La svolta della Caritas di Trieste sulla mensa: il ramo d’azienda verso la cessione
La Fondazione diocesana Caritas Trieste onlus sta facendo i primi passi per esternalizzare il servizio della sua mensa di via dell’Istria. «Siamo in una fase di valutazione», ammette padre Giovanni La Manna, il direttore della Caritas che evidenzia come «le difficoltà della Caritas sono note, e in questo contesto bisogna governare le situazioni».
La Manna reputa che «affidare la gestione della mensa a dei professionisti, tutela la Fondazione nell’erogazione del servizio in tutti i suoi aspetti. E poi serve anche una razionalizzazione delle risorse economiche e di quelle umane». Insomma, la Caritas per poter continuare a dare risposte alle tante richieste di aiuto, deve efficientare i suoi servizi.
Va considerato come oggi gestire una realtà di ristorazione collettiva da circa 600 pasti al giorno, come è appunto la mensa della Caritas – in passato si sono toccate punte anche di 1.200 pasti al giorno – non sia cosa semplice, tra normative in materia di igiene e sicurezza, formazione aggiornata del personale e gestione della materia prima.
Fino ad oggi la Fondazione Caritas aveva sempre agito in proprio, assumendo direttamente il personale e amministrando la struttura in autonomia. Ora, affidandosi a uno studio di consulenti del lavoro, sta avviando un confronto con una società di ampia esperienza nella ristorazione collettiva, con la quale ha già un rapporto in quanto si occupa del servizio mensa nelle residenze per anziani della Diocesi. Una delle ipotesi è la cessione del ramo di azienda.
Ma la formula da adottare è in fase di studio ed è anche sottoposta a una valutazione della Prefettura, visto che l’erogazione dei pasti rientra nei servizi dell’appalto per l’accoglienza ai richiedenti asilo. «Le condizioni che abbiamo posto – precisa La Manna – sono che nessuna delle persone oggi impegnate nel servizio perda il posto di lavoro, con lo stesso contratto e lo stesso trattamento economico, e che possa continuare ad esserci quella forma di volontariato da sempre preziosa».
In forza al servizio, tra preparazione, erogazione al banco e consegna dei pasti, ci sono una ventina di lavoratori: alcuni con contratto a tempo indeterminato, altri determinato e altri a chiamata. Il direttore assicura che «cambierà solo l’etichetta: non ci sarà il nome Caritas ma quello dell’azienda, e anche per gli utenti non cambierà nulla. Anzi, dove è possibile, ci auguriamo il sistema possa essere reso ancora più efficiente».
Nei giorni scorsi La Manna ha incontrato i dipendenti per spiegare loro direttamente l’operazione. «È un servizio prioritario – valuta il direttore – non si fanno queste operazioni a cuor leggero, ma la Caritas va tenuta in piedi. So bene cosa significhi un licenziamento, l’ho pagato sulla mia pelle, quindi per me è fondamentale, rispettando ciò che è previsto dalla legge, che vengano garantiti tutti i posti di lavoro».
Malgrado le rassicurazioni, i lavoratori sono preoccupati e hanno allertato i sindacati. «Prima della questione tecnico legale – così Massimiliano Generutti dell’esecutivo lavoro privato dell’Usb – va affrontata quella morale e umana: dare in mano alle multinazionali il servizio mensa che sfama i poveri ci sembra una contraddizione, ma siamo in una fase interlocutoria, il 2 ottobre incontreremo il vescovo, e in quella sede chiederemo che l’operazione venga sospesa, anzi annullata, affinché l’attenzione per i più deboli venga mantenuta».
Per il sindacalista «il passaggio a una multinazionale anche di soggetti che per la loro fragilità hanno trovato una soluzione lavorativa alla Caritas, farà fare a questi lavoratori i conti con le regole spietate del mercato, con il rischio un domani di trovarli in quella mensa come utenti e non più come operatori». —
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