Velista disperso nell’Atlantico da sei anni, spunta un testimone mai sentito
«In questi sei anni la famiglia di Antonio Voinea ha sempre e solo espresso un unico desiderio di verità»: a dirlo è l’avvocato Aldo Niccolini che ricorda l’impegno dei genitori e della sorella del marinaio scomparso nell’oceano Atlantico in barca a vela. «In tutti questi anni», aggiunge, «i familiari non hanno mai taciuto nulla e hanno sempre chiesto che sull’intera vicenda sia fatta piena luce».
Dal 2 maggio 2018, giorno in cui si sono perse le tracce del marinaio 31enne, che stava attraversando l’oceano in barca a vela insieme allo skipper spezzino Aldo Revello, la famiglia Voinea non ha fatto che cercare delle risposte ai troppi interrogativi su una vicenda dai contorni poco chiari, non si è mai arresa di fronte ai silenzi, all’omertà e alle troppe contraddizioni intorno al misterioso naufragio. Hanno chiesto l’aiuto di avvocati e di un’agenzia di investigazioni, si sono messi a disposizione dell’autorità giudiziaria fornendo tutti gli elementi di cui erano a conoscenza. Ora il Tribunale di Roma, respingendo la richiesta di archiviazione, concede altri sei mesi alle indagini, durante i quali potrebbero emergere altre novità, altri dettagli su una storia dai contorni poco chiari.
[[ge:gnn:mattinopadova:14665445]]
In queste settimane la Procura raccoglierà nuove testimonianze, a partire dai familiari e dalle persone coinvolte nella vicenda e nella ricerca di una risposta. Questo perché, come riporta l’ordinanza del Gip di Roma, sono «suscettibili di approfondimento investigativo alcuni elementi probatori che mettono in dubbio la sussistenza del naufragio». Quella del naufragio, quindi dell’incidente, è stata l’unica ipotesi seguita fin dai giorni successivi alla scomparsa dell’imbarcazione e in tutti questi anni. Eppure, spiega chi se ne intende di navigazione, è una tesi che fa acqua da tutte le parti.
La barca a vela “Bright” quel giorno stava navigando in acque tranquille e in condizioni meteo ottimali, eppure è stato captato un unico messaggio di Sos dal sistema di allarme di bordo, che invece dovrebbe continuare a trasmettere anche durante l’affondamento. Nel punto della scomparsa, poi, un tratto di oceano molto frequentato da imbarcazioni di ogni genere, non è stato trovato alcun segno del naufragio, nessuna relitto o anche piccola traccia dell’imbarcazione. «Le persone che vanno per mare», è la voce che è girata con insistenza, «lo vedono come uno dei naufragi più inverosimili di cui si sia sentito parlare». Nei mesi successivi è emersa l’ipotesi di uno speronamento da parte di una nave cargo, indicata nel dettaglio da una segnalazione anonima, ma i riscontri non hanno portato a nulla di concreto.
Nel corso delle indagini sono emersi invece altri elementi che ora saranno presi in esame dalla Procura. La fattura di noleggio di un’auto all’aeroporto di Lisbona, intestata ad Antonio e spedita alla sua mail personale, ma anche la scoperta che la “Bright” non è mai stata cancellata dai registri nautici. Oppure il ruolo del terzo passeggero, un italiano che ha fatto il viaggio di ritorno ed è sceso alle Isole Azzorre, qualche giorno prima della scomparsa dell’imbarcazione. Questa persona non è mai stata sentita.