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Migranti, l’Europa scopre il prezzo del buonismo. E ora è corsa a proteggere i confini

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L’ideologia open borders sta finalmente crollando sotto il peso della realtà. L’Europa, un continente che per anni la sinistra ha lasciato in balia di politiche lassiste e flussi incontrollati di migranti, sta chiudendo le sue porte. Dall’Italia alla Francia, passando per Germania e Ungheria, fino alla Svezia, assistiamo a un ritorno prepotente dei confini e delle barriere, tanto fisiche quanto politiche. Un allarmante episodio recente testimonia, poi, quanto la situazione in alcuni frangenti sia ormai al collasso: in Polonia soldati hanno sparato proiettili veri contro migranti illegali che tentavano di sfondare la barriera al confine con la Bielorussia. Uno dei migranti, in preda alla disperazione, ha gridato «dai, sparami allora», per poi implorare: «Sto andando, sto andando, per favore smettete di sparare». Un dramma umano che svela la crisi profonda delle politiche migratorie europee.

La Polonia sospende il diritto d’asilo

In risposta a questi eventi, il governo polacco ha annunciato la sospensione temporanea del diritto d’asilo. Una misura estrema, certo, ma che riflette una situazione di emergenza. «Chiedo che questa decisione sia riconosciuta in Europa», ha detto il premier Donald Tusk, spiegando che il suo Paese non può più tollerare provocazioni continue da parte della Bielorussia di Lukashenko e Vladimir Putin, che usa i migranti come armi politiche, spingendoli al confine come parte di una strategia di destabilizzazione. «La Polonia deve riconquistare il 100 per cento del controllo su chi entra nel Paese», ha aggiunto. Varsavia ha deciso di agire, e non è sola: molti in Europa si stanno muovendo nella stessa direzione per diverse ragioni.

La Svezia ha iniziato rimpatri forzati

La Svezia, un tempo emblema dell’accoglienza incondizionata, ha rivisto radicalmente il proprio approccio. È di questa settimana la notizia di «un aereo con a bordo cittadini iracheni è pronto per Baghdad», grazie a un accordo siglato lo scorso anno che ha infranto anni di blocchi e resistenze. Anche qui, la realtà ha preso il sopravvento: rimpatri forzati, controlli rafforzati e una crescente insofferenza sociale dimostrano che il modello delle frontiere aperte non è più sostenibile.

La svolta a destra dell’Europa

Il cambiamento in atto è sospinto da un vigoroso vento politico di destra, che trae forza da un diffuso malcontento popolare con radici profonde. In Francia, il crescente sostegno al Rassemblement National ha costretto Macron a nominare a capo degli Interni un uomo di «droite dure», come lo hanno definito in molti, per proteggere i confini e ristabilire l’ordine pubblico. Parigi sembra, dunque, voler seguire il modello Italia. Più in là, in Germania, i recenti successi della destra di Afd hanno messo in allarme il cancelliere e accelerato le restrizioni sui flussi migratori e i controlli alle frontiere terrestri. L’Austria, poi, con un commissario Ue alla migrazione di orientamento conservatore e un primo partito come l’Fpö che chiede la chiede la chiusura dei confini, insieme alla vicina Ungheria guidata da Orbán, stanno dando un’ulteriore spinta in questa trasformazione politica.

In agenda ora c’è l’istituzione di “hotspot” situati al di fuori dell’Unione, una strategia che mira a trattenere i migranti lontano dal cuore del continente e, soprattutto, a mandare un messaggio chiaro ai trafficanti, che in questo modo non saranno più in condizione di poter “garantire” a chi si mette in viaggio l’arrivo in Europa. Questi centri serviranno per elaborare le domande d’asilo o per espellere chi non ha diritto a rimanere. Soluzione già intrapresa dal nostro governo, per elaborare le richieste di asilo fuori dal suolo nazionale.

L’isolamento spagnolo

In questo scenario, la Spagna rimane l’ultima voce fuori dal coro. Il primo ministro Pedro Sánchez, tra i pochi leader di sinistra al potere nel Vecchio Continente, sembra chiudere gli occhi di fronte all’aumento giornaliero degli sbarchi sulle proprie isole, nonostante le strutture di accoglienza non riescano a garantire standard minimi di umanità in particolare alle Canarie.

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