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Сентябрь
2024

Marilena Iorio: «Studiamo i microRna per trovare una terapia in grado di sconfiggere il tumore al seno»

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Dall’inizio della sua carriera si occupa del ruolo dei microRna nei tumori: queste piccole sequenze di acidi nucleici funzionano come degli interruttori, che possono favorire o inibire la proliferazione di cellule tumorali. I suoi studi l’hanno portata, a soli 25 anni e dopo una laurea in Biotecnologie con una tesi sperimentale sul tumore al seno, a Philadelphia, nel laboratorio del professor Carlo Maria Croce, il primo che, all’inizio del 2004, è riuscito a rintracciare nei tumori solidi le “firme” del miRna.

Marilena Iorio si è trovata nel posto giusto al momento giusto: la sua strada da ricercatrice era tracciata, ma per tornare a lavorare in Italia è servito un finanziamento di Fondazione Airc, come nel caso di altri suoi colleghi di grande talento emigrati all’estero. Oggi dirige un team di ricerca focalizzato sullo studio dei miRna nel tumore al seno presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: studia i tumori più cattivi, i tripli negativi, i più difficili da trattare.

«Sono vent’anni che studiamo i miRna come terapia e non siamo ancora riusciti a portarli alla clinica: danno grossi problemi di tossicità, perciò dobbiamo riuscire a ottimizzare le nanoparticelle che li veicolano per farli arrivare direttamente al tumore – spiega Iorio –. Ma io continuo a crederci: la perseveranza è essenziale in questo lavoro, bisogna ripartire dai fallimenti per migliorarsi».

Cosa sono i microRna?

«Sono dei regolatori dell’espressione genica, che non codificano proteine ma possono favorire la proliferazione cellulare o inibirla. Nei tumori sono alterati, come altri geni. Per anni abbiamo cercato di dare un’identità a queste molecole, numerandole: oggi ne conosciamo migliaia e alcune sono famose, perché sappiamo come agiscono».

Come possono essere impiegate nel caso di un tumore al seno?

«Possono essere usate come biomarcatori, in due modi differenti. Per ottimizzare la diagnosi precoce: con un esame del sangue mirato possiamo rilevarne livelli alterati e ciò può indicare la presenza di un tumore. Noi stiamo ancora studiando quest’applicazione, ma per il cancro al polmone è già realtà. Ma possiamo anche usarli per predire la risposta di un paziente a una determinata terapia. Oppure, ma questo è l’aspetto più difficile, usarli come terapia, incapsulandoli in nanoparticelle che li veicolino direttamente al tumore: su questo fronte dovremo ancora studiare molto, perché le terapie a base di miRna presentano rilevanti problemi di tossicità».

Quali sono le tecnologie che in questi vent’anni hanno cambiato faccia alla sua ricerca?

«Il Next generation sequencing è stata una rivoluzione: oggi possiamo sequenziare tutte le molecole espresse da un tumore e la risoluzione arriva a livello della singola cellula. In più con la transcrittomica spaziale possiamo avere un’idea di dove sono espresse determinate molecole. Sono tecnologie meravigliose, ma molto costose: anche per questo è fondamentale che la ricerca sia ben finanziata».

E big data e intelligenza artificiale?

«Grazie a queste tecnologie abbiamo una montagna di dati che si possono analizzare: l’intelligenza artificiale ci aiuta a integrarli, per esempio per la creazione di modelli predittivi, o, nell’ambito dell’imaging, potrebbe supportare il radiologo nell’analisi dei dati e nella diagnosi. Infine ci sono le nanoparticelle per la veicolazione dei miRna, su cui si sta tuttora lavorando moltissimo». —

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