diamanti dalle proprie ceneri. Anche pensatori come Charles Darwin e Ludwig Wittgenstein ribaltarono le convenzioni del pensiero scientifico e filosofico, così come Hedy Lamarr, una mente che brillava al di là della bellezza straordinaria che la contraddistingueva.

Precursori di un futuro in divenire

Tutti loro percepirono in anticipo i cambiamenti nascosti del mondo che popolavano, guidando i loro contemporanei verso una nuova direzione. Spesso fraintesi, erano come figli prematuri di un’epoca che sembrava ancora lontana, rivelata loro da una mente tanto preziosa quanto fragile.

Liliana Dell’Osso e i “Figli prematuri del futuro”

Solo pochi mesi fa, è stato pubblicato un interessante lavoro editoriale della psichiatra e scienziata di fama mondiale Liliana Dell’Osso, redatto insieme a Daniela Toschi e Giulia Amatori, intitolato “Figli Prematuri del Futuro. Darwin – van Gogh – Kandinskij – Wright – Picasso – Kafka – Wittgenstein – Lamarr – Salinger”. In questo volume si esplora la neurodiversità di personaggi celebri che, attraverso il loro genio peculiare, hanno plasmato il pensiero contemporaneo. Ma perché  vengono definiti “prematuri del futuro”?

Questi individui hanno avuto la capacità di oltrepassare i limiti del loro tempo, anticipando idee e conquiste attraverso la loro neuroatipia. Presentavano tratti che oggi potremmo classificare come autistici (da cui la metafora dell’aggettivo “prematuro”), strettamente legati alla creatività, all’intuizione geniale e al pensiero divergente. Ad esempio, l’architetto Frank L. Wright progettò edifici rivoluzionari esclusivamente attingendo alla propria fantasia, senza contare sulle tecnologie moderne. Allo stesso modo, negli anni quaranta del Novecento, Hedy Lamarr, icona del cinema e insospettabile scienziata, concepì un’invenzione fondamentale per la tecnologia wireless contemporanea.

Ma cos’è la neurodiversità?

Ogni essere umano possiede un cervello unico, distinto per vari aspetti sia funzionali che strutturali. Tuttavia, la maggior parte della popolazione segue un percorso di neurosviluppo comune, alla base di menti “tipiche”. Deviando da questo sviluppo normale, si può arrivare a una neuroatipia, cioè un funzionamento neuropsicologico peculiare, che arreca vulnerabilità in certi ambiti, ma si rivela straordinario in altri.

Due menti a confronto: Vasilij e Viktor Kandinskij

Per Liliana Dell’Osso due figure in particolare hanno colto una particolare fascinazione intellettuale su di lei: Vasilij Kandinskij e Viktor Kandinskij.

Questi due uomini esemplificano come una mente divergente possa oscillare tra il talento straordinario e la sofferenza della malattia mentale. Vasilij Kandinskij, il pittore, è noto per la sua genialità e per la sua straordinaria capacità di “sentire” i colori e il loro legame con la musica e le emozioni. Le sue distorsioni sensoriali, frutto di anomalie neurali, ispirarono le sue opere, pur provocando in lui a volte turbamento, senza però compromettere la sua salute mentale. In contrasto, Viktor Kandinskij, zio di Vasilij e noto psichiatra, visse un’intensa vita intellettuale ma combatté con un grave disturbo mentale che lo portò al suicidio.

La malattia mentale e il sostegno invisibile

Riflettiamo su un’epoca in cui la psichiatria era ancora avvolta dall’oscurità, specialmente in ambito farmacologico.

Prendiamo come esempio Vincent van Gogh, il pittore visionario, affetto da una patologia mentale gravissima. Fu suo fratello Theo, un angelo custode, a spingerlo a dipingere nei suoi momenti più bui, aiutandolo a risollevarsi. Le sue opere spesso riflettevano le fasi della sua malattia: cupe durante le crisi depressive, inquietanti nei periodi di esaltazione maniacale e serafiche nei momenti di benessere, come quando creò Rami di mandorli in fiore, considerato da molti il suo capolavoro. La neurodiversità di van Gogh lo rese fragile di fronte a disturbi mentali che lo perseguitarono fino al tragico gesto finale del suicidio, ma fu anche essa la base delle sue innovative tecniche artistiche. Non possiamo che immaginare quali ulteriori meraviglie avrebbe potuto esprimere se, vissuto nell’era moderna, avesse avuto accesso a trattamenti farmacologici in grado di liberarlo dalle catene della sua malattia mentale, permettendo alla sua mente unica di prosperare, come i mandorli in fiore.

Avrebbero prodotto la stessa arte senza la malattia?

Ci si chiede: senza le malattie mentali, queste straordinarie figure, oscillando tra il Paradiso e l’Inferno, avrebbero prodotto le opere che li hanno resi immortali?

La loro produzione artistica sarebbe stata comunque prolifica, forse diversa, ma altrettanto straordinaria. Pensiamo a Edward Munch, autore del celebre L’urlo, di cui Liliana Dell’Osso ha scritto in un saggio recente, “Pennelli come bisturi“, dedicato alla sua psicobiografia. La sua vita fu segnata dalla malattia mentale e da traumi profondi, anni di sofferenza durante i quali creò opere di grande intensità, veicoli esemplari di emozioni strazianti: basti osservarle per percepire il dolore che le ha ispirate. Dopo un lungo ricovero, all’età di 45 anni, Munch scelse di abbandonare il suo stile di vita autodistruttivo e la dipendenza da alcol e sostanze, recuperando un equilibrio psicofisico che portò alla nascita della sorprendente opera Il Sole, un’immensa tela esposta all’Università di Oslo, emblema della forza vitale.

Ci sono anche persone comuni, non necessariamente dotate di talenti artistici particolari, che oggi affrontano stigma sociale ed emarginazione, nonostante la società stia cercando di superare tali pregiudizi. Questo libro é una spinta interiore per tutti quelli che patiscono la sofferenza mentale nel buio di una soffitta.

La follia che nutre la bellezza

Il libro si rivolge a chiunque desideri ascoltare le storie di individui che, pur avendo apportato contributi straordinari alla civiltà, potrebbero apparire come persone normali: figli, fratelli, genitori, amici, conoscenti, noi stessi. Il suo intento è far capire, oltre le etichette, che una mente diversa merita protezione, poiché fragili, ma anche valorizzazione, poiché capaci di generare opere di incredibile bellezza.
La bellezza, così come la ragione, per esser tali, hanno bisogno di un pizzico di follia.

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