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Сентябрь
2024

Morta la “signora Martini”, leggendaria venditrice di scarpe a Trieste

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Una vita spesa nel commercio, con il suo negozio di calzature che in mezzo secolo ha accolto migliaia di clienti ed è stato punto di riferimento per tanti triestini affezionati. È scomparsa da poco, a 93 anni, Ignazia Marsala, titolare per 50 anni dello storico Calzature Martini, prima in via Muratti e poi in viale XX settembre.

Molte persone ricordano ancora il suo amore per il lavoro e le sue scarpe. «La signora “Martini”, così la chiamavano in molti, ha iniziato a lavorare da giovanissima, prima come commessa nei più prestigiosi negozi di calzature della città, poi ha realizzato il suo sogno, diventando titolare di Calzature Martini – ricorda la figlia Milena Braico – un impegno portato avanti con grande entusiasmo, passione e gentilezza, facendosi conoscere sia a Trieste sia nell’ex Jugoslavia per la bellezza, bontà e comodità delle scarpe che vendeva».

Da tanti è considerata un pilastro del commercio cittadino, una donna che adorava il suo lavoro, il contatto con la gente, che cercava sempre il prodotto giusto per ogni persona. Prima affiancata dal marito e poi e dalla figlia, ha gestito la sua attività per 50 anni, fino alla chiusura nel 2020. Nel 2005 ha ricevuto la Medaglia d’oro al lavoro e, nel 2020, nonostante il trasferimento in viale XX Settembre, ha conseguito il riconoscimento di “Locale storico”.

Per la “signora Martini” il suo punto vendita era motivo di orgoglio e fonte di gratificazioni. Uno degli ultimi negozi “vecchio stile” della città, dove non c’era solo la vendita, ma anche un consiglio e momenti in cui chiacchierare. Un locale dove i clienti diventavano amici, dove c’era chi passava anche per un saluto. Tutti sapevano di poter trovare sempre lei, col suo sorriso e la sua solarità.

«Le dava tanta soddisfazione riuscire ad accontentare la gente – spiega la figlia – molti le dicevano che scarpe come le sue non esistevano, le definivano “indimenticabili”, e ancora oggi incontro triestini che la ricordano con affetto. Perché amava moltissimo ciò che faceva, il commercio era nel suo Dna e a detta di tanti aveva un vero talento. Mi diceva sempre che questo lavoro le aveva cambiato la vita e che la rendeva molto felice. Ogni giorno».