Come sta andando la causa degli editori contro Internet Archive?
La storia affonda le sue radici nel 1996 e la sua missione era assolutamente tra le più nobili: quella di preservare e di tramandare tutta la conoscenza che era contenuta tra le pagine dei libri pubblicati dal genere umano. C’era anche un po’ una sorta di premonizione e – allo stesso tempo – di speranza: internet era considerato il luogo immateriale dove poter preservare brandelli di sapere e di vita, nel caso in cui fosse sopraggiunta una qualche calamità naturale. E così Brewster Kahle, il fondatore del progetto, aveva unito l’ambizione di battersi affinché internet restasse un luogo aperto e accessibile a tutti a quella di permettere agli utenti della biblioteca digitale di poter prendere in prestito centinaia di volumi, uno per volta (grazie al concetto di Open Library). Oggi, però, tutto questo è destinato a finire.
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Internet Archive perde anche in appello per violazione del copyright
Come è noto, da quattro anni, Internet Archive è al centro di un’azione legale promossa da grandi editori internazionali: Hachette Book Group, HarperCollins Publishers, John Wiley & Sons Inc. e Penguin Random House. Questi ultimi hanno ritenuto che il sistema di funzionamento di Internet Archive fosse in violazione con la legge sul copyright. In effetti, pur possedendo materialmente le copie cartacee dei libri che mette a disposizione, la Open Library permette agli utenti l’accesso alle loro versioni digitalizzate, una per volta (tranne che nel periodo del coronavirus, quando – data l’impossibilità di accedere alle biblioteche -, i fondatori del progetto avevano deciso di eliminare questo limite).
Già in primo grado questo principio era stato contestato. La sentenza d’appello della giudice Beth Robinson ha stabilito lo stesso principio: violazione della legge sul copyright e vittoria degli editori che hanno intentato la causa. Adesso, per la biblioteca universale ad accesso libero, le speranze di sopravvivenza sono davvero poche, dal momento che resterebbe soltanto un insperato ricorso alla Corte Suprema.
«Siamo delusi dall’opinione odierna sul prestito digitale di libri disponibili elettronicamente altrove da parte di Internet Archive – ha scritto Chris Freeland, il direttore attuale del progetto Open Library -. Stiamo esaminando l’opinione della corte e continueremo a difendere i diritti delle biblioteche a possedere, prestare e conservare libri». Nel frattempo, continua la raccolta firme di Internet Archive per permettere il ripristino, sulla biblioteca, di 500mila copie sequestrate dopo la sentenza di primo grado: si tratta di un appello agli editori per sensibilizzarli e per fare in modo che questi ultimi lascino “vivere e respirare” la biblioteca digitale.
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