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Сентябрь
2024

Telmo Pievani a Trieste Next: «Il possibile è sempre più ampio del reale»

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«Il possibile è molto più grande del reale». Sabato al teatro Miela alle 12, il filosofo Telmo Pievani parlerà – tra le altre cose – del suo ultimo libro “Tutti i mondi possibili”, dedicato alla figura della ricercatrice premio Nobel per la chimica Frances Arnold, autrice di un rivoluzionario metodo per l’evoluzione guidata di proteina che la natura non ha ancora scoperto. L’incontro, moderato dal giornalista Oscar D’Agostino, è parte di Trieste Next, il festival della ricerca scientifica promosso quest’anno anche da Nord Est Multimedia (Nem), il gruppo che edita Il Piccolo (il programma completo lo trovate qui).

Professore, quali sono “i mondi possibili” di Arnold?

«È una storia molto bella che parla di una scoperta nata leggendo un capolavoro della letteratura, “La biblioteca di Babele” di Jorge Luis Borges. Il racconto è basato su un gioco combinatorio immaginato da Borges nel 1941, una biblioteca contenente tutti i libri possibili sulla base delle combinazioni di lettere. L’idea sedimenta in Arnold dopo la lettura e la scintilla arriva quando legge di una biblioteca analoga, ma fatta di proteine, e inventa una tecnica per navigarla. Parliamo di una donna ingegnera, una delle prime a Princeton, e non è stata ascoltata per 25 anni: è rimasta precaria per due decadi, ha avuto una posizione solo nel 2000, poi infine la sua scoperta e il Nobel per la chimica. È un aspetto narrativo che mi piaceva raccontare».

Perché non l’ascoltavano?

«Perché tutti dicevano “se una proteina non esiste vuol dire che è impossibile”. È l’idea che la natura sia perfetta in sé, già sviluppata e ottimizzata in tutto. Una visione che io contesto. Arnold fa una scommessa: devono esserci alcune proteine non ancora scoperte dall’evoluzione che possiamo scoprire noi in laboratorio. La scommessa era azzeccata, dimostrando che il possibile è molto più grande del reale. Questo vale per le proteine, come per gli animali e le piante. Tutto quanto».

Cosa dice sulle nostre singole vite di umani una simile scoperta?

«Proprio che il possibile è sempre più ampio di quanto lo immaginiamo. Nel libro parlo del concetto del “possibile adiacente”: se prendo una proteina in un dato momento, tutt’attorno c’è l’arco di tutte le possibili proteine che distano una sola mutazione. Questo è, in sostanza: l’insieme di tutti i possibili vicini a un momento reale. È una bella metafora anche per la nostra vita: ogni momento reale è circondato da una serie di possibilità che spesso non vediamo. Come diceva Calvino, quando fai una scelta elimini tutti gli altri mondi possibili, che non si realizzeranno più: ai narratori, per lo scrittore, sta il privilegio di inventare anche gli altri mondi e le altre vite che abbiamo scartato».

Quali sono le ripercussioni sulla ricerca del lavoro di Arnold?

«A Trieste l’incontro è sostenuto da Airc, l’associazione di ricerca sui tumori con cui collaboro da molto tempo. A loro preme sottolineare il tema della ricerca di base, ovvero il fatto che nella scienza non bisogna sempre aspettarsi una specifica applicazione terapeutica o tecnologica, ma finanziare la ricerca di base, fondata sulla curiosità per il funzionamento dei meccanismi biologici.

La ricerca di Arnold è nata senza avere prevedibili ambizioni applicative, lo stesso concetto della biblioteca di Babele è astratto. Poi è successo però che, tra gli enzimi da lei scoperti a partire dai primi anni Duemila, uno riesce a unire carbonio e silicio, cosa che nessun enzima fa in natura. Altri sintetizzano farmaci, vaccini, perfino detersivi, vernici e cosmetici senza usare metalli pesanti. È la dimostrazione del fatto che rispondendo a una domanda teorica sulla base della curiosità poi si scoprono cose che hanno implicazioni pazzesche. Una scelta incredibile di Frances è stata quella di non brevettare la sua tecnologia, cosa che l’avrebbe resa miliardaria. Quando le hanno chiesto il perché del gesto, ha risposto: “Io non ho fatto niente, ho solo copiato l’evoluzione, date i diritti a Charles Darwin”».

E la ricerca in Italia come sta?

«È un momento molto particolare. C’è stato un aumento di fondi mai visto con il Pnrr, che sta dando i suoi risultati perché nella ricerca noi siamo fortissimi. Preoccupa però che a fine 2025 questi fondi finiranno, e per allora si profilano pure tagli ulteriori ai fondi ordinari, e noi abbiamo migliaia di ricercatori a tempo determinato che arriveranno a fine contratto: ci sarà un collo di bottiglia pazzesco. La politica deve avere la lungimiranza di capire che quanto seminato in questi tre anni va coltivato: altrimenti ci sarà un tracollo e per l’ennesima volta i nostri ragazzi andranno all’estero a rendere ricche altre nazioni. Formiamo benissimo i giovani per 15 anni e poi li regaliamo alla Francia, all’Inghilterra, alla Germania. Lo dico sempre, siamo un Paese generoso». —

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