Omicidio dei fidanzati, ecco perché Valentina Boscaro è stata scarcerata
«Il tribunale del Riesame di Venezia sostituisce la misura cautelare in carcere, attualmente in essere, con quella degli arresti domiciliari da eseguirsi a Padova con applicazione del cosiddetto braccialetto elettronico non appena disponibile. Dispone l’immediata scarcerazione di Valentina Boscaro prescrivendo che la predetta raggiunga il luogo di detenzione domiciliare, senza scorta, nel più breve tempo possibile dall’effettiva dimissione dal carcere, previo accordo con il comandante della Stazione dei carabinieri competente per territorio incaricato della vigilanza».
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È tornata a casa Valentina Boscaro, la 33enne padovana condannata già con due gradi di giudizio per l’assassinio del fidanzato Mattia Caruso, trentenne di Albignasego, trafitto da una coltellata in pieno petto la sera del 25 settembre 2022 mentre la coppia si trovava in macchina.
A casa non in libertà ma con l’obbligo di rispettare rigide prescrizioni come «il divieto di incontro e di comunicazione con qualsiasi mezzo (anche informatico o telematico) con soggetti diversi dai conviventi o dal difensore».
Misura cautelare alleggerita
Dopo un primo diniego degli arresti domiciliari da parte del tribunale del Riesame, azzerato lo scorso giugno dalla Corte di Cassazione, venerdì 13 settembre i giudici lagunari hanno accolto la richiesta della difesa, il professor Alberto Berardi.
Difesa che, fin da subito, aveva manifestato disappunto di fronte all’immediata carcerazione di Valentina disposta con la sentenza di condanna inflitta in primo grado a 24 anni di carcere.
L’imputata, infatti, pur arrestata quattro giorni dopo la tragedia, non era mai finita dietro le sbarre fino alla sera del 18 ottobre 2023 quando la Corte d’assise della città del Santo aveva ordinato il suo trasferimento nel carcere femminile di Verona su richiesta della pubblica accusa, l’allora procuratore aggiunto di Padova, Valeria Sanzari.
Entro 30 giorni saranno disponibili le motivazioni che spiegheranno la concessione dei domiciliari; a breve, invece, sono attese quelle della sentenza d’appello che, il 24 giugno, ha ridotto a 20 anni la condanna pur mantenendo intatta la contestazione di omicidio volontario aggravato dalla relazione sentimentale e di calunnia nei confronti di un amico della vittima.
«La decisione del tribunale del Riesame è giusta e coerente con il principio di diritto affermato dalla Cassazione» commenta il professor Alberto Berardi che assiste l’imputata, «Non si poteva non tenere conto del fatto che, per tredici mesi, la mia assistita è stata ai domiciliari senza nessun tipo di violazione o anomalia da parte sua. Il tribunale doveva indicare se vi fossero dei profili di pericolosità ulteriore e, sulla base di ciò, ha dovuto riconoscere che non ce n’erano per aggravare una misura risultata idonea per tredici mesi».
Valentina era presente all’udienza veneziana di venerdì mattina. Poi, come da prassi i giudici, si sono ritirati in camera di consiglio, lei è rientrata in carcere e all’ora di pranzo il provvedimento è stato notificato alla difesa.
Immediatamente la 33enne è stata raggiunta dai familiari e accompagnata nel suo appartamento padovano a Montà dove aveva convissuto anche con la vittima.
La tragedia
Mattia Caruso era stato ferito a morte intorno alle 22.30 di quel 25 settembre di due anni fa: era alla guida della Mercedes di lei, ad Abano in via dei Colli Euganei, al rientro da una festa nella trattoria Laghi di Sant’Antonio a Montegrotto. «Siamo saliti in macchina, è partito a razzo, ha iniziato a strattonarmi, a tirarmi le mutande» aveva confessato Valentina quattro giorni più tardi, «Ero stanca, avevo paura di lui e della velocità. Il coltello era vicino al cambio. L’ho preso, forse con la mano destra, e ho colpito Caruso subito al petto... Non ho guardato dove, ho solo steso il braccio».
«Un atto d’impeto» aveva sottolineato la difesa evocando la provocazione, «nel tentativo di uscire dalla spirale di vessazioni in cui si era ritrovata».
A confermare quella ricostruzione i tanti messaggi, intrisi di violenza, scritti dal fidanzato a Valentina come il vocale inviato dal giovane via whatsapp, qualche ora prima di essere ucciso, a un amico fraterno: «Vediamo se sta Valentina mi lascia veramente... Secondo te non è perfetto affogarla stasera? L’affogo io nel laghetto fra’... La voglio affogare all’amore mio... gli faccio assaggiare il centro del laghetto... Faccio il bravo... Basta che non mi guardano troppo la Valentina perché lo sai che le stecche (botte) sono garantite».
Anche Valentina sarebbe stata manesca a aggressiva nei confronti del compagno inviando a sua volta messaggi pesanti, aveva replicato la pubblica accusa insistendo sul tentativo di depistaggio messo in atto dall’imputata per spostare su un amico della vittima (identificato in Giovanni Malara) i sospetti dell’uccisione di Mattia.