Autonomia differenziata, dove sono i conti pubblici territoriali? A pensar male si fa peccato ma…
di Pietro Francesco Maria De Sarlo
Con l’avanzare della discussione sui referendum contro l’Autonomia Differenziata dovrebbe aumentare la trasparenza dei dati dei Conti Pubblici delle varie regioni.
Non si può ignorare il fatto che a giustificare l’Autonomia ci sia nelle regioni ricche del Nord l’idea di una contribuzione eccessiva nei confronti delle regioni del Sud. Ovviamente la pigrizia mentale di tutto il ceto politico e intellettuale italiano fa risalire il divario economico e sociale del Mezzogiorno a questioni antropologiche e indubbiamente queste ci sono perché, come diceva l’immenso Carlo Levi, c’è un complesso di inferiorità dei cittadini del Sud da attribuire a 163 anni di pubblicistica antimeridionale.
Solo questo complesso di inferiorità e l’acquiescenza storica alle ragioni del Nord del ceto dirigente meridionale giustifica l’assenza storica di ogni protesta quando le infrastrutture venivano fatte solo al Nord e di conseguenza il Mezzogiorno veniva sempre più marginalizzato, tagliato fuori dalle vie di commercio, dalla industrializzazione e condannato a vivere di rimesse degli emigranti e poi di agricoltura di sussistenza e di turismo spesso dovuto al periodico ritorno proprio degli emigrati. Questo è il vero gap antropologico tra Sud e Nord che ho potuto toccare con mano da meridionale che ha passato la propria vita lavorativa a Milano dove ho potuto verificare di persona che la classe dirigente settentrionale non si vergogna, al contrario di quella del Sud, di difendere gli interessi del proprio territorio.
Il pregiudizio nei confronti del Sud, in specie per quanto riguarda la spesa pubblica, è smontato dai dati dei Conti Pubblici Territoriali nati, su impulso dell’allora ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica Carlo Azeglio Ciampi, nel 1998 quando fu istituito il Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e di Coesione (DPS) in attuazione dell’art. 119 comma 5 della Costituzione.
Tale organismo ha subito nel tempo varie modifiche. Nel 2006 prese il nome di Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, e fu dato in avvalimento ai ministri per la Coesione Sociale. Poi il Dipartimento fu soppresso nel 2013 e le sue funzione trasferite alla Agenzia per la Coesione Territoriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
A pensar male si fa peccato ma non si sbaglia, come diceva Andreotti, ma è sospetto il fatto che i dati del sito della fu Agenzia per la coesione territoriale che riporta la spesa corrente di oltre 1.100 miliardi e altrettante entrate divise per regione siano fermi al 2021. Infatti incrociando e rielaborando i dati EASYCPT con Istat si vede che la spesa pubblica corrente pro capite per il 2021 è di 20.210€ pro capite al Nord Ovest, di 19.356 al Nord Est, di 21.440 al centro e di solo 15.347€ pro capite nel Mezzogiorno. Ancora più interessante l’indice di correlazione dei dati di spesa con il Pil che è di 0,73, che diventa di 0,8 se si considera la spesa relativa alle sole politiche di coesione sociale. Tradotto già oggi la spesa pubblica è maggiore dove maggiore è il Pil e, giornalisticamente parlando, si spende per le politiche sociali più a Via Brera a Milano che a Scampia a Napoli.
Con Decreto del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, del 10 novembre 2023 l’Agenzia per la Coesione è stata soppressa e le funzioni trasferite al Dipartimento per le politiche di Coesione e per il Sud della presidenza del Consiglio. Avevo già denunciato la scarsa trasparenza del governo su tutto il processo della Autonomia e non posso che farmi tre domande: la prima è come mai i dati del sito sui CPT non sia aggiornato con i dati 2022 e 2023; la seconda è perché sia stata soppressa l’Agenzia ma soprattutto: ci sono deputati e senatori del Sud alla Camera e al Senato che chiedano conto di tutto ciò?
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