ru24.pro
World News in Italian
Октябрь
2024

Treviso, l’isola felice in cui le donne fanno ancora figli: ecco perché

0

Nella Marca le lavoratrici di 34 anni o meno in un solo anno sono diminuite di quasi due punti percentuale: le donne tornano a lavorare solo passati i 35 anni.

Un trend in contrasto sia con la media regionale che con quella nazionale, che vedono invece un incremento del numero delle donne lavoratrici nella fascia 15-34 anni.

I numeri

Numeri alla mano, secondo i dati Istat nella provincia di Treviso nel 2022 il tasso di occupazione nella fascia 15-24 anni era del 24,9 per cento, un anno dopo è sceso al 23,6 per cento. Stessa cosa accade nella fascia 25-34 anni, anche se in modo meno sostanziale: il tasso di occupazione passa dal 68,2 al 68,1 per cento.

Numeri invece che crescono sia nel Veneto che in Italia in quelle determinate fasce d’età: a livello regionale, per esempio, nel 2022 il tasso medio si fermava al 70,9 per cento, mentre 365 giorni dopo è stata raggiunta quota 72,2 per cento.

Anche in Italia, per quanto il tasso assoluto sia inferiore rispetto a quello di Treviso si è pur sempre andati verso un miglioramento. In una provincia tra le più virtuose per la qualità di vita delle donne, come ha raccontato in una delle sue classifiche il Sole 24 Ore, com’è possibile che si verifichi un’inversione di tendenza, tra l’altro in un settore di primaria importanza come quello del lavoro? La prima evidenza che salta all’occhio è che la fascia interessata dal calo occupazionale coincide con quella di fertilità della donna, la seconda è che questo fenomeno, se così possiamo considerarlo, sia relativo alla sola Marca trevigiana.

Proseguendo nel ragionamento e approfondendo il tema, sempre dai dati Istat emerge che la Marca è anche una delle province venete, dopo Rovigo, in cui le famiglie hanno usufruito meno dei servizi di prima infanzia. Anche per quanto riguarda gli stipendi, le donne in provincia di Treviso sono penalizzate: la media delle loro retribuzioni settimanali, in qualsiasi fascia d’età, è inferiore rispetto alle medie regionale e nazionale.

Il commento

«In un Paese con un saldo demografico negativo, Treviso rappresenta un’isola felice», commenta il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli, «Nella Marca si fanno anche più figli rispetto alla media nazionale (1,33 a donna rispetto a 1,23) eppure c’è un utilizzo basso dei nidi comunali, questo significa che le madri tendono ad occuparsi dei figli insieme alla famiglia».

Ma come questo influisce sul lavoro? «Entra in campo il fattore benessere, il mercato del lavoro nel trevigiano è tonico, le donne sanno che se stanno a casa un anno per occuparsi della famiglia, poi c’è un’alta probabilità che possano rientrare con facilità». A fornire questi dati l’istituto nazionale durante Statisticall, il festival della statistica che si svolge a Treviso per il decimo anno consecutivo.

Tra i vari incontri anche quello dedicato al divario di genere: «Nel 1971 è stata promulgata una delle primissime leggi fondamentali dal punto di vista dei diritti civili e sociali, si tratta di quella relativa ai nidi comunali.

Oggi i bimbi che vanno ai nidi pubblici sono il 13% del totale», commenta Linda Laura Sabbadini, già direttrice del Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell’informazione statistica, «Non possiamo pensare che i tassi d’occupazione femminile crescano per semplice volontà delle donne di inserirsi nel mondo del lavoro, e di non lasciare il lavoro perché hanno problemi con i figli. Perché il 20% delle donne lascia il lavoro. Questo è un problema nazionale».

L’analisi del presidente dell’istat: «È un territorio felice dà a tutte la possibilità di ritrovare occupazione»

«Treviso è un territorio d’eccellenza e non lo è solo per ragioni economiche ma per una serie di variabili interconnesse». Il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli scatta una fotografia della Marca, cominciando dall’occupazione fino ad arrivare a Corrado Gini, lo statistico di Motta di Livenza che ha dato il nome al coefficiente utilizzato in tutto il mondo per misurare la diseguaglianza.

