Uccise una ragazza in riva al Piave, i giudici: «Biscaro era consapevole»
Fabrizio Biscaro era consapevole quando uccise Elisa Campeol.
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, si evidenzia come le sue dichiarazioni in cui sosteneva che era stato “Spinto da delle voci” a commettere il delitto, erano frutto di ricordi di altri pazienti in cura, come lui, al centro di salute mentale dell'Ulss 2.
Lo scorso febbraio il 37enne era stato condannato a 25 anni di reclusione, per aver accoltellato e massacrato Elisa Campeol, 35enne barista pievigina. Il terribile omicidio si consumò nel giugno 2021, un femminicidio che sconvolse non solo la Marca.
Una donna scelta a caso sul greto del Piave, mentre stava prendendo il sole all'Isola dei morti a Moriago, uccisa con trenta coltellate. Biscaro stesso agli inquirenti aveva riferito di aveva ucciso la prima persona che aveva incontrato. Dopo l'assassinio, ancora sporco di sangue, andò alla caserma dei carabinieri di Valdobbiadene consegnando l'arma del delitto, oltre a una “prova tangibile”.
La capacità di intendere e volere dell'operaio di Col San Martino sarà probabilmente un cardine del processo davanti alla Corte d'appello.
Già in primo grado si era assistito a uno scontro di perizie. Due psichiatri, il primo incaricato dal giudice per le indagini preliminari, l'altro dalla Corte d'assise, erano arrivati a conclusioni opposte sulla sua capacità di intendere e volere. L'accusa aveva chiesto l'ergastolo, la difesa l'assoluzione e la cura in un Rems, le strutture per le persone affette da disturbi mentali.
I giudici del primo grado avevano condannato Fabrizio Biscaro a 25 anni, accogliendo la superperizia che stabiliva come fosse lucido, o almeno consapevole, quando aveva ucciso. Le “voci” e “presenze” che l'omicida aveva riferito come impulso irrefrenabile, secondo la perizia, derivavano da quando aveva sentito da altre persone in cura al Centro di salute mentale di Pieve di Soligo. Il superperito era il responsabile dello stesso centro.
Biscaro, un passato difficile in famiglia, venne ricoverato in psichiatria all'ospedale di Conegliano quando aveva 32 anni. Seguì un percorso nel Csm, dove incontrò diversi psichiatri finché nel gennaio 2021 firmò la liberatoria per lasciare la struttura. Cinque mesi dopo, l'omicidio sul greto del fiume Piave.
La data del processo d'Appello ancora non è stata stabilita. É possibile che venga richiesta in quella sede una nuova perizia psichiatrica.