Davvero possiamo trasformarci tutti in assassini? I casi di cronaca interrogano sulle psicosi
Non so perché l’ho fatto! Non ero consapevole, volevo solo togliermi di dosso la tensione che avvertivo. Queste frasi e l’efferatezza degli omicidi di una donna incontrata per caso (delitto Sharon Verzeni) e di tre familiari (delitto di Paderno) ci lasciano sconcertati. Alcuni pazienti in questi giorni mi hanno chiesto: “Dottore, potrebbe capitare anche a me? Potrei commettere un atto terribile senza rendermene conto?”.
Le scoperte psicoanalitiche ci hanno appalesato che una parte consistente della nostra vita psichica è inconscia. Si tratta di emozioni, sentimenti, sensazioni e ragionamenti che non riusciamo a controllare completamente con la nostra vita cosciente. Quello che noi pensiamo, quindi, è solo una parte del nostro mondo psichico. Queste componenti inconsce emergono nella nostra realtà solo occasionalmente, tramite sogni, lapsus, atti mancati, ossessioni, paure, sintomi d’ansia e momenti depressivi. Si tratta di situazioni sempre controllabili e delimitabili da parte della nostra parte cosciente.
Fortunatamente solo in un numero limitato di casi (si calcola circa lo 0,5 per cento della popolazione) si struttura una malattia chiamata psicosi, in cui il mondo inconscio irrompe nella realtà dell’individuo. La psicosi può caratterizzarsi come una vera e propria patologia strutturata che dura negli anni (ad esempio schizofrenia e paranoia) oppure come momenti psicotici legati a particolari fasi di stress acuto (episodi deliranti o allucinatori acuti, depressioni maggiori deliranti).
La risposta alla domanda dei miei pazienti quindi è: “No, un evento così assurdo e illogico, se non si è affetti da un disturbo psicotico, non capiterà. Questo non significa che non si possano commettere atti gravi come anche un omicidio. Ma una razionalità negli eventi, nella loro concatenazione, nei moventi, ci sarà (se non si è affetti da psicosi).”
Occorre distinguere fra un episodio di rabbia, legato a situazioni particolari che può capitare a chiunque, rispetto a episodi in cui il delirio irrompe nella vita di una persona, affetta da psicosi. Nella fase delirante la persona malata avvertirà una forte tensione emotiva, spesso penserà in modo fallace che tutti ce l‘abbiano con lui, che ci sia una cospirazione nei suoi confronti e avvertirà la necessità di mettere in atto delle violenze per allentare e scaricare il malessere che prova.
I delitti commessi da persone affette da psicosi, se pur rari, ci sono sempre stati e, presumibilmente, ci saranno sempre, se queste persone non verranno curate.
Allora perché questo allarme sociale? Le statistiche ci confortano, riportando che negli ultimi vent’ anni gli omicidi sono calati parecchio. Dovremmo essere più tranquilli e, invece, emerge una paura diffusa. I mezzi di comunicazione di massa insistono nello sviscerare un fatto delittuoso per intere settimane, parlandone in tutte le salse mentre, colpevolmente, a mio avviso, dimenticano i morti per incidenti stradali (che sono innumerevolmente superiori) o per comportamenti inadeguati come il fumo, l’alcolismo e la droga.
Purtroppo emerge l’ipotesi inquietante che ci sia la volontà di occuparsi di alcuni delitti per incutere timore nella gente. Un popolo pieno di paure è pronto ad accettare leggi draconiane, a fornire al potente di turno libertà di comando assoluto.
In questo clima, la morte di decine di migranti non turba le nostre coscienze, in quanto la paura del diverso, della persona con altra cultura, religione o colore della pelle si è impossessata di noi. Anche la repulsione verso le guerre in Ucraina e Palestina vengono derubricate perché la paura, stimolata dai mezzi di informazione che usano molte scene cruente per incuterla, è troppo vicina a noi e allontana tutte le altre preoccupazioni.
Non sono un complottista ma questo uniformarsi dell’informazione verso la supervalutazione di eventi che sono sempre esistiti e purtroppo sempre ci saranno (tutte le malattie se non si trova una cura si ripetono) mi lascia perplesso.
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