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Сентябрь
2024

L’ex boss della mala del Brenta Silvano Maritan torna in carcere, ecco perché

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Da una settimana, Silvano Maritan - protagonista storico della Mala del sandonatese - è tornato in carcere a Santa Maria Maggiore.

Dopo aver ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza, per motivi di salute, di scontare agli arresti domiciliari gli ultimi anni della condanna per l’omicidio di Alessandro Lovisetto, Maritan ha violato una delle disposizioni imperative disposte dai giudici: non incontrare altre persone con precedenti penali.

Invece, nella sua villa a San Donà (posta sotto sequestro, perché ritenuta acquistata con soldi provento di reati) sono andati a trovare l’anziano pregiudicato persone dalla fedina penale non proprio illibata.

I carabinieri di San Donà hanno segnalato la cosa e il Tribunale di sorveglianza ha revocato la concessione dei domiciliari, riportando Maritan in cella.

«Non si pensi a personaggi di chissà quale spessore criminale, Silvano Maritan non ha più frequentazioni di quel tipo», commenta l’avvocato difensore Giovanni Gentilini, che ha già presentato ricorso contro la decisione, «Si tratta di persone con piccoli precedenti. Maritan non è certo più il “boss” di un tempo, ma una persona malata che talvolta non comprende l’obbligo di attenersi ad alcune disposizioni e le conseguenze delle sue azioni. Come in questo caso. Contiamo che il Tribunale di sorveglianza comprenderà la situazione e accoglierà il ricorso».

A Silvano Maritan restano da scontrare 4 anni e mezzo per l’omicidio del compagno della sua ex, Alessandro Lovisetto, colpito a colpi di coltello nel centro di San Donà dopo averlo incontrato per caso per strada. Il pregiudicato più celebre del Veneto orientale era appena uscito dal carcere. E vi era subito tornato. Condannato in via definitiva a 14 anni e mezzo di reclusione, a 76 anni Maritan aveva però ottenuto di scontare l’ultima parte della pena ai domiciliari, per motivi di salute.

A maggio, la villa dove abita gli è stata sequestrata, ma gli era stato concesso di continuare a viverci, senza uscire di casa e senza ricevere persone non legate alla sua cerchia familiare o di sostentamento.

La magistratura ha presentato il suo conto: formalmente l’abitazione in centro a San Donà – valore stimato, 350 mila euro – è intestata a una parente, ma è nell’assoluta, esclusiva disponibilità di Maritan e venne acquistata nel 1985, nel pieno dell’attività criminale della Mala del Brenta. I carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale ed i Finanzieri del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economica-Finanziaria di Venezia avevano così dato esecuzione a un decreto di sequestro di prevenzione e contestuale confisca del Tribunale, emesso su richiesta della pm della Distrettuale Antimafia Federica Baccaglini.

Per la Procura, «il destinatario della misura di prevenzione è stato ritenuto connotato da pericolosità sociale “qualificata” in ragione del ruolo verticistico assunto nell’ambito dell’associazione mafiosa, per conto della quale operava nel territorio Sandonatese, nonché da una pericolosità sociale “generica” per essersi, a partire dal 1969, garantito una parte rilevante del proprio sostentamento e un’illecita accumulazione patrimoniale dalla commissione di furti, ricettazioni, rapine e traffico di stupefacenti». Una ricostruzione contestata dalla difesa, che ritiene Silvano Maritan un uomo diverso da quello che è stato: l’avvocato Gentilini ha impugnato anche il sequestro.