Apu, la vittoria contro l’Urania non è un certificato di guarigione: i problemi restano tanti
Una stagione sportiva è fatta anche di sliding doors, di momenti che danno la svolta. Nel bene e nel male. All’Apu è capitato domenica sera nel folle ultimo minuto della partita contro l’incerottata Urania Milano. La sconfitta che si stava profilando avrebbe fatto circolare la parola “crisi”, con tutto quel che ne consegue. Invece ecco l’esaltante rimonta e la classifica che torna a sorridere, perché tutto sommato la vetta dista soltanto due punti. Fra i due estremi, crisi e esaltazione, c’è un’onesta via di mezzo, e nel day after dello scampato pericolo è bene mantenere l’equilibrio. Perché Udine ha vinto, ma ha sofferto le pene dell’inferno e raramente l’avevamo vista così in soggezione davanti al pubblico amico. Da un lato è giusto celebrare i meriti di un gruppo che ci ha creduto sino in fondo e che ha saputo trovare energie e risorse per dare corpo alla rimonta. Le ha pescate soprattutto fra le cosiddette “seconde linee”, cioè dai giocatori partiti dalla panchina.
Le statistiche dicono che Vertemati ha ottenuto 36 punti dal secondo quintetto, mentre il collega Cardani ne ha spremuti appena 7. Un po’ tutti, addetti ai lavori e avversari, ripetono in continuazione che l’Old Wild West ha uno dei roster più profondi del campionato e che questo è un chiaro vantaggio. Domenica sera si è visto in modo chiaro: nell’ultimo quarto, con l’accumularsi di falli e stanchezza, l’Urania è andata in difficoltà e l’Apu ha costruito la vittoria. Sei punti in pochi secondi di Ambrosin per iniziare la rimonta, stessa sorte per Stefanelli per chiuderla.
Allo stesso tempo è giusto riconoscere che l’Apu ha dei problemi da risolvere. È palese che la squadra vada in difficoltà nel pitturato, e anche qui le statistiche parlano chiaro: 30-20 i punti in area a favore dell’Urania, che ne ha realizzati 19 da secondi tiri contro gli 11 di Udine. Udanoh (22 punti) ha messo in difficoltà i lunghi di casa con il suo atletismo, i due alley-oop confezionati in tandem con Amato nel giro di un minuto lo confermano. La coppia di americani Hickey-Johnson, inoltre, stenta a decollare. Anche domenica, come nel derby, Vertemati ha iniziato l’ultimo quarto senza di loro. È evidente che qualcosa non va. Certe rotazioni convincono poco, ci sono giocatori che viaggiano al di sotto del proprio standard di rendimento e altri che faticano a trovare spazio. È il caso di Ambrosin: in campo per 5’ e 57” fino al 30’ e per tutti i 10’ conclusivi con un impatto decisivo. E di Stefanelli, in campo nell’ultimo quarto per soli 39”, che per fortuna gli sono bastati per scacciare i fantasmi.