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Сентябрь
2024

Paderno, il Vescovo ai funerali: “Tragedia immane”. La difesa chiede la perizia e vuole l’impunità

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Celebrati oggi dall’Arcivescovo di Milano i funerali delle tre vittime della strage di Paderno, i due genitori e il fratellino di 12 anni uccisi da un diciassettenne lo scorso 31 agosto. Mentre c’è attesa per le parole che pronuncerà l’Arcivescovo, la difesa del ragazzino mostra le carte e chiede la perizia psichiatrica. Migliaia le persone presenti in chiesa.

Il presule: “Un dolore enorme che affidiamo a Dio”

“Di fronte all’incomprensibile tragedia la parola del Signore ci aiuta a decifrare l’enigma e a raccogliere da Lorenzo, Daniela, Fabio il cantico della vita e della speranza giovane di un fratello, l’intensità dell’amore misterioso di una mamma e la responsabilità della parola vera di un papà”. Lo ha detto l’arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, durante la sua omelia per i funerali di Fabio e Daniela, padre e madre, e del loro figlio 12enne Lorenzo, uccisi in casa a Paderno dal figlio maggiore.

Delpini, immaginando l’incontro tra Dio e le tre vittime, ha spiegato come mamma Daniela potrebbe aver parlato di “mistero, di quel buio impenetrabile in cui si accende una luce – dove – mamma abita il mistero ed è solo capace di amare”. Allo stesso modo ha parlato delle ipotetiche parole di Fabio: “non ho potuto, non ho voluto difendermi, pur essendo forte non ho usato la forza – ha detto – lo spettacolo era troppo assurdo, troppo sbagliato, troppo, troppo insanguinato. Ma poi subito la vista si è oscurata, l’assurdo è scomparso e sei apparso tu, Signore Dio”.

La strage di Paderno e la strategia della difesa

Subito dopo la strage la difesa del ragazzino ha invocato l’infermità o la seminfermità mentale. Per questo ha chiesto una consulenza psichiatrica  e per questo rivolgerà la stessa domanda al Gip. Il Pubblico ministero dovrebbe decidere autonomamente. Il ragazzo, essendo minorenne, se dovesse trovare una dichiarazione di infermità o di seminfermità avrebbe una pena molto bassa.

I dubbi sulla tesi difensiva

Il ragazzo ha compiuto un crimine orrendo, senza saperlo motivare. Ha detto che si sentiva “estraneo” e che aveva pensato a questa da tempo. Non si intravedono sintomi psicotici nella sua azione. Ne prima, ne dopo. Certo, ci sarebbe il tema sempre attuale dei disturbi di personalità ma anche qui emerge una sola cosa e cioè la sua anaffettività dinanzi a un crimine cosi devastante.

Non ha mostrato segni di pentimento, non ha, almeno finora, fatto emergere alcun rimorso. Potrebbe essere il segno di una psicopatia, che è una cosa che molti erroneamente confondono con altri disturbi. Gli psicopatici, ad esempio i serial killer, sono persone che uccidono senza motivo e senza provare empatia verso gli altri. Ma sono sempre lucidi e razionali. Non sentono voci, (e non le ha sentite nemmeno lui) non hanno deliri ( e non li ha avuti nemmeno lui).

L’assenza della parte civile

Un’altra cosa che favorisce processualmente il ragazzo è la mancanza di una parte civile. I nonni non si costituiranno, altri congiunti non ce ne sono . E senza una parte civile non c’è chi contrasta una tesi, peraltro la solita e consolidata, dell’infermità o della seminfermità.

La psichiatra Marazziti: “Non dare patenti di follia”

“Non vorrei che su Paderno si dessero patenti di follia poi smentiti dai fatti. L’onda emotiva susseguente a quanto accaduto, il terribile pluriomicidio, l’assenza di movente (ammesso che ci possa essere un movente mai per una cosa del genere) possono indurre erroneamente a derubricare il male in patologia. E’ compito della comunità farsi carico di un ragazzino di 17 anni ma ricordo a me stessa che è anche compito della comunità garantire giustizia a chi è stato ucciso. Altrimenti perdiamo di vista il senso della realtà”, lo afferma Donatella Marazziti, psichiatra di fama internazionale.

Il dovere di fare giustizia

Spetta al Gip e anche al Pm il compito di fare giustizia. Che non significa certo condannare al patibolo questo ragazzo, anzi. E’ compito costituzionale recuperarlo ma questo non significa cedere nuovamente all’equazione omicidio=malattia. Ma combattere il pregiudizio di considerare una cosa così inaccettabile come espressione per forza di un disturbo. Per questo, senza parte civile, il Gip Ditaranto ha una grande responsabilità. Che è soprattutto quella di assicurare giustizia a chi è morto.

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