La ragazza di Gaza curata a Padova: «Sotto le bombe ho perso i miei cari, ora voglio fare il medico»
Sorride. È rimasta più di 4 ore sotto le macerie della sua casa a Gaza, bombardata dagli israeliani. Bombe che hanno ucciso il padre e i suoi due fratelli. Bombe che hanno bruciato parte del suo corpo. Eppure ha ancora la forza per sorridere. Chi vive sulla Striscia è abituato alla morte. Questo forse è il segreto di chi, dopo un dramma del genere, riesce ancora a tenere le labbra all’insù sfoggiando due piccole fossette sulle guance. Sorrisi e fossette che, quando si parla del 4 novembre 2023, diventano lacrime.
Alaa ha 16 anni e dieci mesi fa ha vissuto il terrore che oggi porta sulla pelle. A Padova forse avrà un futuro con la mamma Mumena, che insieme a lei è sopravvissuta ai raid israeliani. La incontriamo attorno alle 10.30. Si è svegliata da poco. Il suo è stato un viaggio lungo e faticoso. Poi le prime visite mediche e gli incontri con i volontari del terzo settore.
A tradurre dall’arabo per noi è Salim El Maoued, medico libanese trapiantato all’Arcella da oltre 30 anni, che a Padova ha pure provato a fare il sindaco.
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Benvenuta a Padova Alaa, come stai?
«Sto meglio, grazie»
In questi giorni sei stata sottoposta alle prime visite mediche a Padova. I medici cosa ti hanno detto?
«In parte quello che già sapevo, anche se nei prossimi giorni ne farò delle altre. Ho delle ustioni molto serie alle braccia, alle gambe e alla schiena»
Ti va di raccontare come ti sei ferita?
«Voglio farlo perché spero che mai più nessuno provi un dolore del genere. E non parlo solo del dolore fisico».
Raccontaci.
«Era un sabato, il 4 novembre del 2023. Era notte e dormivamo tutti. Un rumore che non dimenticherò mai, che in un momento ha cambiato la mia vita. Sapevamo che poteva succedere, ma non sei mai pronto. La mia casa è stata distrutta ed io sono stata dalle 5 di mattina fino alle 9 sotto le macerie. Ero dolorante, ma lucida. Pensavo solo a cosa fosse successo alla mia famiglia».
E dopo le 9?
«Sono arrivati i soccorsi. Mi hanno portata all’ospedale Al-Shifa. Per tre giorni sono rimasta isolata. I medici mi curavano, ma non mi informavano su nulla. Poi mi hanno detto che mio padre e i miei due fratelli non ce l’avevano fatta».
Qui piange, e prosegue per un po’la madre Mumena: «È stato un momento molto difficile. Lo è tuttora, perché siamo rimaste sole, ma poi siamo state aiutate e abbiamo continuato a vivere grazie all’aiuto di tante persone buone».
Come sono stati i mesi successivi Alaa?
«Per quattro mesi sono stata sottoposta a trattamenti cutanei, ma non hanno funzionato come si aspettavano i medici. Quindi, insieme a mia madre e ad alcune associazioni che ci erano vicine, abbiamo iniziato a maturare l’idea di lasciare Gaza. Loro ci hanno aiutato nel percorso che oggi ci ha portato a Padova».
Forse è impossibile da raccontare a chi non ci è mai stato, ma vuoi provare a dirci cos’è Gaza?
«Per me è prima di tutto la mia casa. So che nel resto del mondo è vista solo come un luogo di guerra, ma non c’è solo quello. Io lì ho ancora tantissimi amici e parte della mia famiglia. Purtroppo però ogni giorno, non esagero, ci sono morti e feriti, ma Gaza è un posto in cui la maggior parte delle persone vuole solamente la pace».
Gli israeliani hanno ucciso tuo padre e i tuoi fratelli, cosa provi nei loro confronti?
«Hanno massacrato la mia famiglia e tanti altri innocenti. Io però non ce l’ho con il popolo israeliano, perché altrimenti mi sentirei di contribuire a quello che accade. Come tanti altri, voglio solamente la pace e vivere o convivere serenamente. Forse è una speranza vana, ma è quella che mi fa andare avanti».
Ora che sei in Italia, a Padova, cosa desideri? Vuoi guarire e tornare a Gaza o costruire un futuro qui?
«Non lo so. È troppo presto. Una parte di me vorrebbe tornare domani, ma l’altra sa quanto sarebbe difficile vivere ancora lì. Quindi non escludo di poter rimanere se dovesse esserci le possibilità».
Hai 16 anni e frequentavi le scuole superiori. Ora vorrai riprendere gli studi?
«Mi piaceva molto studiare, ma ho perso due anni di scuola perché hanno distrutto anche quella. Voglio riprendere perché so quanto è importante per il mio futuro».
E come lo vedi il tuo futuro? Cosa vuoi fare da grande?
«Il medico. Fino al 4 novembre sognavo di laurearmi in Ingegneria elettronica, ma dopo quel giorno ho deciso che avrei voluto aiutare più persone possibili»,
Alaa, buona fortuna. Sappiamo che appena arrivata hai chiesto la password del Wi-Fi per collegarti ai tuoi canali social e contattare la tua famiglia e i tuoi amici a Gaza. Ce li saluti?
«Ha tormentato le operatrici per il Wi-Fi» risponde sorridendo la mamma Mumena. E Alaa: «Confesso di essere abbastanza dipendente dai social (rispuntano sorrisi e fossette, ndr) come tutti i ragazzi della mia età ma è anche un modo per svagarmi un po’, conoscere e capire quello che avviene dall’altra parte del mondo. Saluterò sicuramente tutti da parte vostra, sperando che il mio appello alla pace arrivi a chi potrà mettere fine a questo orrore».