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Paesi sicuri, il governo: “La lista è legge primaria e impedisce interpretazioni ondivaghe”

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Un Consiglio dei ministri lampo mette in sicurezza il protocollo Italia-Albania dopo lo stop del Tribunale di Roma che ha costretto al dietrofront i primi migranti arrivati all’hotspot albanese. Via libera nella serata di ieri al decreto legge che aggiorna la lista dei paesi sicuri che diventa legge “primaria”. Diventano 19, meno dei 22 previsti, e saranno sottoposti ogni anno a revisione. Ma soprattutto, lo diventano con norma primaria e non più secondaria visto che neppure la Ue ha una lista già scritta di Paesi sicuri.  “Ci stiamo lavorando», hanno detto ieri da Bruxelles, prima di bocciare la mozione del Parlamento proposta dalle sinistre contro l’Italia grazie a un’alleanza fra Ppe, Ecr della Meloni e il rassemblement delle destre.

Lista dei Paesi sicuri, il punto stampa dopo il Cdm

In una affollata conferenza stampa i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio insieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano hanno illustrato i punti salienti del provvedimento. Non ci saranno forzature: “Abbiamo rispetto per i giudici, ma ci sono competenze della politica”, sottolinea Mantovano. “È una legge, i giudici non potranno disapplicarla”, sottolinea il Guardasigilli mentre il titolare del Viminale spiega che “il decreto serve per evitare le elusioni delle espulsioni”. La lista dei paesi sicuri “diventa norma primaria e consente ai giudici di avere un parametro rispetto a un’interpretazione ondivaga”, ha specificato Piantedosi. “Abbiamo avuto diverse centinaia di casi precedenti di decisioni che non condividiamo e abbiamo legittimamente impugnato. Adesso è norma di legge e offriamo una valutazione fatta per legge”.

Rispetto per i giudici ma ci sono competenze della politica

In particolare, i paesi sono 19, tre in meno rispetto ai 22 iniziali. “Proprio perché teniamo in considerazione il principio introdotto dalla Corte di giustizia europea, abbiamo escluso il Camerun, la Colombia e la Nigeria. E abbiamo riassunto in norma le istruttorie già compiute per i 19 paesi per i quali che a nostro modo di vedere non c’erano eccezioni”, ha spiegato Piantedosi. “Offriamo ai giudici di tutta Italia un parametro che è l’applicazione di una legge rispetto a qualche ondivaga interpretazione, e lo dico con profondo rispetto per la magistratura”. L’elenco è ora composto da 19 paesi sicuri, individuati secondo i criteri stabiliti dalla normativa europea. Sono Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.

Mantovano: il vaglio dei paesi sicuri spetta al governo

Al netto del rispetto dovuto alle toghe, insiste Mantovano, ci sono delle competenze istituzionali. “Il vaglio giurisdizionale riguarda la posizione del singolo individuo, ma l’individuazione dei paesi sicuri spetta al governo”. . Oggi l’individuazione dei paesi sicuri viene affidata a una legge primaria. “E si segue un’istruttoria molto rigorosa, non è che giriamo il mappamondo e puntiamo il dito, ci auguriamo che questo venga tenuto in considerazione”.  Potrà ancora accedere che un tribunale possa azzerare la decisione del governo? “La disapplicazione di una norma secondaria risale al 1865, un giudice può disapplicare una norma secondaria ma questo non vale per una legge primaria. Se l’elenco dei paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla”, ha risposto il ministro della Giustizia.

Nordio: la sentenza della corte di giustizia Ue non è stata ben compresa

“Siamo arrivati a questo punto a seguito di una sentenza della Corte di giustizia europea che non è stata ben compresa”, ha detto poi Nordio. Sul famigerato capitolo dei costi dell’operazione Albania il ministro Piantedosi ha spiegato che la nave della Marina militare utilizzata ha comunque dei costi di servizio, non è che resti “parcheggiata”. E ha sottolineato i costi abnormi dello Stato sul dossier migranti. “Spendiamo un miliardo e 700 milioni di euro per dare assistenza ai migranti che al 60 per cento dei casi si vedono bocciata la domanda di protezione internazionale.

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