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Сентябрь
2024

Fuga dalle città, ma la montagna non ci salverà. Un libro spiega perchè

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La montagna ci salverà? È il sottotitolo provocatorio del libro Migrazioni verticali in libreria per l’editore Donzelli.

La risposta si trova già nella prefazione ed è “no”, scrive Andrea Membretti, curatore del volume (assieme a Filippo Barbera e Gianni Tartari) che riunisce l’ultimo corpus di ricerche del collettivo Riabitare l’Italia in collaborazione con l’associazione Euclipa.it.

Allora perché chiederselo? Perché la domanda circola da tempo, e i dati lo confermano: sempre più persone abitanti in città e in pianura desidererebbero vivere in luoghi meno urbanizzati e soprattutto a più elevate altitudini per mitigare le ondate di calore conseguenza della crisi climatica.

Che poi solo in pochi riescano a staccarsi dal contesto urbano per andare a risiedere sulle Alpi o sugli Appennini, non diminuisce l’interesse degli studiosi, semmai lo acuisce.

Che cosa sta succedendo, la montagna è diventata nuovamente attrattiva dopo decenni di spopolamento? Andiamoci piano.

«È vero che si è manifestata negli ultimi tempi la volontà da parte di alcune categorie di persone di rioccupare i paesi delle aree interne» osserva Membretti.

«Questo è avvenuto nel periodo della pandemia e prosegue oggi. Il fattore clima ha una sua incidenza ma non è l’unico. I numeri di chi ha effettivamente trasferito la propria residenza sono ancora modesti. Tuttavia va detto che il nostro studio fra gli abitanti delle grandi città come Milano e Torino, ma anche Bologna e il Nordest, ha rivelato nel contempo una propensione alta a trasferirsi in futuro nelle terre alte, pari a circa un terzo degli intervistati. Inoltre non sono pochi coloro che vivono per lunghi periodi o anche stabilmente in montagna senza aver cancellato la residenza in città».

Siamo dunque in presenza di una migrazione potenziale, una migrazione “verticale”. «Si tratta di un fenomeno ignorato da chi si occupa del governo del territorio. Per l’opinione comune, e per la politica, i migranti sono coloro che arrivano da luoghi lontani, dimenticandosi degli spostamenti all’interno di un Paese».

Così avviene che «la legge sulla montagna in Parlamento non presta alcuna attenzione alle migrazioni” mentre invece “solo se si interviene per incentivare la residenzialità di nuovi abitanti, in una relazione costruttiva con i residenti storici, si può sperare di salvare la montagna».

La montagna è un ambiente fragile, pieno di criticità: chi vi si trasferisce deve diventare una risorsa, non un peso. «I nuovi abitanti sono potenziali agenti per lo sviluppo, a patto che li si metta nelle condizioni di agire, per esempio concedendo loro diritti. Solo così si innestano energie per affrontare le sfide del futuro».

Il volume ospita, tra gli altri, anche i contributi del climatologo Luca Mercalli, di Andrea Ferrazzi (Confindustria Belluno), Vanda Bonardo (Legambiente e Cipra Italia) e Paolo Pileri (Politecnico di Milano) sul consumo di suolo. «Non ne sappiamo abbastanza», viene spesso sostenuto sui cambiamenti climatici, per poi chiosare che agire costa troppo» afferma Filippo Barbera nel capitolo conclusivo.

«In realtà sappiamo molto di più di quanto siamo indotti a credere e l’incertezza non è una scusa per stare fermi».

Come in Contro i borghi e negli altri volumi del collettivo Riabitare l’Italia, Migrazioni verticali offre una visione critica e costruttiva: «La montagna è una risorsa, anche e soprattutto per le città, posto che prima si salvi la montagna con i suoi boschi, pascoli, ghiacciai, luoghi, comunità di persone, tradizioni culturali, economie, diversità umana ed ecosistemica.

Solo se inserita in politiche demografiche e di mobilità residenziale, resa accessibile in modo equo a quote ampie di persone – a partire da chi ne ha più bisogno, non da chi ha più risorse – tutelata nella sua fragilità ecosistemica dall’eccessiva pressione antropica, la montagna italiana – in particolare le Alpi – potrà costituire un elemento importante di una diversa vivibi-lità territoriale in tempi di cambiamento climatico».