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Quelle autostrade lombarde che portano affari

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«L'economia non è smart working ma movimento. Di merci, di idee, di progetti di sviluppo. E la Lombardia sarà pure una locomotiva, ma ha fame di grandi strade». Gianantonio Arnoldi imbocca l’autostrada per illustrare il futuro di intrasfrutture vincenti e per difendere l’A35 Brebemi (l’autostrada Brescia-Bergamo-Milano), la Pedemontana lombarda, la Teem (la Tangenziale esterna di Milano) dagli attacchi concentrici d’una certa sinistra in monopattino, che dai sofà damascati ritiene quelle opere costose, inquinanti, poco frequentate, quindi sostanzialmente inutili. L’ultima accusa riguarda i conti in rosso e l’ombrello protettivo da parte dello Stato, dunque dei contribuenti che già pagano il pedaggio.

L’amministratore delegato di Cal (Concessioni autostradali lombarde) apre i libri sulla scrivania e allarga le braccia. «È assolutamente falso. Le tre autostrade lombarde in questione sono costate 4,6 miliardi di euro, coperti dalla finanza pubblica per circa il 30 per cento (1,5 miliardi) e il resto da investitori privati. Siamo rimasti sorpresi delle critiche fondate su numeri e presupposti sbagliati, come le perdite a carico dello Stato, totalmente prive di fondamento. Dopo meno di dieci anni di esercizio è già stato versato all’erario più di un miliardo di euro tra Iva, Ires, Irap e altre imposte. Quindi alla fine delle concessioni lo Stato incasserà ben di più di quanto versato. Senza contare che lo strumento di “project financing” serve proprio per realizzare opere importanti, non sostenibili interamente dal bilancio dello Stato, senza gravare sulla fiscalità generale e sul debito pubblico. Trasformare un modello che può essere replicato altrove in un problema è davvero paradossale».

È curioso notare come questo esempio di «federalismo autostradale» fu varato nel 2007 con il governo di Romano Prodi in accordo con Regione Lombardia, per favorire il sistema delle grandi reti di trasporto, con infrastrutture allora bloccate da incrostazioni ideologico-burocratiche da emicrania. «In dieci anni abbiamo trasformato voluminosi progetti di carta in opere pubbliche» ricorda l’ingegner Arnoldi. «Abbiamo realizzato non solo 136 chilometri di nuove autostrade in esercizio, ma anche 110 chilometri di viabilità ordinaria, provinciali trasformate in superstrade gratuite (con volumi di traffico elevati come la tangenziale di Brescia), che garantiscono al Nord Italia nuove possibilità di movimento e interconnessione con il resto del Paese e dell’Europa. Noi saremmo un problema? Il problema era la A4 quando ci impediva la connessione con Brebemi».

Mentre nel resto d’Italia è praticamente impossibile realizzare infrastrutture strategiche come la Gronda di Genova, il Passante di Bologna, la Tirreno-Brennero, in Lombardia e Veneto la situazione è meno critica. Gli interventi erano stati programmati decenni fa e alla fine realizzati nonostante i lunghissimi iter autorizzativi, gli interminabili passaggi, le modifiche ai progetti (vedi stadio di San Siro) e gli aumenti dei costi, perché in economia il tempo è denaro. «Altrove qualcosa è andato storto» riflette l’ingegner Arnoldi. «Però ci si sofferma criticamente su quanto si sia incrementato il costo della Brebemi dal progetto preliminare del 2001 (700 milioni di euro) al collaudo del 2017 (1.750 milioni) e non ci si preoccupa di quanto costerà realizzare la Gronda di Genova. È un’opera attesa da decenni, il cui costo è passato da 1,8 miliardi del progetto preliminare ai quasi sette miliardi del progetto esecutivo». Tre critiche ricorrenti al project financing sono i conti in rosso, i pedaggi alti e - per proprietà transitiva - la frequentazione numericamente non soddisfacente degli utenti. Il deficit è del tutto comprensibile poiché il valore di un’infrastruttura strategica si misura in termini di decenni e non di anni. Secondo l’ad di Cal i punti deboli potrebbero nel tempo diventare punti forti.

«È normale che ora i bilanci siano in perdita; i dividendi per gli azionisti arriveranno nel corso della concessione soprattutto quando sarà ripagato il debito alle banche. Un debito che viene rimborsato a tassi di mercato anche a importanti istituti pubblici, come Cassa depositi e prestiti e Banca europea degli investimenti. Morale, non hanno regalato soldi ma hanno fatto utili. Vorrei ricordare che a investire in Brebemi sono arrivati fondi e istituti spagnoli e australiani, colossi che non partecipano se non hanno garanzie di guadagno». Ora l’obiettivo del gruppo è realizzare la Bergamo-Treviglio, est della regione, in fase di progettazione, nuovamente con investitori stranieri. E con la consapevolezza che i pedaggi rimangono più alti perché la tariffa copre i costi di costruzione e non solo di gestione. Ma la qualità delle autostrade è superiore, la manutenzione è efficiente, il controllo è assoluto con il monitoraggio telematico, la tecnologia è moderna («Andiamo verso il free flow, oggi si può pagare sugli orologi, che senso ha mantenere le barriere?») e il costo medio a chilometro è comunque inferiore al resto d’Europa.

C’è anche un vantaggio per quanto riguarda l’approccio più ecologico delle infrastrutture. «Nel 2023 Brebemi e Teem hanno aumentato il volume di traffico del 10 per cento, decongestionando le altre grandi e piccole arterie» sottolinea Arnoldi. «Con riduzione di emissioni inquinanti, benefici sociali e ambientali che nella sola Brebemi sono valutabili in 1,2 miliardi di euro. Solo chi non le percorre ritiene che quelle strade siano inutili. Al contrario le autostrade sono indispensabili perché trasferire tutte le merci su rotaia necessiterà tempo. E l’Italia è rimasta indietro, molto indietro». C’è anche un aspetto economico da non sottovalutare. Brebemi e Pedemontana sono un volano formidabile di sviluppo di aree produttive strategiche: nei territori attraversati dalle infrastrutture sono fin qui 84 i nuovi insediamenti di grandi aziende italiane e multinazionali, nei settori della logistica, della manifattura e del chimico-farmaceutico. Esselunga, Porsche, DHL, Amazon, MD e Italtrans hanno installato i loro centri di logistica e di ricerca in quelle zone, con migliaia di posti di lavoro e maggiore facilità a raggiungere gli obiettivi di mercato.

«L’esperienza delle autostrade regionali lombarde è un esempio virtuoso e di successo», conclude Arnoldi. «Un sistema che ha modernizzato la rete autostradale italiana e che contribuirà con i benefici diretti e indiretti a mantenere la leadership sostenibile della Lombardia. Non solo, è anche un esempio di come le Regioni possano gestire in autonomia, in un quadro certo di regole nazionali, tutti gli aspetti procedurali, burocratici e di controllo di un settore complesso come quello delle grandi reti di trasporto».