Non si fermano le polemiche dopo l'attacco israeliano alla base UNIFIL in Libano
Questa mattina l'esercito israeliano ha reso noto di aver ucciso il comandante della Jihad islamica palestinese Mohammad Abdullah nel campo profughi di Nur Shams in Cisgiordania. L’uomo sarebbe stato eliminato nel raid aereo israeliano sul campo di Tulkarem. Non si fermano le polemiche attorno a quanto avvenuto ieri nel sud del Libano dove le forze armate israeliane hanno aperto il fuoco contro il quartier generale dell'UNIFIL a Naqoura, causando il ferimento di due caschi blu. Altre due postazioni a Labbouneh e Ras Naqoura, che ospitano il contingente italiano, sono state colpite. Di poco fa la notizia che l’Idf ha sparato contro un punto di osservazione della forza di pace Unifil nella sua base principale di Naqoura, nel Libano meridionale, ferendo due persone. Lo fanno sapere fonti Onu, riportate dall’agenzia di stampa Reuters. Le forze israeliane hanno anche violato il perimetro di un'altra postazione dell'Unifil contro cui avevano sparato il 10 ottobre, ha detto la fonte.
L'ONU ha espresso una dura condanna, sottolineando che «qualsiasi attacco deliberato contro le forze di peacekeeping rappresenta una grave violazione del diritto umanitario internazionale e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza». L'UNIFIL ha inoltre ricordato alle forze israeliane (IDF) e a tutti gli attori coinvolti l'obbligo di garantire la sicurezza del personale delle Nazioni Unite e di rispettare l'inviolabilità delle loro strutture. In risposta alla richiesta israeliana di evacuare le postazioni lungo il confine tra Israele e Libano, un portavoce dell'UNIFIL ha ribadito il rifiuto della missione, come riportato dal sito Walla. Anche l'Italia ha espresso una protesta formale: il ministro della Difesa Guido Crosetto ha parlato con il suo omologo israeliano, Yoav Gallant, e ha convocato l'ambasciatore israeliano a Roma. In una conferenza stampa, Crosetto ha dichiarato: «Non si tratta di un errore né di un incidente. Gli atti ostili ripetuti delle forze israeliane contro la base 1.31 potrebbero costituire crimini di guerra e sono sicuramente gravi violazioni del diritto internazionale. Non esiste la giustificazione di dire che le forze armate israeliane avevano avvisato l’Unifil che alcune delle basi dovevano essere lasciate. Ho detto all’ambasciatore di riferire al governo israeliano che le Nazioni Unite e l’Italia non possono prendere ordini dal governo israeliano».
Le durissime frasi del ministro della Difesa Guido Crosetto, ritenute «spropositate» dalle gerarchie militari israeliane, sono una delle possibili chiavi delle ragioni dell’episodio di ieri. Da un lato, infatti, l’esercito di Gerusalemme mantiene il silenzio su quanto avvenuto, anche perché i contorni della vicenda sono oggetto di approfondimento da parte delle Forze di difesa israeliane, ben consapevoli della portata di un evento di questo tipo. Dall’altro, però, l’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, dopo che le forze israeliane hanno aperto il fuoco su diverse posizioni Onu ferendo due caschi blu, ha ribadito la richiesta già esplicitata lo scorso 5 ottobre: «Israele è concentrato sulla lotta contro Hezbollah e raccomanda che la forza di mantenimento della pace delle Nazioni Unite (Unifil) nel Libano meridionale si sposti verso Nord. La nostra raccomandazione è che l’Unifil si sposti di 5 km a Nord per evitare pericoli mentre i combattimenti si intensificano e mentre la situazione lungo la Linea Blu rimane instabile a causa dell’aggressione di Hezbollah. Israele non ha alcun desiderio di stare in Libano, ma farà ciò che è necessario per costringere Hezbollah ad allontanarsi dal suo confine settentrionale in modo che 70.000 residenti possano tornare alle loro case nel nord di Israele». Ieri sera l’Ambasciata di Israele in Italia in un comunicato ha preso posizione su quanto accaduto: «Israele apprezza l'assistenza dei Paesi donatori di Unifil, in particolare dell'Italia, e li ringrazia per il loro tentativo di prevenire un'escalation nella nostra regione. Dall'8 ottobre Hezbollah ha lanciato migliaia di missili contro Israele e decine di migliaia di cittadini israeliani sono stati costretti a evacuare le proprie case nel nord. Sfortunatamente Hezbollah sta cercando di nascondersi vicino alle basi UNIFIL e Israele ha già scoperto tunnel e depositi di armi vicino a quell'area. Israele ha raccomandato più volte ai militari italiani dell'UNIFIL di ritirare parte delle loro forze dall'area per ragioni di sicurezza, ma purtroppo la richiesta è stata respinta. Israele sta investigando su quanto accaduto con grande attenzione e continuerà a compiere ogni sforzo possibile per non colpire le forze dell'ONU e le persone non coinvolte nel conflitto in corso con Hezbollah».
L’Unione Associazioni Italia Israele (UAII) in un comunicato afferma che quanto accaduto ieri in Libano «possa essere l’occasione per rivedere la missione UNIFIL e non un’occasione per criminalizzare ancora una volta Israele, che ha richiesto alle forze ONU nell’area di rimanere in spazi protetti prima di intervenire». Inoltre, prosegue il Presidente dell’UAII Avv. Celeste Vichi «L’organizzazione terroristica di Hezbollah opera all’interno e in prossimità delle aree civili, comprese le postazioni UNIFIL, che di fatto sono diventate veri e propri scudi per le basi militari di Hezbollah e dei terroristi che dovrebbero disarmare. La missione UNIFIL in tali aree in tutti questi anni anziché assolvere al proprio mandato di sicurezza – già costato dieci miliardi di dollari – sta solo mettendo a rischio la vita dei nostri soldati. Non essendo attualmente le nostre forze di interposizione in condizione di ottenere alcun obiettivo di pacificazione e/o militare dell’area auspichiamo che lo Stato italiano ne disponga al più presto il ritiro per salvaguardare l’incolumità dei nostri militari che si trovano a operare in un teatro di guerra».
@riproduzione riservata