Scontri tra ultras per Padova-Catania: un’assoluzione, in due messi alla prova
Assoluzione perché il fatto non sussiste per un ultras del Catania, uno dei tre arrestati in seguito all’invasione di campo avvenuta il 19 marzo scorso allo stadio Euganeo durante la partita tra Padova e Catania. I tre erano poi stati rilasciati con misure più lievi.
Vincenzo Mammone, 40enne catanese residente a Edimburgo in Scozia e arrivato nella città del Santo per seguire la sua squadra del cuore, ha chiesto e ottenuto di essere giudicato con rito abbreviato ed è stato assolto perché non è stato provato il dolo nella resistenza.
Quando è stato bloccato dalle forze dell’ordine si è divincolato: un fatto deprecabile, ma che non è stato riconosciuto come reato. È emerso in aula inoltre come non avrebbe agito su coinvolgimento del gruppo di ultras, visto che era arrivato allo stadio per seguire solo quella partita.
Il 40enne Giuseppe Cassone (avvocato Pietro Masutti), ritenuto l’assaltatore che ha dato il via agli scontri, e Valentino Fabio Palermo, 45enne, hanno presentato la richiesta di messa alla prova in un’associazione di volontariato catanese.
Il primo dovrà quindi fare dei lavori socialmente utili ed è stata fissata al 7 maggio prossimo l’udienza per verificare che li abbia fatti per sancire l’estinzione del reato. Per Palermo è stato deciso il rinvio al prossimo 11 dicembre, per l’acquisizione del programma di messa alla prova.
Pesanti i reati di cui il terzetto era chiamato a rispondere: resistenza a pubblico ufficiale con l’aggravante di aver commesso il fatto con più di dieci persone e l’invasione del campo di gioco (un reato specifico previsto dalla legge 401 del 1989). Per di più Cassone (con precedenti penali insieme a Palermo) quando è stato fermato da tre agenti, che hanno faticato non poco per immobilizzarlo, teneva stretta fra le mani una cinghia di cuoio lunga un metro e 20 centimetri, con borchie di metallo.
La finale di Coppia Italia Padova-Catania è stata tra le più difficili degli ultimi anni. Otto poliziotti sono stati feriti in modo leggero: quattro della Digos e altrettanti del reparto Mobile. Inoltre il primo dirigente responsabile dell’ordine pubblico ha accusato un malore ed è finito in ospedale.
All’indomani dei fatti il questore Marco Odorisio aveva avuto parole d’elogio per i supporter del Padova per non aver reagito alle provocazioni.
Quella sera erano venti gli steward in curva Nord, dove c’erano i tifosi ospiti, ma il portone in vetro che divideva gli ospiti dagli altri settori e dal campo doveva essere chiuso a chiave e invece era aperto. Dalle immagini delle telecamere si vede che un tifoso lo scavalca, lo spalanca e fa passare gli altri 60 ultras che sfilano alla spicciolata lanciando petardi e fumogeni verso la curva Fattori, quella dei tifosi biancoscudati.
L’azione degli steward risulta inadeguata e tardiva. Quando in pochi minuti arriva la polizia, rispedisce tutti gli ultras etnei nel settore a loro destinato, con alcune cariche. Nel frattempo i catanesi rubano uno striscione ai padovani e cercano lo scontro.
Nei giorni successivi c’è anche la polemica su come siano entrati i petardi allo stadio. Il controllo avviene sempre ad opera degli steward, sotto la supervisione dei poliziotti. Ma spesso c’è chi nasconde petardi anche sotto i vestiti. I tifosi del Catania avevano già creato problemi nel treno che li aveva portati a Padova, ma non c’erano stati contatti tra le due tifoserie.
La stessa sera della partita, alla stazione di Padova, in occasione della ripartenza degli ultras catanesi, sono stati fatti nuovi controlli con sequestri di decine di aste non regolamentari e numerosi fumogeni e petardi. Ora il processo penale per tre supporter si sta chiudendo come detto, anche se va ricordato come ai catanesi siano stati comminati 31 provvedimenti di Daspo.