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L’Europa deve costruire la sua fortezza

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François Heisbourg, nel suo saggio Un monde sans l’Amérique («Un mondo senza l’America»), riflette su un futuro in cui gli Stati Uniti ridurranno progressivamente il loro impegno e la loro attenzione verso l’Europa, indipendentemente dall’esito delle prossime elezioni presidenziali americane. Heisbourg non è un osservatore qualsiasi. Classe 1949, diplomatico francese di lungo corso, figlio di uno storico lussemburghese, il saggista nella sua vita è stato anche presidente dello Iiss di Londra, il sancta sanctorum del pensiero strategico atlantico. Il suo è il punto di vista di un «cold warrior», cioè di una figura formata nella Prima guerra fredda e abituata a ragionare da europeo sotto l’ombrello difensivo a stelle e strisce. Nel descrivere il futuro, qua e là traspare una certa ansia dell’ignoto, che tuttavia non fa velo alla lucidità dell’analisi.

Per comprendere appieno l’analisi di Heisbourg, è utile guardare al contesto storico delle relazioni transatlantiche. Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti si sono affermati come il principale alleato e protettore dell’Europa occidentale, giocando un ruolo cruciale nella creazione della Nato e nella difesa dell’Occidente durante la Guerra fredda. Con il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, sembrava che il partenariato tra Europa e America sarebbe continuato senza interruzioni, anche in un mondo post-bipolare. Tuttavia, già dagli anni Duemila, si sono manifestati segnali di un certo disimpegno americano dall’Europa. Le amministrazioni successive, a partire da quella di George W. Bush, hanno progressivamente spostato il loro focus geopolitico verso altre aree del mondo, in particolare il Medio Oriente e l’Asia, riflettendo una riorganizzazione delle priorità globali degli Stati Uniti.

Heisbourg argomenta che questa tendenza al disimpegno non sia un fenomeno contingente, ma rappresenti un cambiamento nel modo in cui gli Stati Uniti vedono il loro ruolo nel mondo. La sua tesi è che l’America, a prescindere da chi sia al potere, sarà meno concentrata sull’Europa. I fattori indicati da Heisbourg sono tre:

1. Il riequilibrio verso l’Asia. La crescente potenza della Cina e il suo ruolo sempre più assertivo sulla scena globale hanno costretto Washington a concentrare maggiormente le proprie risorse economiche, militari e diplomatiche nella regione Asia-Pacifico. Questo «pivot» verso l’Asia è stato formalizzato durante l’amministrazione Obama, ma è rimasto una costante anche sotto Donald Trump e Joe Biden. La competizione con la Cina non è solo economica ma anche ideologica e militare, e gli Stati Uniti vedono questa sfida come la priorità numero uno per il futuro.

2. Il Vecchio continente in evoluzione. Heisbourg sostiene che l’Europa stessa stia attraversando una fase di ridefinizione del proprio ruolo internazionale. La Brexit ha segnato un punto di svolta, dividendo il continente che già fatica a trovare una visione politica e strategica comune. Le tensioni interne tra i Paesi della Ue, le differenze economiche e le diverse visioni sul ruolo della Nato, contribuiscono a rendere l’Europa meno coesa e quindi meno rilevante agli occhi di Washington.

3. Il disimpegno militare e politico americano. Da ultimo, Heisbourg osserva che, sia sotto amministrazioni repubblicane sia democratiche, gli Usa hanno progressivamente ridotto la loro presenza militare nel Vecchio continente. Questo disimpegno non si è verificato solo a livello simbolico, con la riduzione delle truppe americane sul suolo europeo, ma anche in termini di minore coinvolgimento nelle questioni di sicurezza europea. Per esempio, durante la crisi ucraina del 2014, sebbene Washington abbia fornito supporto, gran parte della risposta diplomatica è stata guidata dall’Europa stessa.

Con questa triplice premessa, per Heisbourg l’Europa deve prepararsi ad affrontare un mondo in cui l’ombrello protettivo americano non sarà più scontato. Questo richiederà un ripensamento profondo nella sicurezza. Se, infatti, la Nato rimane il principale strumento di difesa collettiva, il Vecchio continente non può più dipendere esclusivamente dagli Stati Uniti per la propria protezione. Guardando al futuro, Heisbourg non è pessimista riguardo al destino della Ue, ma invita i leader europei a riconoscere la nuova realtà geopolitica. L’Unione europea, secondo il saggista, ha il potenziale per emergere come attore globale indipendente, ma per farlo deve superare le divisioni interne e rafforzare le proprie capacità difensive.