Presidente, nella Marca si fanno più figli rispetto al resto del Veneto e dell’Italia e, contemporaneamente il tasso di occupazione delle lavoratrici under 35 è diminuito, come possiamo commentare?

«La prima cosa che viene da dire è che un territorio che fa figli è un territorio molto felice, perché riesce ad offrire alle donne la possibilità di cominciare a lavorare più tardi o di avere una copertura maggiore».

Si tratta di una questione solo di benessere economico?

«No, i temi non sono solo di carattere economico, ci sono anche quelli, però ci sono fattori anche legati al lavoro che magari uno non può lasciare, legati all’allungarsi del periodo di formazione, che spesso supera i 30 anni, e legati soprattutto alla mancanza di istituzioni che possono aiutare le giovani coppie, le giovani madri, nella cura dei figli. In questo caso ci sono indicatori che raccontano di un benessere generalizzato, di donne che contrariamente a quello che succede in Italia decidono di mettere al mondo più figli. Per ritornare al tema economico, ci sono famiglie di immigrati che fanno più figli e quindi alzano la media, pur non essendo più ricche delle altre famiglie».

[[ge:gnn:tribunatreviso:14730424]]

Le donne trevigiane mollano il lavoro per occuparsi dei figli?

«È chiaro che, quando una giovane coppia deve prendere una decisione, prenderà quella che converrà maggiormente: rinuncia al lavoro chi è meno penalizzato, per esempio chi può svolgere un part-time oppure ha la possibilità di ritrovare il lavoro nel momento in cui decide di rientrare e questo è più facile per le donne. Probabilmente incide un mercato del lavoro da cui entri ed esci con facilità, infonde sicurezza».

Treviso ha anche un altro primato: l’aspettativa di vita più alta rispetto a regione e Paese. Da cosa dipende?

«La speranza di vita dipende da una vita più salutare, ma in molti casi anche dall’accesso che le persone hanno alle cure, ai controlli, a quello che normalmente si chiama assistenza sanitaria in termini generali, quindi la possibilità di fare in tempi non troppo lunghi, di fare tutti i controlli e la prevenzione».

Da quale altro fattore può dipendere il successo di un territorio?

«Una delle chiavi di successo per un territorio è la formazione, con la conseguente presenza di istituti che formino bene i lavoratori indipendentemente dal ruolo. La possibilità di avere forza lavoro preparata è un plus non indifferente: l’offerta di lavoro qualificata è ampia nel territorio, questo aiuta lo sviluppo economico e ovviamente contribuisce a mantenere standard di un certo livello».

Ieri sono usciti anche i dati sulla povertà assoluta ed è emerso che nel Nordest è quasi raddoppiata. Come è possibile?

«È difficile dare una spiegazione facile a un problema complesso. Ci sono tante differenti interpretazioni. Una delle interpretazioni è che la crisi del 2008 e la pandemia hanno accentuato quel fenomeno che si chiama polarizzazione. Noi conosciamo la povertà, la polarizzazione non è esattamente lo stesso fenomeno. Polarizzazione vuol dire che le classi agiate aumentano, allo stesso tempo aumentano anche le persone che sono in difficoltà, quindi scompare quella che normalmente in mezzo si chiamava la classe media».

Secondo lei questo divario è destinato ad aumentare?

«L'ascensore sociale è sempre la scuola, ormai parliamo dei giovani, un punto di forza del territorio è di avere un ottimo sistema di formazione».

Perché Statisticall ha scelto Treviso?

«Perché Treviso è la patria di Corrado Gini, lo statistico di Motta di Livenza che ha dato il nome al coefficiente utilizzato in tutto il mondo per misurare la diseguaglianza. Non potevamo fare un festival della statistica altrove».

Durante il festival un incontro sarà dedicato a Matteotti. Come mai?

«In primo luogo perché cade il centenario della morte e poi perché è stato un grande statista e un esperto di formazione. Rendergli omaggio e raccontarlo anche da un altro punto di vista è importante».