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Sinistra in delirio per il bel film su Berlinguer, Elio Germano rovina tutto con la lagna anti-Meloni…

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Pugnetti tesi, vabbè, ma quelli quando scappano, scappano, e poi a sinistra si può. Nostalgie a palla, vabbé, ma da quel lato sono cose nobili mica revisionismi storici come quelli che gravitano nell’infosfera della destra. Rimpianti per “quando c’era lui” pure si può dire, la frase è lecita, democratica, mentre a destra quelle cose lì sono metafore apologetiche perfino quando qualche ultranovantenne rimpiange la puntualità dei treni che andavano a vapore o giù di lì. Per Enrico Berlinguer, del resto, tutto è concesso, soprattutto se un film che racconta gli anni più difficili della sua avventura politica – quelli del compromesso storico, delle Br e del rapimento Moro – e viene calato sul vuoto ideologico della sinistra di oggi.

Il film su Berlinguer a sinistra non ha senso se non si parla della Meloni…

Ieri sera, alla festa del Cinema di Roma, la proiezione di “Berlinguer. La grande ambizione” di Andrea Segre (dal 31 ottobre nelle sale) si è trasformata un po’ nella scena madre di “Cocoon”, il capolavoro di Ron Howard nel quale un gruppo di vecchietti, nostalgici della prestazioni fisiche e della lucidità intellettiva di un tempo, si tuffavano in una piscina miracolosa che gli restituiva improvvisamente vigore, freschezza e virilità. Il film, a giudicare dalle critiche, è un capolavoro della cinematografia mondiale o giù di lì. Non c’è testata, di sinistra, ma perfino di destra, che non lo abbia apprezzato, la parola “commozione” domina, la “pazienza” impera, la “visione” è un must in ogni recensione che si rispetti per un film che pare sia davvero ben fatto, perfino poco apologetico, anzi, sincero, come ha spiegato a più riprese il regista Segre, che si era posto l’obiettivo di non farne un Santino e pare ci sia riuscito.

Sottovaluta, però, i compagni, che ieri sono accorsi in massa anche in rappresentanza di Elly Schlein, che di Enrico aveva parlato in termini “straordinari” e ne aveva apposto il volto sulle tessere del Pd. Il tratto distintivo di Berlinguer, sia nell’approccio con la Dc che con la destra storica che negli anni Settanta e Ottanta rivendicava il proprio diritto ad essere partecipe dell’arco costituzionale, era però soprattutto il rispetto dell’avversario politico, come dimostra la letteratura sul tema degli incontri e degli scambi tra lui e il leader del Msi Giorgio Almirante. Un rispetto che ogggi sarebbe molto utile alla politica, soprattutto se quella stessa sinistra che lo celebra rivendica l’approccio serio del vecchio leader scomparso come un modello per oggi e domani. Ecco perché, come al solito, chi di politica forse sa poco o preferisce mettere se stesso avanti perfino ai propri personaggi, senza fare nomi, quel bravo attore che risponde al nome di Elio Germano – che nel film interpreta Berlinguer – ancora una volta è riuscito a farla un po’ fuori dal vasino, commentando con le solite frasette sull’antifascismo il contesto politico nel quale il film oggi viene calato, a fascisti ormai tumulati da anni. La solita solfa, chi ha vinto ma non ha vinto, Berlusconi, il comunismo svilito dalle destre.

Elio Germano e la tentazione di gettarla in antifascismo sempre

Sullo sfondo, Giorgia Meloni, che alla morte di Berlinguer aveva sette anni, che nel febbraio scorso aveva visitato la mostra su Berlinguer a Testaccio manifestando rispetto per la storia comunista che oggi viene evocata da Germano, giusto per dare un po’ di guazza agli haters cinematografici. “Oggi ci manca quel senso di collettività per cui questo paese riguardava tutti e non era un ring dove entrare in competizione l’uno contro l’altro; ci si sacrificava per il bene comune, si coltivava la grande ambizione (non quella del proprio profitto personale) nel senso attribuito da Antonio Gramsci”, ha detto l’attore a Repubblica nel giorno della presentazione del film. E fin qui, paracadute chiuso, ma tutto bene. Ma dietro l’angolo c’è la trappola. La tende il giornalista, malizioso. E l’ingenuo Germano, che se era ripromesso di non gettarla in caciara politica, abbocca subito. “Nel film ricorre la parola fascista. Oggi per chi è al comando è rimossa”, suggerisce l’assist man. E a Germano slitta la frizione. “Il tentativo di mettere in pratica la Costituzione è osteggiato non solo da fascisti e post fascisti, ma da chi cerca di mantenere i propri privilegi. Spaventa la scarsa possibilità di manifestare il dissenso. Hanno vinto loro? Non lo so. Certo dopo Berlusconi, che diede un’accezione negativa alla parola comunista, si è cercato di cancellare una storia che sembra quasi dimenticata”. Loro, per chi non avesse colto, sono quelli di destra, quelli della Meloni. Ce l’ha fatta, Germano s’è fatto la lagna sotto.

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