Razzìa di trote marmorate, l’appello: «I cormorani vanno contenuti»
I cormorani come i lupi. I carnivori fanno razzia di ovini (e non solo). I volatili di pesci, in particolare di trote mormorate. Entrambe le specie sono protette dall’Europa. «Anche noi pescatori», fa sapere Claudio Canova, vicepresidente del coordinamento dei Bacini di pesca, «chiediamo che si possano cacciare. E che quindi Bruxelles conceda un livello inferiore di tutela. Si pensi soltanto che un cormorano può scendere perfino otto metri sotto acqua per prelevare la sua pezzatura».
Il cormorano e la trota mormorata, due specie entrambe protette, dunque, messe in discussione l’una dall’altra. Tema affrontato nell’ultimo incontro – qualche giorno fa – tra la vice presidente della Provincia di Belluno, Silvia Calligaro, delegata a caccia e pesca, e i Bacini di Pesca del basso Bellunese. Erano presenti i Bacini 5 (Agordo), 7 (Alpago), 9 (Piave-Cordevole), 10 (Acque Feltrine), 11 (Cismon-Fiorello) e 12 (Lago del Corlo).
Dennis Perer è il responsabile dell’approvvigionamento dei vari Bacini. «Un cormorano», riferisce, «arriva a mangiare 600 grammi di pesce al giorno. In provincia di Belluno, lungo l’asta del Piave e presso i laghi, se ne contano almeno 200. I primi sono arrivati tramite le migrazioni dal Nord Europa, di solito da ottobre fino in primavera. Qui si sono insediati e fanno razzia di quanto seminiamo. Si alimentano di tutto, meglio se le pezzature sono tra i 20 ed i 40 cm».
Le perdite sono gravissime. Un pesce riproduttore, geneticamente controllato, arriva a costare 250 euro. Una marmoratina di 5 centimetri può valere anche 70 centesimi. È stato riscontrato che lungo l’Adige i cormorani per nutrirsi vanno a pescare perfino sotto i sassi che loro stessi rimuovono. Ora la Regione Veneto ha annunciato un piano di contenimento e l’ente Provincia si muoverà nella medesima direzione.
«Abbiamo raccolto la preoccupazione del mondo dei pescatori rispetto alla presenza sempre maggiore di cormorani. Presenza che mette in fortissima difficoltà la sopravvivenza della trota marmorata», spiega la vice presidente Calligaro. «Nel corso del 2024 la Provincia ha rilasciato circa mezzo milione di avannotti di marmorata, con un notevole sforzo che rischia di essere in gran parte vanificato dalla voracità dei cormorani. Il problema è che sia la trota marmorata sia il cormorano sono specie protette. Bisognerà lavorare per arrivare a un punto di equilibrio, anche chiedendo deroghe specifiche».
Sulla produzione di trota marmorata ceppo Piave, la Provincia può contare sui suoi centri ittiogenici, di Tomo (Feltre) e Bolzano Bellunese, dove sono in corso importanti lavori di riqualificazione e potenziamento delle strutture (oltre che sulla collaborazione del centro di Sottocastello a Pieve di Cadore). Il cronoprogramma prevede la chiusura delle opere entro fine 2025.
«La collaborazione con i Bacini di Pesca», conclude Calligaro, «è sempre molto proficua ed è stata ribadita anche nell’ultimo incontro, nel quale si è parlato anche di pescaturismo e delle potenzialità ancora inespresse del territorio».
L’attività di pescaturismo, dal lago di Longarone a quello di Lagole, solo per indicarne due, è quanto mai compromessa, denuncia Canova, perché bisogna presidiare le semine, dal momento che i cormorani addirittura nidificano in queste aree. «Il problema, per la verità, è sempre esistito, ma mai in dimensioni così gravi, per cui una provincia che si è sempre distinta per pescosità, richiamando appassionati da tutta Italia e dall’estero, vede oggi compromesse queste sue potenzialità che sono anche turistiche».
I cormorani non si possono cacciare. Così come non si può sparare agli aironi, anch’essi dediti alla pesca. «Gli aironi sono superprotetti, a livello internazionale, non solo europeo, quindi sarà impossibile arrivare a qualche forma di contenimento. Ma i cormorani, che sono una specie superprolifica, devono necessariamente passare per qualche provvedimento di cattura, al limite per essere trasferiti in altri territori».
Il Bellunese è un territorio per loro privilegiato perché i corsi d’acqua non hanno insediamenti vicini. «Lungo i canali che attraversano i paesi del Trevigiano, dove pure i Bacini di pesca provvedono alla semina, non si registrano di questi disastri», ammette Perer.