Macugnaga, cuore della cultura Walser
Per Maria Roberta Schranz -per tutti “Beba”- «Macugnaga non rappresenta un “supermercato” della neve, ma una “boutique” della vacanza». È sicuramente questo il modo migliore per presentare e descrivere il piccolo villaggio piemontese di poco più di 500 abitanti fondato dai Walser (antichi colonizzatori alemanni) nel 1256 e gelosamente protetto dall’imponente parete est del Monte Rosa, quella più “Himalayana” delle Alpi, a causa del suo vertiginoso dislivello e della notevole estensione. Sport, cultura, natura e tradizioni gelosamente conservate, ad appena 140 chilometri da Milano, 90 da Varese, 105 da Novara, 180 da Torino, 270 da Genova.
“Beba”, Schranz, rappresenta la storia contemporanea dello sci di questo piccolo gioiello Walser ai piedi della parete est del Monte Rosa. Una storia che dai campetti per principianti la trasferisce, ad appena quindici anni, nella nazionale di sci alpino, per cinque stagioni: prima nella squadra B con la quale partecipò alle gare del circuito di Coppa Europa, vincendo il titolo continentale juniores di slalom speciale, poi nella squadra A, dove, in Coppa del Mondo, si cimentò in tutte e tre le tradizionali discipline, lo speciale il gigante e la libera. E le cronache sportive nazionali non potevano non incrociarla nel 1970 durante i Campionati del Mondo di Sci Alpino in Val Gardena.
Siamo agli albori della “Valanga rosa”!
«Conquistai gli Europei Juniores in Jugoslavia, partecipai ai Mondiali in Val Gardena con una frattura non saldata al perone e poco dopo l’operazione ai crociati, ottenni un ottavo posto in Coppa del mondo in slalom a Oberstaufen (Germania). Ma dopo soli 5 anni mi ritirai dall'attività agonistica proprio durante le Olimpiadi di Sapporo, in Giappone, nel 1972 dove, pur avendone il punteggio, non ho potuto partecipare in quanto il Coni non aveva iscritto la squadra femminile! Ritenni quel fatto una insopportabile ingiustizia, e così a venti anni appena decisi di ritirarmi dalle competizioni!»
Proprio voi donne subiste una grande ingiustizia, e lei rispose a questa delusione attaccando gli sci al chiodo.
«Delusione amara per una che all’epoca non aveva compiuto neanche vent’anni! La nostra squadra aveva raggiunto gli obiettivi indicati dal direttore tecnico Jean Vuarnet, necessari per accedere alle Olimpiadi di Sapporo ’72, ma fummo escluse praticamente ad un passo dal sogno. Mancava poco al mio compleanno, il 22 dicembre del 1972, e il Coni mi inviò una lettera con gli auguri e con parole che facevano ben sperare per la nostra partecipazione ai Giochi di Sapporo, anche perchè i risultati li avevo tutti messi in cantiere. Immaginate la mia felicità! Poi, all’improvviso, la doccia fredda: ci comunicarono che non avremmo preso parte alla kermesse olimpica, mentre il biglietto per Sapporo lo staccarono solo i ragazzi della “Valanga azzurra”
E come reagì quella ventenne di Macugnaga? .
«Il moto di ribellione interna mi portò a gareggiare solo un’altra volta in Francia per contribuire con il mio punteggio a una collega di squadra. Nel successivo giugno del ‘72 affrontai l’esame per diventare maestra, e poi dimenticai gli sci per due anni…».
Beh, intanto ti saresti dedicata alla tua Macugnaga, una delle capitali dello sci italiano
«Macugnaga è un piccolo gioiello paesaggistico e credo, in cinquant’anni di aver cercato di restituire alla mia comunità quanto ne avevo ottenuto precedentemente. Non grandi comprensori collegati sci ai piedi -come si usa dire oggi- ma piuttosto due piccoli caroselli dove poter sciare in tranquillità con panorami mozzafiato. I principianti possono cominciare con i maestri delle scuole di sci Macugnaga e Monte Rosa, sui tapis roulant, poi possono passare alle piste blu di Pecetto dove una seggiovia sale fino all’alpe Burki a quota 1700. Gli sciatori intermedi possono salire al Belvedere, 2000 metri, dove le piste sono un po’ più impegnative e lo spettacolo del ghiacciaio e della soprastante parete est del Monte Rosa, 4633 metri, sono davvero emozionanti. La “Belvedere” e la “Ruonograbe” sono due belle rosse lunghe più di tre chilometri».
Beh, la scelta ci appare per tutti i palati, per tutte le capacità…
«Sul lato più soleggiato della valle si sviluppano le piste del Monte Moro, 2989 metri, alle quali si accede con due funivie. Lo skilift “San Pietro” permette di sciare su una pista facile e anche di utilizzare le attrezzature per lo snowboard: half-pipe, trampolini con inclinazioni diverse e musica per i giovani. Gli stessi giovani che dopo aver sciato o surfato si ritrovano la sera per un aperitivo o ad ascoltare un po’ di musica. In questo comprensorio ci si può divertire anche sulle piste del “Lago” e del “Ruppestein”, due rosse servite da una seggiovia biposto. Sicuramente, però, le due piste più belle di Macugnaga sono quelle che scendono per sette chilometri fino all’Alpe Bill: la “classica” pista del Monte Moro e quella della “Meccia”».
