ru24.pro
World News in Italian
Октябрь
2024
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31

Asufc, in tre anni quasi 200 infermieri in meno. La Cgil: «Siamo vicini al collasso»

0

Dal 2021 a oggi l’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc) ha perso quasi 200 infermieri. Numeri preoccupanti, denunciati mercoledì 9 ottobre dalla Funzione pubblica Cgil in occasione dell’assemblea dei lavoratori che ha coinciso con la tappa udinese della campagna “Curiamoci di noi”, organizzata dal sindacato nazionale per discutere le criticità del servizio sanitario pubblico nell’intera regione.

«La mancanza di investimenti e il progressivo drenaggio di risorse verso il privato stanno alimentando la fuga dei professionisti dal settore, sempre più vicino al collasso», commenta Giancarlo Go, della segretaria nazionale Fp. Il principale obiettivo dell’iniziativa è sollecitare un rilancio degli investimenti sul servizio sanitario pubblico, dal rinnovo contrattuale in corso a una campagna straordinaria di assunzioni, facendo leva anche su una riforma strutturale del sistema universitario e formativo, capace di restituire attrattività al lavoro in sanità.

[[ge:gnn:messaggeroveneto:14702844]]

«La situazione in Friuli Venezia Giulia e in Asufc – spiega Andrea Traunero, segretario Fp Cgil di Udine – non si discosta da un quadro nazionale estremamente critico. Tra il 31 dicembre 2021 e il 31 agosto 2024 l’azienda friulana conta 217 dipendenti del comparto in meno tra infermieri (-177) e altri professionisti come riabilitatori e tecnici (-40)». Il calo numerico non è tuttavia l’unico problema: «Il personale rimasto è sempre più anziano e debilitato, con un tasso crescente di inidoneità per patologie legate allo stress e alle difficili condizioni di lavoro», continua Traunero.

Sulla stessa scia si pone Orietta Olivo, segretaria regionale Fp Cgil, che sottolinea in particolare l’urgenza del tema delle aggressioni a danno del personale sanitario: «Nel 2023 si sono verificati 483 episodi di violenza su medici e infermieri: le persone sono furibonde perché il sistema non sta dando le risposte che si aspetterebbero e che peraltro sarebbero previste dalla Costituzione».

Alle parole dei sindacati fanno eco le rimostranze degli operatori: Luca Pietrangeli, infermiere romano, lavora a Udine da poco meno di un anno. «Oltre alla carenza di personale, un problema da non sottovalutare sono le condizioni di sicurezza precarie in cui siamo costretti a lavorare», spiega, riferendosi in particolare ai letti in sovrannumero che vengono aggiunti in ambienti non predisposti in modo adeguato: «Nel mio reparto dovremmo avere 39 posti letto, ma viaggiamo su una media di 45. In questa situazione, anche le manovre di emergenza diventano complicate», conclude.

«Io vengo dalla realtà periferica di Cividale, dove ormai restano pochi reparti», racconta Paolo Scalon, operatore socio–sanitario. «Presto avremo otto nuovi posti letto all’hospice, ma come faremo a garantire lo stesso servizio se l’azienda non assume altri dipendenti?», si chiede. «Come dipendente ospedaliero, mi immagino sempre che potrei essere io, un giorno, in uno di quei letti. E mi spaventa il fatto che il personale debba limitarsi a fare il minimo indispensabile», conclude.

«Il problema è che queste professioni non sono più attrattive per i giovani, che si spostano dal pubblico al privato o vanno all’estero», suggerisce Claudio Di Ottavio, infermiere a Udine. Le soluzioni? «Bisogna attuare politiche salariali che avvicinino le persone a questi ruoli e poi serve una riorganizzazione dei turni, per evitare carichi eccessivi di lavoro».

Se complessivamente il numero dei dipendenti è stabile, questo è grazie alle assunzioni di Oss: «Tuttavia, nonostante la loro grande dedizione e professionalità, questi colleghi non bastano a colmare il vuoto», spiega ancora Traunero.

Oltre agli incentivi economici, anche regionali, per il sindacato servirebbero nuove regole per i corsi universitari, che fino a qualche anno fa erano molto richiesti e oggi continuano a perdere iscritti: «Solo così si potrà invertire la tendenza, restituendo attrattività, prospettive economiche e condizioni migliori di conciliazione tra vita e lavoro a tutte le professioni sanitarie».