Argentina, Milei lancia un nuovo partito mentre la sua popolarità è in picchiata. Le voci dei sostenitori: “Per cambiare ci vuole tempo”
Interrotto dalle grida “Viva la libertad, carajo” e “Que se vayan todos”, il presidente argentino Javier Milei, nella tarda serata di sabato 28 settembre, ha lanciato il partito La Libertad Avanza a livello nazionale nell’evento “Panic Show” organizzato nell’anfiteatro di Parque Lezama a Buenos Aires. Il leader di estrema destra ha dato appuntamento ai suoi sostenitori in un luogo simbolico per la sua storia politica: nel parco, situato al confine tra il quartiere di San Telmo e La Boca, nel 2021 aveva chiuso la campagna per le elezioni legislative. “È speciale avere la possibilità di incontrarci di nuovo qui dove si è svolta per la prima volta la grande impresa libertaria”, ha urlato di fronte a un pubblico che sventolava bandiere gialle con l’immagine di un leone ruggente, il simbolo che rappresenta il presidente, striscioni con la scritta “Las fuerzas del cielo” e bandiere dell’Argentina.
“Siete leoni che non hanno voluto essere sacrificati sull’altare della giustizia sociale”, ha aggiunto. Mentre il livello di povertà nel Paese aumenta e l’inflazione su base annuale è al 236,7%, Milei ha tenuto il suo discorso, pieno di insulti e toni accesi, definendo il suo come “il governo migliore della storia”: ha detto di essere un difensore del peso e che i salari aumenteranno, ha insultato i giornalisti affermando che bisogna “coprire” la loro faccia e bocca, e ha criticato “la casta putrefatta”, l’espressione usata per indicare tutti i suoi avversari politici e squalificarli. Il principale bersaglio è stato il kirchnerismo e Cristina Kirchner. “Cristina in prigione, Cristina in prigione” ha gridato il pubblico, mentre Milei rideva e rispondeva “Signori giudici, al telefono”.
Per la prima volta dallo scorso maggio, quando aveva presentato il suo libro “Capitalismo, socialismo y la trampa neoclasica” in un Luna Park e si era esibito cantando una canzone del gruppo musicale La Renga, Milei è tornato agli elettori per rafforzare la sua base, soprattutto in vista delle elezioni legislative del 2025 e delle prossime presidenziali. Nel 2023 Milei non aveva un proprio partito né una vera organizzazione territoriale o numeri sufficienti per riuscire a formare da solo un governo: attraverso negoziati che si erano rivelati molto difficili, aveva dovuto creare alleanze per potere formare l’esecutivo. Oggi con il lancio formale di La Libertad Avanza come partito a livello nazionale, presieduto dalla sorella e consigliera Karina Milei, l’obiettivo è non dipendere più da coalizioni esterne.
“Per il prossimo anno, riusciremo ad avere i numeri contando sulle nostre forze. Milei rappresenta la possibilità del cambiamento. Lo seguo dall’inizio della sua carriera, quando eravamo in pochi. Adesso invece guarda quanti siamo”, afferma Beatrice, pensionata 66enne avvolta in una bandiera, indicando le persone sedute sugli spalti dell’anfiteatro, dove i sostenitori di Milei sono iniziati ad arrivare lentamente dal primo pomeriggio, che fa fatica a riempirsi. “Chi è venuto qui è sicuro che la situazione migliorerà, anche se ancora ci vuole tempo”, aggiunge mentre alle sue spalle un uomo sventola una bandiera con un dollaro gigante con la faccia del presidente. Javier, 16 anni, lo ha scoperto quando era un personaggio solito agli show televisivi e poi ha iniziato a seguirlo sui social. “Tutta la mia famiglia lo apprezza. Io sono appassionato di scienza politica e trovo le sue proposte interessanti. Sta facendo parlare di noi nel mondo”.
Se l’area attorno al palco è riempita dai sostenitori, stando agli ultimi sondaggi realizzati dalla società di consulenza Circuitos la popolarità del presidente è scesa di oltre dieci punti dallo scorso marzo. Il comizio del leader ultraliberista avviene in un momento estremamente difficile. Milei è stato criticato per avere messo il veto sulla legge che avrebbe aumentato la pensione minima e le manifestazioni di protesta dei pensionati sono state represse con violenza. Nella capitale mercoledì 2 ottobre si terrà una marcia nazionale degli studenti universitari contro i tagli all’istruzione pubblica e contro il possibile veto, annunciato da Milei, alla legge che aumenterebbe i finanziamenti all’università. Il panorama è diventato più turbolento nelle ultime settimane anche perché il leon, a Cordoba per controllare la gestione degli incendi che hanno devastato la provincia, non è andato a supportare le squadre dei pompieri che lo hanno aspettato invano. E non mancano crepe all’interno del governo: la vice Victoria Villaruel ha mostrato divergenze con il presidente per la riapertura del dialogo con il Regno Unito sulle Isole Malvinas e non ha preso parte all’evento a Parque Lezama che avrebbe dovuto trasmettere un’immagine di unità.
“Milei non ha peli sulla lingua. Può capitare che faccia cose che non piacciono a tutti, rientra nel suo personaggio”, commenta Federico che ha allestito un banchetto dove vende merchandising come cappelli, bandiere e magliette con la scritta “Milei presidente” che anche lui indossa. Ha 68 anni, ha sempre fatto lavori informali e negli anni passati aveva votato Cristina Kirchner. “Ha vinto perché la gente è stanca della casta. Rimpicciolire lo Stato, come afferma il presidente, significa combattere la corruzione”, conclude. Per Joaquin, lavoratore autonomo 28enne venuto da una città a 300 km di distanza da Buenos Aires, limitare la presenza dalla macchina statale porterà a “implementare il libero mercato e le possibilità di fare impresa”. Anche se, ammette, la sua situazione economica non è migliorata da quando Milei è presidente, pensa che “i salari aumenteranno”.
La riduzione dello Stato e dei ministeri, e i continui tagli alle politiche pubbliche sono stati indicati dal presidente come i presunti “risultati” raggiunti dal governo. Gli effetti di queste scelte non hanno tardato a farsi vedere: le organizzazioni sociali in difesa delle persone con vulnerabilità denunciano una drammatica mancanza di risorse che mette a rischio la possibilità di continuare a lavorare, le mense popolari non ricevono più forniture e, secondo recenti dati dell’Indec, oggi più della metà degli argentini è povero. È il dato più alto degli ultimi venti anni.
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