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Legati a un letto come cura: in Senato il ddl che facilita la contenzione meccanica. L’appello: “Tragica nostalgia dei manicomi”

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A volte ho solo urlato, altre volte mi sono messa a cantare per ore e ho lottato al buio contro i farmaci che mi chiudevano gli occhi. Quando arriva la stanchezza arriva anche il freddo. Inizi a sentirti scomodo, ti prude il naso, hai sete? Vuoi fumare, devi andare in bagno per qualunque cosa devi chiamare, devi urlare di nuovo. È umiliante anche solo chiedere da bere, figurarsi se devi fare la pipì o la cacca. Ti accendono la luce al neon che ti spara negli occhi, ti calano pigiama e mutande, ti infilano una padella sotto il sedere. E tu sei sempre legato, mani e piedi e poi torni solo nel buio. Con pensieri infiniti. Aspettando che il tempo passi. Una contenzione può durare qualche ora. Io ero molto fortunata, di solito stavo così, solo 12 o 24 ore, a volte anche meno. Ho visto uomini passarci giorni”: Alice Banfi, artista e scrittrice con diagnosi disturbo bordeline, ha raccontato – per la prima volta, dal punto di vista di un paziente – la pratica della contenzione fisica in Tanto Scappo lo Stesso – Romanzo di una matta (edizioni Stampa Alternativa, in libreria e e-book da metà novembre). La base legale della contenzione meccanica è l’articolo 54 del codice penale che la permette, solo è compiuta da qualcuno “per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

Mancanza di sanzioni e meccanismi di controllo – Nel 2018 la corte di Cassazione con la sentenza Mastrogiovanni (sul caso del maestro elementare morto nel 2009 dopo essere stato legato al letto per otto giorni) ha escluso la natura di atto medico della contenzione meccanica e ne ha subordinato la liceità negli stringenti limiti dello “stato di necessità” ai sensi dell’articolo 54 del codice penale. Limiti che però spesso non vengono rispettati, secondo Michele Capano, avvocato della famiglia Mastrogiovanni nel processo che portò alla sentenza: “Nella gran parte dei casi la contenzione meccanica è effettuata in modo illecito”, afferma Capano, “perché l’assenza di meccanismi di controllo efficaci lascia spazio a possibili abusi senza conseguenze concrete”. “Nonostante esistano dei diritti fondamentali per gli utenti – continua – non ci sono sanzioni chiare per i medici e il personale che abusano del loro potere: non ho notizia di uno psichiatra o altro operatore sanitario che abbia subito una condanna penale, o di risarcimento danni, o un procedimento disciplinare dall’ordine di riferimento, a seguito di una contenzione effettuata in modo illecito”. Capano, che è anche presidente dell’associazione radicale “Diritti alla Follia” evidenzia come meccanismi sanzionatori non siano presenti né nella legislazione attuale né in altri disegni di legge che si propongono di normare la contenzione, come il Ddl Zaffini, attualmente in discussione nella Commissione Affari sociali e sanità del Senato.

Il Ddl Zaffini: “Rischio che aumenti l’utilizzo di una pratica considerata controversa” – Il Ddl 1179 attualmente in discussione in Senato intende normare la contenzione meccanica, ma anche quella farmacologia e quella ambientale, che definisce come “misure di sicurezza speciali” in capo a “Ministro dell’interno e Ministro della Giustizia, sentito il Ministro della Salute”, “necessarie al contenimento degli episodi di violenza” contro gli operatori della salute mentale che vengono così esplicitamente autorizzati ad attuarle, anche se “nei soli casi connessi a documentate necessità cliniche e al solo scopo di impedire comportamenti auto ed eterolesivi, nel rispetto della dignità e della sicurezza della persona affetta da disturbi mentali”. “Normare la contenzione in modo così dettagliato rischia di legittimare una pratica che, sebbene già in uso, resta altamente controversa sia dal punto di vista etico che giuridico”, afferma Capano, che sottolinea come il Ddl si limiti “a definire principi già riconosciuti in ambito sanitario, senza introdurre garanzie aggiuntive per i pazienti sottoposti a trattamenti coattivi, né meccanismi di controllo più stringenti sull’uso della contenzione”, come l’uso di telecamere nei reparti o facilitare le ispezioni dei garanti per la libertà personale. In Italia – sottolinea Capano – l’uso della contenzione è già regolato da protocolli clinici e linee guida interne alle strutture sanitarie, che prevedono il suo impiego come misura estrema e solo in presenza di un rischio concreto e attuale di comportamenti auto o eterolesivi, anche se talvolta con margini di discrezionalità a seconda delle strutture sanitarie o dei protocolli adottati.

L’appello: “Tragica nostalgia del manicomio. Evocato il regolamento del 1909” – Contro il Ddl Zaffini è stato lanciato un appello da decine di associazioni che si occupano di salute mentale – tra cui Unasam (Unione Nazionale Associazioni per la Salute Mentale) e Club Spdc No Restraint – che ha ottenuto numerose adesioni quali Rosi Bindi, Maurizio Landini, Benedetto Saraceno, Mauro Palma, Don Virgilio Colmegna. Si denuncia “una tragica nostalgia dei manicomi” riportando la psichiatria ai tempi in cui era “controllata da Viminale e Potere giudiziario”, “sdoganando per legge misure e trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali – con modalità che evocano senza nominarlo il regolamento manicomiale del 1909 – invece di valorizzare ed estendere le pratiche di alcuni servizi che operano da tempo senza il ricorso alla contenzione”. Si denuncia come il Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio) raddoppi la durata a 15 giorni, “prolungabile” e vengano previste “non ben definite strutture idonee per l’effettuazione di osservazioni cliniche, quindi un possibile aumento del numero di servizi ospedalieri, invece di potenziare i servizi territoriali previsti dalla Legge 180”. Preoccupa infine “l’istituzione in carcere di sezioni sanitarie specialistiche psichiatriche”.

L'articolo Legati a un letto come cura: in Senato il ddl che facilita la contenzione meccanica. L’appello: “Tragica nostalgia dei manicomi” proviene da Il Fatto Quotidiano.