Non mancano altre “specialità”…
«Chi pratica lo sci di fondo ha a disposizione l’anello delle frazioni che attraversa tutto il paese, da Borca a Pecetto tra boschi di conifere, tradizionali case Walser e timidi caprioli per oltre 13 chilometri. Con le racchette da neve è possibile invece passeggiare in valle Quarazza fino al “Lago delle Fate” e oltre, al confine con la Val Sesia. L’ambiente ancora selvaggio emoziona e fa rivivere sensazioni da vecchio west. Ma si può anche pattinare sulla scenografica pista di ghiaccio di Pecetto oppure slittare nelle piste preparate sotto la seggiovia».
Insomma tanto divertimento sulla soffice coltre bianca, senza la folla dei grandi comprensori.
«Macugnaga però non è solo sci, ma anche gite in motoslitta, arrampicate su ghiaccio, trekking, nella stagione invernale, in estate invece tennis, freeclimbing, passeggiate a cavallo, parapendio, scuola di calcio, scuola di tennis, campo pratica di golf e tanto relax nel Centro Benessere vicino alla Chiesa Parrocchiale. Un paese dove a fine giornata ci si incontra nei piacevoli ristorantini e bar per far due chiacchere e dove i bambini possono giocare liberamente senza l’ansia delle macchine».
Non dimentichiamo la storia! Siamo nel cuore della cultura Walser…
«Macugnaga è anche un distillato di questa storica tradizione. Il primo villaggio fondato dai Walser intorno al 1256 è stato il “Dorf” adesso chiamato Chiesa Vecchia dove oltre alla vecchia chiesa intitolata al Nome di Maria e attorniata dal piccolo cimitero ci sono ancora le antiche baite di legno e pietra e il vecchio tiglio secolare, con un diametro di circa sette metri, che la Regione Piemonte ha ritenuto opportuno tutelare dichiarandolo “pianta monumentale”. Il Vecchio Tiglio (Alte Lindebaum, nell’antica lingua Walser, il Titsch) è lo scrigno delle leggende della cultura Walser. Un luogo suggestivo e affascinante il Dorf da dove l’antica storia dei Walser di Macugnaga è cominciata».
(MARIA ROBERTA SCHARNZ)
Un museo ricorda questa lunga tradizione.
«A Borca, una delle dieci frazioni che compongono Macugnaga, c’è il Museo Casa Walser, una vecchia casa del 1600 dall’architettura a “blockbau” perfettamente ristrutturata nella quale, con una visita guidata, è possibile scoprire un po’ di questo affascinante mondo che già nel lontano 999 aveva dei legami con la vicina zona insubrica (Varese-Milano). Macugnaga, infatti, era un alpeggio della chiesa Pievana di Brebbia (Varese) e l’arcivescovo di Milano, che amministrava i beni della chiesa di Brebbia in quell’anno, cedette l’alpe in permuta al monastero di San Graciniano di Arona. La pergamena di questa permuta costituisce la più antica testimonianza scritta di alpeggi d’alta quota dell’intero arco alpino».
Con aspetti singolari della vostra storia…
«Fu poi nel 1256 che l’abate di Arona investì dell’alpe di Macugnaga Guidotto Visconti il quale come “avogadro” (ufficio tipico dell’aristocrazia locale che prosperava attorno ai monasteri) fu incaricato di percepire la “spectantiam” , ovvero il canone dei contratti agrari».
Addirittura non vi fate mancare neanche una miniera doro!
«Sempre a Borca c’è anche la miniera d’oro della Guia, chiusa definitivamente nel 1961, oggi visitabile accompagnati da una guida. Sembra che i primi a estrarre l’oro dal territorio dell’alta Valle Anzasca furono i Romani, ma fu tra il ‘700 e il ‘800 che scoppiò una vera e propria corsa all’oro e la valle conobbe una nuova colonizzazione, ma questa volta non attraverso il passo del Monte Moro come per quella Walser, ma dal fondovalle. Lo sfruttamento fu molto intenso. L’oro si trovava in pepite, ma era presente anche come impurità nei minerali di pirite e quarzo.
Un toccasana per l’economia locale…
«Per arrotondare le magre entrate le famiglie trituravano il minerale grezzo presente in vene abbandonate fino a ridurlo in pasta usando poi i “molinetti ad acqua” per lavarlo. Amalgamavano le pagliuzze d’oro con il mercurio, allora conosciuto come “argento vivo” per ottenere l’impasto che poi fondevano. Ci furono anni tra il 1937 e il 1945 con estrazione fino a 40 tonnellate di minerale grezzo per una produzione di 408 chili di oro puro».
Ecco la Beba, ambasciatrice di Macugnaga e della sua secolare storia…
«Mi interesso di cultura Walser e da trent’anni organizzo la Fiera di San Bernardo a Macugnaga, una fiera le cui origini risalgono alla fondazione del villaggio introno al 1250 circa. Ho scritto di Walser in tre pubblicazioni: “Le Comunità Linguistiche Walser del Piemonte”, “L’antichissima Fiera di Macugnaga” e “Il Costume Walser di Macugnaga”. Ho scritto due libri di fiabe i cui protagonisti sono i Götwiarchjini, i piccoli gnomi con i piedini girati all’indietro, che popolano le favole dei bambini Walser di Macugnaga. Nel tempo libero, a Macugnaga, continuo a fare la maestra di sci, protetta dall’imponente parete est del Monte Rosa, quella più “Himalayana” delle Alpi…»