Opera in tre Atti | I movimenti di Empoli-Juve
Andante
Imbattuti dopo quattro gare. Sei punti all’attivo. Nel mezzo la Juventus e le due trasferte di Roma e Bologna per un calendario nel quale il rischio della partenza a handicap era oggettivamente dietro l’angolo. L’Empoli è uscito come meglio non si sarebbe potuto da un primo di ciclo di gare ad alto coefficiente di difficoltà. Quelle difficoltà che hanno però incontrato gli avversari, mentre i ragazzi di Roberto li sorprendevano a suon di organizzazione difensiva, equilibrio tattico e fraseggio di qualità. Senza farsi sedurre da facili e prematuri entusiasmi, questo Empoli ammirato nel preambolo del torneo, a prima vista, sembra il migliore quanto meno da 7/8 anni a questa parte. Bisogna risalire nel tempo alla squadra guidata da mister Giampaolo che, tuttavia, possedeva cifra tecnica e individualità nettamente superiori. Oppure al primo Andreazzoli, quando la clamorosa supremazia degli azzurri, finiti a giocare in un torneo cadetto che non gli apparteneva minimamente, umiliavano gli avversari a suon di gol e fuochi d’artificio. Questo Empoli ha l’ottimismo della volontà ma anche della ragione. La volontà di non subire passivamente le iniziative degli avversari ma di controbattere, colpo su colpo, attraverso sfrontatezza caratteriale e schemi collaudati. La ragione di restare corti e compatti mantenendo le giuste distanze tra i reparti e offrendo le briciole a blasonati avversari recanti il nome di Roma, Bologna e Juventus.
Allegro
Contro i celebratissimi bianconeri di Thiago Motta, l’Empoli in 90 minuti e passa, ha concesso la miseria di un’occasione a Vlahovic, a sua volta perfettamente ipnotizzato da un ottimo Vasquez, e un colpo di testa su calcio piazzato a Gatti, ove lo stesso estremo difensore colombiano ha messo in mostra riflessi e plasticità. Sorprende che, nel finale di partita, quelli maggiormente in affanno apparissero proprio gli uomini di Thiago Motta, i più seri candidati a scucire lo scudetto dalle maglie dell’Inter, dopo un mercato estivo faraonico. L’Empoli, dal canto suo, finiva il match in crescendo sfiorando addirittura il colpo grosso che, occorre dire, sarebbe stato tutt’altro che casuale e fortuito. Priva del suo attuale uomo copertina (Fazzini), la squadra di D’Aversa ha dimostrato di essere strutturalmente forgiato di altra materia rispetto alla fragile e inconcludente compagine di un anno fa. Mancava un pizzico di qualità? Leggi alla voce Fazzini, Zurkowski e Solbakken. Poco male: si rinforza la linea mediana togliendo spazi e respiro all’iniziativa avversaria e ci si affida alla coralità della manovra. Il tutto condito da una condizione atletica invidiabile.
Vivace
In una struttura che funziona capita che l’ex oggetto misterioso Goglichidze giochi con la sicurezza di un veterano, a dispetto della verdissima età e delle barriere linguistiche. Che Ardian Ismajli si trasformi in un baluardo insuperabile e che Mattia Viti, tornando nel suo habitat naturale, non faccia rimpiangere l’ex capitano Luperto a suon di ottime prestazioni anche sul piano stilistico. Capita che lo scozzese Liam Henderson, considerato poco più di un onesto sparring partner, torni a indossare le vesti da protagonista grazie a quelle doti di umiltà e serietà professionale da sempre riconosciutegli ma talvolta poco celebrate. Può anche accadere che Pezzella acquisisca quella continuità di rendimento che, intoppi fisici e acciacchi di varia natura, gli hanno sempre impedito nel corso di una carriera che avrebbe potuto essere più luminosa. Che Gyasi vinca la sua personale battaglia contro critici e luminari del bel gioco. Che Pellegri e Ekong si alzino dalla panchina per essere lanciati nel finale contro la Juventus offrendo preziose soluzioni alternative in termini di carattere e freschezza. Può capitare infine che i pluricelebrati bianconeri subiscano un brusco stop a Empoli. Di questi tempi, capita anche questo con estrema naturalezza.
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